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NAPOLI – “Così hanno fatto tutti”. E fa nomi e cognomi dei casi precedenti. L’ex pubblico ministero antimafia Catello Maresca, che da due mesi è consigliere comunale a Napoli e sul cui rientro in ruolo – come giudice di Corte d’Appello, a Campobasso – si è spaccato il Consiglio Superiore della Magistratura, non nasconde più l’ira. “L’indipendenza della magistratura deve valere sempre. Non quando conviene solo ad una certa parte politica”. Il suo non è un “caso”, sottolinea. “È solo accanimento su una persona”.
Maresca, che ad ottobre scorso correva come candidato sindaco di centrodestra, ha atteso due giorni per replicare al fuoco di accuse sulla sua doppia e contestuale funzione: eletto nell’assemblea della terza città d’Italia e consigliere di Corte d’Appello, a centocinquanta chilometri. Polemiche che tornano ad attraversare l’intera categoria: vibranti, come sempre, e fino ad oggi inconcludenti. Perciò il designato consigliere d’Appello decide alla fine di rompere il silenzio. “Non posso tollerare che sul mio caso ci si indigni. Dov’erano i colleghi, finora?”.
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Eppure, il vulnus all’autonomia e all’indipendenza della magistratura esiste, anche se nessuna norma lo ha mai risolto. “Capisco benissimo il tema: si faccia allora una grande e seria riflessione, ma su tutta la materia. Mi riferisco non solo a quelle toghe che si sottopongono all’elezione, al dialogo aperto con i cittadini, ma anche a quei tanti magistrati che vengono chiamati a lavorare negli uffici dell’esecutivo o di ministri”. A sera mette l’amarezza nero su bianco, ecco il comunicato firmato Maresca: “Non sarò il capro espiatorio”.
Davvero Maresca pensa di essere un bersaglio? “Io dico che è incomprensibile ciò che viene mosso nei miei confronti – spiega – Non sono disposto a diventare il capro espiatorio di contese altre, che non accetto vengano compiute sul mio nome e sulla mia onorabilità personale e professionale”. Di casi come il suo, col “doppio ruolo”, ce ne sono stati tanti, ricorda. Li elenca: “Non esiste nessun caso Maresca perché ho rispettato la legge: come hanno fatto Gennaro Marasca, assessore negli anni Novanta nella giunta comunale di Antonio Bassolino (e consigliere di Appello a Campobasso, ndr); Nicola Marrone, sindaco di Portici (che anche in campagna elettorale svolgeva le funzioni di giudice nella vicina Torre Annunziata, ndr); come Nicola Graziano, che è stato consigliere ad Aversa, e Mariano Brianda consigliere a Sassari, tra i più recenti identici casi a me noti. Ma se ne potrebbero citare altri: parliamo di esperienze legate ad un chiaro partito politico e mai da alcuno contestate. Per le quali giustamente non si è mai parlato di caso Marasca, o Brianda “.
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Il giudice e consigliere comunale sa però che molte cose sono cambiate, la crisi della magistratura ha lasciato segni. “Nonostante questo accanimento personale che considero ingeneroso alla luce anche del marcato profilo civico da me tenuto nell’istituzione, ben venga una riflessione sul ruolo dei magistrati prestati alla politica”. Ma avverte: “Che sia però una riflessione seria e non ideologica e riguardi l’intero fenomeno etichettato da molti come “porte girevoli”. E comprenda anche la posizione delle centinaia di colleghi, chiamati da ministri di partito a rivestire cariche nell’esecutivo e che poi rientrano tranquillamente in servizio, conservando, peraltro, la sede di provenienza. Quando addirittura non vengono subito dopo “promossi””.