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Covid, la scelta di Draghi: lo stato di emergenza durerà fino al 31 marzo

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Con la stessa determinazione con cui aveva dato mandato agli uffici di Palazzo Chigi di stilare un possibile piano per spostare la struttura commissariale sotto la Protezione civile, Mario Draghi impone infine la proroga dello stato d’emergenza per altri tre mesi, fino al 31 marzo 2022. Il premier voleva voltare pagina, decide invece pragmaticamente – e in sostanziale solitaria – che non esistono le condizioni per annunciare il ritorno alla normalità.
Il consiglio dei ministri varerà già in giornata un decreto ad hoc. Non è infatti possibile rinnovare automaticamente l’emergenza oltre il 31 gennaio 2022, data in cui si esauriscono i due anni dalla prima decretazione dello stato di eccezionalità, stabilita agli albori della pandemia dall’esecutivo di Giuseppe Conte. Il testo studiato a Palazzo Chigi si limita a congelare per un trimestre la situazione e le regole attuali.

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La scelta finale del premier matura al mattino. Draghi chiede al sottosegretario alla Presidenza Roberto Garofoli di predisporre il testo del decreto. E lo fa prendendo atto soprattutto di due dati. Il primo: la corsa folle della variante Omicron in mezza Europa, che promette di diffondersi nelle prossime settimane anche in Italia. Il secondo: le imminenti vacanze di Natale, con tutti i rischi di assembramenti che comporta. Pesa, in particolare, l’attuale fotografia del Regno Unito, che ha portato Boris Johnson a parlare domenica sera alla nazione. In Gran Bretagna, infatti, il ceppo identificato per la prima volta in Africa è prossimo a diventare dominante.

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E non si vede come non possa accadere lo stesso in Italia. Nessuno conosce con esattezza la reale pericolosità della Omicron, al momento. E dunque un principio di precauzione impone massima cautela. Anche perché, nel frattempo, salgono i contagiati e il tasso di positività, e crescono i ricoveri ordinari e in terapia intensiva.

Lo stesso ragionamento vale per le festività natalizie. La curva del virus continuerà presumibilmente a salire nelle prossime settimane. E di certo fino a Natale, quando si temono almeno trentamila positivi al giorno. Serve prudenza. Sarebbe dunque contraddittorio chiedere cautela nei comportamenti e, contestualmente, mandare al Paese un messaggio di normalità, con il rischio di far abbassare la guardia ai cittadini. Senza dimenticare l’obbligo di difendere la campagna per la terza dose, unico argine all’ondata in corso.

E poi c’è ovviamente la politica. È evidente che chi è intenzionato a chiedere al presidente del Consiglio di restare a Palazzo Chigi fino al 2023 – abbandonando la tentazione del Quirinale – uscirà rafforzato dalla scelta di rinnovare una condizione emergenziale, che sconsiglia salti nel buio. Non a caso, è favorevole Forza Italia. Lo sono il Partito democratico e il Movimento. E sono d’accordo i governatori dem, a partire da Stefano Bonaccini e dai suoi colleghi azzurri. Un pressing partito da settimane che si è intensificato nelle ore successive alle indiscrezioni sul piano di Draghi per far transitare la struttura commissariale sotto la Protezione civile, ritagliando anche un ruolo per il generale Francesco Figliuolo, a breve a capo del Comando operativo interforze.

E siamo a ieri, quando Enrico Letta si espone, convinto che non esista alternativa al rinnovo. “Credo che la decisione sia matura, è lo strumento che ci ha consentito di non trovarci come l’Olanda”. A favore anche Giuseppe Conte, al termine di un colloquio avuto con Draghi. E ovviamente Roberto Speranza, da sempre convinto della necessità di non abbassare la guardia. Certo, il leghista Max Fedriga, alla guida della Conferenza delle Regioni, è ostile all’idea. Ma anche Matteo Salvini, proprio ieri, ha mostrato un atteggiamento morbido: “Decideremo in base ai dati”. Il leghista potrebbe provare a rallentare oggi il percorso. Ma la decisione è ormai presa.

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