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Bentornata Botteghe Oscure, la sede del Pci riapre per un giorno

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Bentornata, Botteghe Oscure. La sede del Pci riapre per un giorno, solo uno, per ospitare le immagini che hanno fatto la storia del partito. Duecento scatti raccolti in un album fotografico “In movimento e in posa” a cura di Marco Delogu e Francesco Giasi, realizzato per Marsilio dalla Fondazione Gramsci.  La presentazione del libro, domani alle 17, è aperta al pubblico (posti limitati per le regole Covid). Ma si può seguire anche in diretta streaming sul sito della fondazione Gramsci (https://www.fondazionegramsci.org/).

Il ritorno al “Bottegone”, dove dal 1946 al 2000 il Pci ebbe la sua casa, è l’evento che chiude idealmente le celebrazioni per il centenario della nascita del Pci con il congresso di Livorno del 21 gennaio del 1921. 

Ed è la prima volta che accade che gli ex comunisti tornino nel palazzo che lasciarono in piena ristrutturazione dei conti dei Ds, eredi diretti del Partito comunista e del Pds. L’ha voluto ostinatamente Ugo Sposetti, custode della memoria (e del patrimonio) di quel partito.  

Roma, 1971 – La pittura dei manifesti
Foto di Fabrizio Ferri. Fondazione Gramsci, Archivio fotografico del Partito comunista italiano, Roma 

Per preparare l’appuntamento, che vedrà la presentazione del volume fotografico con il neo assessore capitolino Miguel Gotor, con lo scrittore Sandro Veronesi e Michela Ponzani, “Botteghe Oscure” si è risvegliata dal letargo e trasformata in un mini cantiere. Operai, attrezzi, cavi, scala hanno invaso il bellissimo atrio scolpito da Giò Pomodoro. Perché proprio qui, nel marmo dove è incastonata in una teca la bandiera rossa della Comune di Parigi e, pochi centimetri sotto, c’è la falce e martello stilizzata, saranno illustrate le immagini di settant’anni di storia del Pci. “Parete di misura” s’intitola la scultura di Pomodoro. Si racconta che quando l’artista venne invitato al “Botteghino”, la sede di via Nazionale dove i Ds si trasferirono subito dopo l’addio al “Bottegone”, per prima cosa osservò: “Non c’è un atrio, non può essere che un partito non abbia un atrio”. 

I preparativi per la riapertura di Botteghe Oscure (credits: L’Espresso, foto di Francesco Fotia) 

Crocevia, piazza interna, biglietto da visita: l’atrio era questo e, per fortuna, che le Belle arti hanno impedito fosse modificato e stravolto dalle ristrutturazioni degli inquilini successivi, peraltro sempre di passaggio, studi legali di grido, associazioni bancarie, una sorta di rivalsa del capitalismo e della velocità con cui consuma le cose. 

È quel mondo cancellato a rivivere nelle fotografie che mostrano la storia maiuscola e le piccole storie, peraltro attraverso lo sguardo di grandi e grandissimi fotografi: immagini custodite negli archivi della Fondazione Gramsci, ma anche provenienti da tutto il mondo. Ad aprire la rassegna la foto di Amedeo Bordiga scattata a Mosca nei primi Anni Venti, e a seguire le più note di Antonio Gramsci con la redazione del quotidiano “L’Ordine nuovo” poco prima della partenza per Mosca nel 1922 e la foto tessera di Gramsci per l’accesso al Cremlino.  

La fototessera di Gramsci 

Non sono tanto i “dirigenti” – non fu mai d’uso tra i comunisti la parola leader – il cuore del racconto fotografico del Pci. Piuttosto l’epica della militanza, delle lotte, delle sofferenze e dei riscatti. Gli stenti del dopoguerra italiano e la speranza, i bambini poveri di Roma accolti da famiglie di Carpi e Mirandola (1946), i modelli di macchinine che gli operai dell’Alfa Romeo portano in regalo al VI congresso nazionale del Pci (1948), e però anche Pablo Neruda che posa per Renato Guttuso (1951). Davvero pezzi di storia, nelle occupazioni delle fabbriche a Reggio Emila e nel saluto di Nikita Chruscev a Nilde Iotti e alla figlia Marisa prima della partenza della salma di Togliatti da Jalta (1964), la sezione Pci di Bagheria con i volti dei siciliani affacciati su cui si sofferma il fotografo Ferdinando Scianna. E’ anche una storia della fotografia che il volume descrive, perché il Pci deve essere stato un soggetto evocativo, popolare, sintesi neorealista. Ecco foto di Margaret Bourke-White della manifestazione al Palatino tra le rovine, di Seymour,  di Schiefer, Eisenstaedt, di Fabrizio Ferri il cui scatto “La pittura dei manifesti” (1971) è la copertina del volume. 

Enrico Berlinguer: alle sue spalle I funerali di Togliatti di Renato Guttuso (Alberto Roveri/ Mondadori via Getty Images)  

C’è lo sguardo di Tina Modotti a immortalare Vittorio Vidali, “Carlos” sul piroscafo, i giovani partigiani in posa in uno studio fotografico, Camilla Ravera a Ventotene, Antonello Trombadori sorridente nello studio di Guttuso. Enrico Berlinguer giovane seduto per terra, poi davanti alla Fiat Mirafiori durante lo sciopero in difesa dei posti di lavoro (1980). Altri scatti, altri brani intrecciati con lo sviluppo del Paese, le sue scelte decisive, le sue mancanze e le vittorie, lo sforzo di alfabetizzazione del Paese.  Luigi Ghirri fissa le immagini della Festa dell’Unità di Reggio Emilia nel 1983: sono foto a colori, mentre la quasi totalità di questa storia del Pci è in bianco e nero. A colori, di spalle è Berlinguer che la chiude il 18 settembre, in bianco e nero i funerali di Berlinguer il 13 giugno del 1984.  Del ventesimo congresso del Pci l’immagine scelta – la selezione di queste foto è avvenuta tra decine di migliaia di immagini – è l’allestimento della sala: cavi elettrici, cantiere aperto. Era il 1991, di nuovo in bianco e nero.

Roma, 1990 – Manifestazione nazionale contro Gladio (17 novembre) – Foto di Gabriella Mercadini
Fondazione Gramsci, Archivio fotografico del Partito comunista italiano, Roma
  
 

Quasi ultimato è il mini cantiere del ritorno a “Botteghe Oscure”. Solo per un giorno, per alcune ore.  

Roma, 1964 -Funerali di Palmiro Togliatti (25 agosto)
Fondazione Gramsci, Archivio fotografico del Partito comunista italiano, Roma
  

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