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Assolto dall’accusa di imbrattamento grazie alle foto di Google Street View: “Quella scritta sul muro c’era già cinque mesi prima”

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In primo grado era stato condannato con l’accusa di imbrattamento, perché ritenuto colpevole di aver realizzato la scritta “Arimbos” con vernice spray sul muro di un condominio in viale Toscana 2, circonvallazione esterna. Ma per i giudici della corte d’Appello quella sentenza nei confronti di un 34enne, milanese incensurato, non può essere confermata perché la scritta era già lì da almeno cinque mesi. A dimostrarlo sono state le fotografie scattate dall’automobile di Google Street View, facilmente recuperabili da Google Maps, e depositate a processo dall’avvocato del giovane. Così il collegio d’Appello presieduto da Maria Greca Zoncu ha assolto il giovane, con formula dubitativa, “perché il fatto non sussiste”.

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L’episodio risale al 12 ottobre del 2018. Due agenti delle volanti della polizia di Stato in servizio notavano in viale Toscana due giovani vicino al muro che, secondo la versione dei poliziotti, stavano scrivendo con le bombolette. Alla vista degli agenti i due si davano alla fuga e mentre uno riusciva a far perdere le proprie tracce, l’altro veniva fermato. Gli agenti gli facevano svuotare le tasche dove trovavano un paio di guanti da lavoro sporchi di vernice nera e una scatola con dentro una piccola quantità di hashish. Un caso semplice, all’apparenza. Tanto che il giovane venne condannato in primo grado (un mese, pena sospesa) perché i giudici avevano sposato in pieno la ricostruzione fatta dagli agenti, senza credere alla versione dell’imputato che aveva raccontato di essere andato lì quella sera per bere una birra con un amico, nel locale vicino, e di essere scappato alla vista dei poliziotti perché aveva con sé “un pezzettino di fumo”.

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La situazione si è ribaltata invece in appello, quando il collegio dei giudici ha preso in considerazione le prove prodotte dal difensore, l’avvocatoDomenico Melillo. Le foto, si legge nella sentenza, “dimostrano che la scritta “Arimbos” e le altre scritte a sinistra erano già presenti sul muro di viale Toscana nel giugno 2018, quindi cinque mesi prima della condotta ipotizzata”. A questo si aggiunge che “i guanti rinvenuti dagli operanti nel corso del controllo, non erano né sporchi né maleodoranti di vernice spray” e il fatto che gli stessi poliziotti avessero ammesso di non aver “visto i due soggetti scrivere” ma di aver “notato solo movimenti compatibili con il gesto di chi sta scrivendo”. Senza contare poi che le bombolette spray non sono mai state ritrovate. Così “l’incertezza probatoria” e la “genericità del capo di imputazione che non indica quali sarebbero le scritte realizzate” hanno portato all’assoluzione. “Non è stato immediato dimostrare l’innocenza dell’imputato sulla base di immagini tratte da Google – ha spiegato l’avvocato Melillo – . Questa assoluzione è in linea con l’orientamento della Cassazione che riconosce il valore di prova di tali immagini nel processo penale”.

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