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L’ultimo miglio delle pillole anti-Covid: “Le prime a gennaio”

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 Bisognerà aspettare l’anno nuovo perché arrivino i Italia i primi stock di farmaci antivirali, l’arma in più contro il Covid 19. Pillole che non sostituiscono i vaccini, la barriera principale contro il contagio, ma sono stati studiati per fermare la furia del coronavirus in chi lo ha già contratto. La struttura commissariale del generale Francesco Figliuolo, su mandato del ministero della Salute, ha già ordinato 50 mila cicli dell’uno e dell’altro tipo: Molnupiravir e Paxlovid. «Diventeranno dei capisaldi per le cure domiciliari» sottolinea l’infettivologo del San Martino di Genova, Matteo Bassetti. Ma prima di vederli prescritti ai pazienti positivi c’è ancora strada da fare.

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L’Ema, l’agenzia europea del farmaco che oggi dovrebbe approvare l’ultimo vaccino prodotto in ordine di tempo, il Novavax, ha dato il via libera ai Paesi dell’Unione per l’uso emergenziale degli antivirali, tanto che la Danimarca sta già usando il Molnupiravir. Manca però ancora l’autorizzazione al commercio. E si attende pure il parere dell’Aifa, il suo omologo italiano, che si riunirà il 22 dicembre ma non è detto che affronti il nodo antivirali. Perché il primo farmaco, la pillola sviluppata dall’azienda farmaceutica americana Merck & Co. Inc. e commercializzata con il nome di Lagevrio, che in autunno sembrava ridurre del 50% le ospedalizzazioni e i decessi, sembra ora zoppicare davanti a Omicron. E allora prima di una decisione definitiva si attendono ulteriori dati. Più incoraggianti i risultati del Paxlovid prodotto da Pfizer che su 2.246 volontari non vaccinati e contagiati, anche con la nuova variante, ha ridotto la necessità di ricovero dell’89%.

Ma come funzionano gli antivirali? «Mentre il Paxlovid è un inibitore della proteasi e dunque blocca la replicazione del virus, il Molnupiravir crea un virus ‘difettoso’, facendolo mutare in maniera anomala», spiega Bassetti. La terapia, per essere efficace, dev’essere somministrata entro 5 giorni dai primi sintomi, due volte al giorno per cinque giorni, per un totale di 10-20 compresse a seconda del farmaco.

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Le pillole non diventeranno però come gli anelgesici o gli antipiretici da banco. «Almeno in una lunga prima fase veranno stoccate negli ospedali — aggiunge l’infettivologo — . Si tratta di farmaci delicati che devono essere prescritti e maneggiati da specialisti, possono avere effetti collaterali seppur lievi, hanno costi elevati (6-700 euro a ciclo, ndr) e vanno dunque destinati ai soggetti con il rischio di un quadro clinico grave: over 65, obesi, cardiopatici, trapiantati, oncologici, leucemici». Anche i vaccinati potranno curarsi con gli antivirali, ma non le donne in gravidanza o in allattamento, fin qui escluse dalla sperimentazione.

Il vantaggio è che le pastiglie si assumono per via orale e dunque possono essere prese anche a casa, senza bisogno di ospedalizzazione, al contrario degli anticorpi monoclonali, somministrati in infusione e anche loro vacillanti davanti a Omicron. Solo uno di questi cocktail di anticorpi sintetici, sviluppati in laboratorio, è risultato in grado di contrastare la variante: il sotrovimab, che ha sostanzialmente guarito, ad esempio, una donna in cura allo Spallanzani di Roma in 8 giorni.

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«Fin qui c’è stato un grande equivoco: non è che non volessimo curare le persone a casa, è che non avevamo farmaci adeguati. Ora questa realtà potrebbe cambiare. E si sta lavorando anche sul ruolo di profilassi dei monoclonali e degli antiviraliper bloccare la replicazione del virus nei contatti stretti dei positivi di chi, ad esempio, è ricoverato in ospedale e si contagia».

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