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Tetris è l’emblema di quel che non va nel gaming mobile

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Io sono un grandissimo fan di Tetris: è un amore nato almeno 15 anni fa, quando quando ci giocavo sul Nokia 6630 al ritorno da scuola. Tetris è il gioco che installo su qualsiasi dispositivo lo supporti: PC, console, smartphone, tablet: tutti i miei aggeggi elettronici hanno una qualche versione di Tetris installata, perché prima o poi torna la voglia di allineare quei blocchi che cadono dal cielo.

In questi giorni, causa Covid, mi trovo in isolamento forzato a casa dei miei genitori, lontano dal mio PC gaming e dalla mia PS5: quale migliore occasione per rispolverare un po’ la mia passione per questo classico dei videogiochi?

Ora, la storia delle app mobile di Tetris è piuttosto complicata: dopo un periodo iniziale in cui florivano i cloni di ogni tipo, fino a qualche anno fa Electronic Arts pubblicava in esclusiva il gioco su App Store e Play Store. Era una versione ben fatta, con grafica accattivante e sfide online, ma tendenzialmente piena di pubblicità (come la maggior parte dei titoli EA gratuiti, dopotutto). 

A gennaio del 2020, però, c’è stato un “passaggio di consegna”: è stato annunciato che il gioco ufficiale di Tetris non sarebbe più stato pubblicato da Electronic Arts, bensì da N3TWORK, società californiana specializzata nello sviluppo di videogiochi mobile.

E siamo passati dalla padella alla brace.

Per chi non sapesse come funziona, il brand Tetris viene concesso in licenza da The Tetris Company, società statunitense che sostanzialmente fa esclusivamente questo: vende in licenza il marchio Tetris alle varie software house in giro per il mondo. Una piccola curiosità: uno dei due fondatori dell’azienda è Alexey Pajitnov, il programmatore russo che creò il gioco di Tetris nel 1984 in un centro di ricerca dell’Unione Sovietica e riuscì ad ottenerne i diritti commerciali solo dodici anni dopo, nel 1996, con la fondazione di The Tetris Company.

Ed è un vero peccato che un gioco così tanto ingegnoso, che appassiona i videogiocatori di tutto il mondo da più di trent’anni, sia diventato praticamente ingiocabile. Non per bug o errori di programmazione, ma per tutta quella serie di storture che caratterizzano il mercato dei giochi mobile, che potremmo riassumere in valanghe di pubblicità e assurdi in-app purchase.

Semplificando un po’, prima e dopo ogni partita è necessario guardare uno spot video di 30 secondi, che quasi sempre pubblicizza uno dei mille giochi tutti uguali, con le stesse meccaniche di guadagno basate su pubblicitià e acquisti in-app. E non è possibile rimuovere la pubblicità una volta per tutte: sarei più che felice di spendere qualche manciata di euro per poter giocare serenamente a Tetris, invece quel che si può fare è spendere 1.000 coin per eliminare gli ads per 30 giorni.

1.000 coin costano 5€, per internderci: ma hey, in questo periodo di feste natalizie posso spendere 10€ per togliere la pubblicità per ben sei mesi!

E poi parliamo anche dei coin in sé, delle monete virtuali per acquistare power up (che poi io non ce li voglio neanche i power up contro gli avversari!), ma anche temi, avatar, sfondi e chi più ne ha, più ne metta.

Ma io non voglio personalizzare l’avatar, non voglio cambiare la grafica, datemi l’interfaccia grigia e sovietica del 1984 ma per carità fatemi allineare i miei mattoncini senza inquinarmi il cervello con mille spot tutti uguali di mille giochi tutti uguali.

È un peccato, davvero: la fine di Tetris è l’emblema del problema del mercato gaming mobile, dove il modo più efficace per monetizzare è spremere il giocatore, attirandolo con un’esperienza utente colorata e gioiosa che propone infinite personalizzazioni, tante modalità di gioco, ricchi premi e cotillon che cambiano ad ogni Stagione, ma che sono solo uno specchietto per le allodole per costringerci a guardare ore di pubblicità sfibrante o, presi dallo sfinimento, a spendere qualche manciata di euro per un acquisto in-app che ci libera il cervello per qualche settimana.

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