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Il Pd picchia duro contro il primo Def del governo Meloni. “Siamo di fronte ad una situazione economica e sociale difficile e ad una inflazione che ammazza gli stipendi. Sono queste le emergenze del Paese. Ma il Def approvato ieri dal CdM di questo non parla e ipotizza un Pil programmatico dell’1% nel 2023, dell’1,5 nel 2024, dell’1,3 nel 2025 e dell’1,1 nel 2026”. Così il presidente dei senatori del Pd Francesco Boccia.
“Sono cifre senza respiro, che danno il senso della totale assenza di ambizioni di politica industriale e di orizzonti economici non legati all’impatto del PNRR. I numeri del primo Def del governo Meloni confermano ancora una volta che la destra non solo non crede negli investimenti e nelle riforme previste dal piano europeo ma farà di tutto per ridimensionarlo”, prosegue.
“Il Pil programmatico dal 2024 al 2026 lo conferma. Siamo di fronte ad un Def senza prospettiva e insufficiente, fatto di tagli e di scarsi investimenti, con un orizzonte di bassissima crescita, e un taglio delle tasse sul lavoro troppo basso per avere effetti concreti. La destra, dopo le promesse della campagna elettorale, si sveglia in una realtà ben diversa ma non sa che risposte dare e che proposte fare”, conclude Boccia.
Def, un’operazione di cassa priva di futuro
di Carlo Cottarelli
“Non siamo assolutamente contrari al taglio delle tasse sul lavoro, anzi è stata una battaglia nata coi governi di centrosinistra. L’abbiamo sostenuto nel governo Draghi e Draghi ha fatto un grandissimo sforzo nella manovra 2022 con un taglio del 2%, ma è sbagliato mettere in contrapposizione il taglio delle tasse sul lavoro col salario minimo. Anzi sono due misure che possono e devono andare insieme”. È quanto dichiara il sindaco di Firenze, Dario Nardella, in merito al Def approvato ieri che mette in programma nel 2024 un taglio del cuneo fiscale per tre miliardi.
“Il salario minimo è davvero uno di quegli strumenti che punta a dare quel minimo di dignità e libertà alla persona – aggiunge – perché la Costituzione lo dice chiaramente, in ogni caso il salario deve consentire al cittadino di vivere una vita dignitosa e libera. Oggi con 600/700 euro al mese, altro che vita dignitosa e libera. Si vive una vita di povertà totale e purtroppo con l’effetto dell’inflazione i salari si sono ulteriormente ridotti”. Nardella, che è anche esponente del Pd, esorta: “Portiamo avanti entrambe le misure, non capisco perché il governo continua a intestardirsi sul fatto che il salario minimo non sia una misura utile”.