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Singhiozzo, le cause e la strategia giusta per risolverlo caso per caso

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Viaggio alle radici del fastidioso “hic”. Per capire la strategia giusta da adottare per fermare il singhiozzo, caso per caso

Lo abbiamo avuto praticamente tutti. E sappiamo quanto può essere seccante. Si tratta del singhiozzo, fenomeno che nella maggioranza dei casi non desta preoccupazioni ma, talvolta, potrebbe essere la spia di un problema più serio, da approfondire. A spiegarti perché compare e come si interviene è il dottor Edoardo Vespa, gastroenterologo dell’Unità di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva all’Ospedale San Raffaele di Milano.

Singhiozzo, primo imputato: lo stomaco gonfio

«Il singhiozzo è un riflesso che, probabilmente, abbiamo acquisito durante il normale sviluppo respiratorio prenatale, ma poco utile nella vita adulta», spiega il gastroenterologo.

«Nella maggior parte dei casi è dovuto a una distensione dello stomaco causata dall’assunzione esagerata di liquidi, cibi, bibite gassate o aria. Questa condizione provoca la stimolazione di alcune terminazioni del nervo vago (localizzate soprattutto a livello dello stomaco), che arriva fino al cervello. La “materia grigia”, di riflesso, attiva il diaframma (muscolo della respirazione che si trova fra la cavità toracica e quella addominale), che si contrae ritmicamente, in maniera involontaria. Ed ecco il singhiozzo».

Singhiozzo, coinvolti anche emozioni e reflusso

Il fenomeno, però, può comparire anche per altre ragioni: «Fra queste ci sono il reflusso gastroesofageo, oppure sforzi particolarmente impegnativi che coinvolgono gabbia toracica e addome e che possono stimolare il diaframma», afferma Vespa.

Ma l’elenco continua: «Paura, ansia, agitazione, emozione, cambi di temperatura improvvisi sono in grado di stimolare le stesse vie nervose e, probabilmente, rappresentano le forme di singhiozzo più benigne. Inoltre, il riflesso può essere dovuto a un’irritazione specifica del nervo vago, che nella maggior parte dei casi è responsabile degli spasmi che non rispondono ai rimedi fai da te», specifica l’esperto.

Singhiozzo, come trattarlo

Il singhiozzo fisiologico, definito acuto, dura qualche minuto e può essere interrotto con alcune tecniche di auto-trattamento: «Anche se sfruttano meccanismi non ancora chiari, il principio è quello di bloccare le contrazioni ritmiche del diaframma, interferendo con le stimolazioni nervose da cui queste originano», spiega Vespa. «L’intervento più comune prevede di bere dei sorsi d’acqua appena il fenomeno compare: deglutire ripetutamente, infatti, stimola il diaframma e, di conseguenza, le terminazioni del nervo vago, le stesse da cui nasce il riflesso. Di solito vengono suggeriti 7 sorsi, ma più se ne fanno migliore sarà il risultato. Un’altra tecnica efficace consiste nell’inspirare profondamente, trattenere il fiato per 10-20” e poi espirare; al termine di questa metodica, nella maggioranza dei casi, il singhiozzo comune va via, altrimenti si può ripetere, rimanendo in apnea per un periodo più lungo», continua il gastroenterologo.

Non solo: «Puoi anche bere un bicchiere d’acqua gelata, oppure masticare un cubetto di ghiaccio, fino a sgretolarlo. Inoltre, un ulteriore metodo consiste nel sorseggiare dell’acqua utilizzando apposite cannucce, lunghe e strette: favorisce una stimolazione più intensa delle terminazioni nervose perché impegna maggiormente i muscoli della respirazione coinvolti nel riflesso. L’efficacia è supportata da studi clinici», puntualizza il gastroenterologo.

Infine, è possibile provare a respirare all’interno di un sacchetto di carta: «Aumentando in questo modo i livelli di anidride carbonica nel sangue, si può contribuire a bloccare il singhiozzo», aggiunge il dottor Vespa.

Se il singhiozzo dura più di due giorni

Il “disagio”, però, può anche superare le 48 ore. «È il singhiozzo persistente (conosciuto anche come refrattario). Le cause, a volte, sono le stesse di quello acuto (distensione gastrica, irritazione dello stomaco o del diaframma), probabilmente a un livello più importante», spiega il gastroenterologo.

«In questo caso occorre andare dal medico, perché alla base possono esserci problemi che meritano un approfondimento ed escludere, con esami specifici, patologie gravi come infiammazioni o tumori a carico di stomaco, esofago, diaframma oppure cervello», consiglia Vespa.

«Altre cause sono i disturbi metabolici, in particolare dell’equilibrio elettrolitico quali l’ipercalcemia (alti livelli di calcio nel sangue) o la deficienza di magnesio», continua l’esperto.

Sul banco degli imputati finiscono pure alcuni farmaci: «L’uso di medicinali che agiscono sul sistema nervoso (come per esempio benzodiazepine, oppioidi, neurolettici) e dei cortisonici è stato associato al singhiozzo persistente. Inoltre, il fenomeno può essere causato anche da interventi chirurgici che interessano le prime vie digestive, o problemi di conformazione anatomica come l’ernia iatale, poiché possono interferire con le terminazioni del nervo vago», afferma l’esperto.

Singhiozzo, qQuando si ricorre ai farmaci

Il medico, dopo aver appurato che alla base del singhiozzo persistente non ci sono condizioni pericolose, suggerisce gli stessi metodi impiegati per fermare quello acuto.

«Se risultano inefficaci si passa ai farmaci. Quelli prescritti più spesso sono gli inibitori di pompa protonica, che agiscono sul reflusso gastroesofageo (per esempio, omeprazolo, 20 mg al giorno), e i procinetici, che facilitano lo svuotamento gastrico (metoclopramide, 10 mg per 3 volte al dì, poco prima dei pasti principali). Se dopo un ciclo adeguato (un paio di mesi i primi, qualche settimana i secondi) non ci sono miglioramenti, l’esperto può pensare di ricorrere al baclofene, principio attivo che inibisce il riflesso a livello delle terminazioni nervose. Di solito si comincia con una dose bassa (2 compresse da 5 mg al giorno), che poi viene incrementata mano a mano, finché non si ottiene una risposta. Ma attenzione: ha un tasso di effetti collaterali non trascurabile, principalmente la sonnolenza», conclude Vespa.

Singhiozzo, i metodi alternativi per risolverlo

Per fermare il singhiozzo acuto puoi affidarti anche all’omeopatia. «Cuprum metallicum 7CH aiuta a rilassare la muscolatura e contrastare gli spasmi: 3 granuli ogni 3 ore, fino al miglioramento dei sintomi», consiglia il dottor Luca Bertini, esperto di medicina naturale a Pisa.

«Se il riflesso è dovuto a un’infiammazione dello stomaco, il rimedio omeopatico più adatto è Nux vomica 7CH, 3 granuli per 3 volte al giorno, ogni 6 ore». Anche la fitoterapia può dare una mano: «Il macerato glicerico di passiflora aiuta a distendere il diaframma, e agisce a livello emotivo, tornando utile nel singhiozzo dovuto a paura e attacchi d’ansia. Da 15 a 20 gocce, in base al peso, 2 volte al giorno», conclude l’esperto.

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reflusso gastroesofageo,
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