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Unboxing
Huawei P60 Pro vi regala un bell’unboxing, come non se ne trovano facilmente negli altri top di gamma oggigiorno. All’interno della sua confezione troverete infatti, oltre al telefono, una cover in silicone trasparente (un marchio di fabbrica per Huawei ormai), l’immancabile pin per rimuovere il carrellino della nano SIM, ma soprattutto un caricabatterie da 88 Watt con doppia porta USB-A e USB-C) e un cavo abbinato.
Avrete insomma non solo un caricabatterie rapido, ma potrete anche utilizzarlo per caricare fino a 2 dispositivi alla volta, PC e telefono ad esempio, e bene o male col cavo che più vi farà comodo per ciascuno, avendo la scelta tra i due tipi di porta USB. Considerando che il caricabatterie è ormai un optional nella maggior parte dei top di gamma, Huawei raddoppia proprio laddove la concorrenza omette, e di certo non possiamo lamentarcene.
Costruzione ed Ergonomia
Huawei P60 Pro ha il profilo del tipico top di gamma degli ultimi anni, ovvero con i bordi stondati sia davanti che dietro, ma è proprio girandolo che arrivano le maggiori particolarità.
La back cover è infatti realizzata con un processo particolare chiamato “Pearl Texture Design”, che “incorpora polvere di perle minerali naturali”, creando così un effetto unico, diverso per ogni modello, a metà tra il madreperla e il pennellato. Al tocco è completamente liscio, ma è all’occhio che ammicca questa soluzione, e vi invitiamo a guardare la video recensione di P60 Pro per apprezzarlo al meglio (nelle foto il viraggio al rosa è dovuto a una luce sullo sfondo che il telefono ha “assorbito” come una spugna, ulteriore segno della particolarità della lavorazione di Huawei).
Altra particolarità di Huawei P60 Pro, già presente anche in Mate 50 Pro, è il vetro Kunlun Glass, in luogo del più comune Gorilla Glass, che però l’azienda cinese non può impiegare a causa delle restrizioni imposte dagli USA. Secondo Huawei questa soluzione aumenta la resistenza alle cadute fino a 10 volte, e l’azienda ci crede a tal punto da invitare i recensori a fare un testa a testa con smartphone concorrenti per vedere chi resista di più.
No, noi non lo abbiamo fatto (soprattutto perché non avevamo altri “volontari” pronti a raccogliere la sfida).
Scherzi a parte, è da applausi la caparbietà di Huawei, che pur non potendo usare soluzioni che ormai sono lo standard de facto del settore, non trova soluzioni di ripiego di bassa lega, ma sviluppa qualcosa di nuovo per non essere da meno dei concorrenti. E a proposito di resistenza, segnaliamo anche la certificazione IP68: polvere e acqua non sono un problema.
Sempre sul fronte design, impossibile non notare l’originalità del comparto fotografico posteriore, che in parte riprende il motivo della back cover, e che esteticamente potremmo sintetizzare con: 😮. Unico difetto di questo approccio è che sbilancia un po’ il peso, e quando il telefono è appoggiato su un piano non è stabile se premete dal lato opposto, ad esempio per digitare sulla tastiera. Davanti abbiamo invece un più classico foro nel display per ospitare la fotocamera frontale, e più in basso, invisibile, c’è anche il lettore di impronte digitali.
Il peso è di 200 grammi, quindi nella media, e in mano la presa è piuttosto solida, complici in parte i lati ricurvi ma non taglienti, e la finitura posteriore che non è affatto scivolosa, e che tra l’altro non dà a vedere minimamente le impronte, che così non ne rovinano la brillantezza.
Scheda Tecnica
Huawei P60 Pro ha uno schermo da 6,67 pollici con risoluzione FHD+ (nello specifico 1.220 x 2.700 pixel), ma la vera particolarità è che si tratta di un OLED LTPO, ovvero con refresh rate variabile tra 1 e 120Hz. Il processore impiegato è un Qualcomm Snapdragon 8+ Gen1, ovvero il top di gamma 2022, e soprattutto Huawei P60 Pro è senza supporto 5G, sempre a causa del ban USA. Questo aprirebbe una lunga parentesi sull’utilità o meno del 5G ai giorni nostri e anche nel prossimo futuro (alla quale magari dedicheremo un contenuto apposito); utilità che al momento stentiamo a vedere e che pertanto non penalizza gli smartphone Huawei.
Abbiamo poi 8 / 12 GB di RAM e 256 / 512 GB di spazio di archiviazione, espandibili con nano memory card (altra soluzione fuori dal coro) fino a 256 GB. Ma il vero fiore all’occhiello è il comparto fotografico, che comprende un sensore principale da 48 megapixel con apertura variabile f/1.4 ~ f/4.0, un teleobiettivo 3,5x sempre alla stessa risoluzione ma con f/2.1; entrambi sono dotati di stabilizzazione ottica dell’immagine. Infine troviamo un grandangolo da 13 megapixel, f/2.2, e una fotocamera frontale sempre con gli stessi megapixel ma apertura lievemente inferiore di 2.4.
Huawei P60 Pro è dotato di slot dual SIM 4G, Wi-Fi ax, Bluetooth 5.2 LE, GPS, NFC e anche porta infrarossi, mentre la porta USB-C presente è una 3.1 Gen1. La batteria infine è una generosa 4.815 mAh con ricarica SuperCharge a 88W e ricarica wireless a 50W.
Abbiamo già accennato al lettore di impronte digitali nascosto sotto al display, ma c’è anche lo sblocco col volto, sebbene non sia dotato di sensori ToF e quindi non tra i più sicuri del settore.
Al netto di questo, e della mancanza del 5G, ci sono insomma ben pochi appunti da fare alla scheda tecnica di Huawei P60 Pro.
Fotocamera
Huawei P60 Pro è un top di gamma e scatta foto da top di gamma. Partiamo da questo assunto, perché da ora in poi cercheremo di fargli le pulci, concentrandoci di più su quelli che possono essere i suoi limiti in alcune situazioni, e non solo sui pregi. Sì perché parlare bene delle sue foto sarebbe facile, e anche solo per elencare tutte le modalità a disposizione nell’app fotocamera (tra l’altro sempre fluidissima e veloce nell’elaborazione) ci vorrebbero paginate di trattazione. Prima di proseguire ricordiamo brevemente le specifiche delle 4 fotocamere:
Posteriore principale: Ultra Lighting da 48 MP (apertura regolabile f/1.4-4.0, OIS)
Posteriore ultragrandangolare: 13 MP (f/2.2)
Posteriore teleobiettivo: Ultra Lighting da 48 MP (f/2.1, OIS)
Anteriore: 13 MP (ultragrandangolare, f/2.4)
L’obiettivo principale si comporta bene nella maggior parte delle situazioni: ha una buona gamma dinamica, e anche in controluce è difficile che bruci l’immagine o che faccia perdere troppi dettagli tra le ombre.
Tende però un po’ a “raffreddare” la scena, rispetto alla percezione che avevamo nella realtà. La messa a fuoco è veloce e precisa, tranne forse nell’uso del macro, dove è fin troppo “spot”; migliorano in questo senso le cose con il super marco, che però sfrutta il teleobiettivo.
E venendo proprio allo zoom a 3,5x, questo offre un sacco di dettagli ed è molto preciso sia nella messa a fuoco che a livello di definizione. Fino a 10x avrete comunque una buona resa, con un effetto acquerello che diventa ovviamente più evidente, ma senza compromettere il dettaglio complessivo, e dandovi la possibilità di realizzare delle foto “condivisibili” anche a questo livello di zoom. Oltre il 10x la resa degrada via via sempre più sensibilmente: si può arrivare fino a 100x nelle foto, ma è un mero esercizio di stile, più che una modalità da sfruttare nell’uso reale.
La resa cromatica è inoltre molto simile al sensore principale, dando omogeneità ai vostri scatti.
Lo stesso non si può dire del grandangolo, che satura decisamente di più i colori rispetto agli altri due (che a volte in effetti sono anche troppo desaturati), oltre ad avere una qualità generale inferiore (che forse cerca proprio di compensare dandovi delle foto più “punchy”), che diventa più evidente a livello di dettaglio fine. Anche nel suo caso però c’è una buona gestione delle scene ad alto contrasto, elemento sul quale Huawei ha lavorato bene.
In notturna gli scatti di P60 Pro mi hanno ricordato quelli di tanti anni fa, quando proprio Huawei per prima si fece pioniera delle foto con poca luce. In che senso? Nel senso che una foto catturata alle 9 di sera sembra essere stata scattata alle 5 di pomeriggio, soprattutto se ritraete un soggetto su campo ampio.
È una soluzione molto efficace ma anche poco realistica, sulla quale però non si può intervenire molto perché frutto in buona parte dell’elaborazione software.
La quantità di dettaglio tirata fuori dal sensore principale è però davvero notevole anche in questo caso, e qui emerge maggiormente la differenza di luminosità rispetto al teleobiettivo: se in diurna in due sono praticamente sovrapponibili in quanto a risultato finale, in notturna quest’ultimo soffre di più, ed è anche maggiormente soggetto a possibili aberrazioni cromatiche sulle luci, visibili negli scatti che vi proponiamo qui sotto.
Sempre a proposito dell’elaborazione software, attenzione anche alla modalità ritratto: sulla fotocamera frontale abbiamo un effetto bokeh non troppo marcato, mentre sulle posteriori alle volte è anche esagerato, con il soggetto che si staglia davvero troppo rispetto alla sfondo, al quale in pratica è stato applicato un filtro sfocatura così netto che non dà effetto di profondità, ma fa solo risaltare il soggetto (ulteriore consiglio: disattivate tutti gli effetti sulla sfocatura in modalità ritratto – nonostante insistano a riattivarsi da soli – perché producono risultati facilmente irrealistici).
In generale quando l’elaborazione software vuole strafare il risultato rischia di diventare troppo artefatto, e più che restituire un effetto naturale diventa evidente che c’è stata della “magia” dietro. In compenso lo scontornamento del soggetto in primo piano è tendenzialmente molto buono, e per fortuna sui filtri bellezza c’è un buon grado di controllo, permettendo di ottenere immagini più morbide o più dettagliate a seconda del vostro gusto.
Anche per quanto riguarda i video (dei quali qui sotto trovate un sample in diurna e uno in notturna) ci sono dei distinguo da fare. La fotocamera principale e il teleobiettivo registrano fino in 4K@60fps, mentre il grandangolo si ferma a 30fps, il che significa che se volete usarli tutti e 3 nello stesso filmato dovrete per forza limitare il framerate. La resa non è ovviamente identica, perché i primi due hanno una qualità decisamente superiore, soprattutto quando cala la luminosità ambientale.
Inoltre, anche in questo caso, il bilanciamento dei colori è un po’ diverso fra i 3 sensori, e il passaggio da uno all’altro si nota non solo da un micro-scatto, ma proprio dalla resa stesa.
La stabilizzazione video è abbastanza buona, anche se a volte, negli spostamenti più repentini, il suo tentativo di compensare il movimento produce qualche scatto di troppo. Occhio anche allo zoom audio: ingrandendo l’immagine (fino a un massimo di 10x in 4K@60fps) i microfoni cercheranno di concentrarsi sul punto che state filmando, ma non è detto che questo sia esattamente l’effetto che stavate cercando. Sempre rapidissima e puntuale la messa a fuoco, istantanea al punto da non notarla nella maggior parte dei casi.
Huawei P60 Pro foto sample
Display
Lo schermo di Huawei P60 Pro è uno dei suoi fiori all’occhiello. Si tratta di un LTPO OLED con frequenza di aggiornamento variabile tra 1 e 120Hz, PWM dimming a 1.440 Hz, frequenza di campionamento del tocco fino a 300Hz, e capace di riprodurre 1,07 miliardi di colori.
Probabilmente proprio la buona gestione del refresh è una delle ragioni della buona autonomia di questo smartphone, come vedremo poi nel paragrafo dedicato.
La diagonale del display è di 6,67 pollici, a risoluzione 1.220 x 2700 pixel. Tutto il profilo dello schermo è stondato, ma in modo sottile, non troppo marcato come andava di moda qualche anno fa, il che vuol dire niente angoli “taglienti” né tocchi involontari, e la visibilità è sempre buona, anche nelle giornate di sole, senza riflessi fastidiosi che vadano a compromettere parte del contenuto.
C’è il supporto per always on display, con varie opzioni di personalizzazione ed effetti di animazione, e con una batteria del genere potete anche permettervi di tenerlo attivo.
Abbiamo già parlato del Kunlun Glass che lo riveste, ma non abbiamo accennato al fatto che c’è anche una pellicola pre-applicata: non una di quelle terribili che aumentano le impronte, ma una di buona qualità, che vi capiterà di sentire solo facendo uno swipe molto di lato.
Software
Huawei P60 Pro non ha i servizi Google Play. Questo ormai lo sapranno un po’ tutti, e di certo non è un bel biglietto da visita, però ci sono delle buone notizie, nel senso che Huawei ha fatto tutto il possibile per far trovare all’utente delle alternative.
Intanto le app preinstallate sulla EMUI 13.1 sono numerose e coprono vari ambiti di utilizzo, dai social ai giochi (vi viene fornita una selezione di proposte da installare già durante il setup iniziale, tutte a discrezione dell’utente), e poi c’è AppGallery, lo store proprietario dell’azienda, che pur di darvi le app che volete ve le farà installarle anche da store terzi.
Volete Facebook? Su AppGallery non può esserci, sempre a causa delle restrizioni USA, e allora vi verrà fornito il link diretto ad APP Parks dove poterla installare. Volete YouTube? C’è la progressive web app. WhatsApp? Quella la potete scaricare direttamente dal sito ufficiale.
Instagram, Google Maps e Chrome? Tutte disponibili su store di terze parti, perché anche le app di Google possono funzionare grazie ai servizi Huawei, solo che non è detto funzionino al meglio, e qualche messaggio di errore o disservizio non è da escludere nel loro caso.
La morale è che le app in fondo non mancano, e dove non ci fosse proprio quella che state cercando è probabile che ci sia un’alternativa; al contempo non è tutto lineare come sui dispositivi col Play Store, dove il problema proprio non si presenta alla radice, e un utente poco esperto potrebbe avere difficoltà. Qualcuno potrebbe obiettare che anche Samsung ha un suo store preinstallato, ed è vero, ma quello serve più che altro per aggiungere servizi proprietari ai suoi telefoni, dove Google Play è sempre presente, assieme a tutte le app di Big G, e il problema della reperibilità / funzionamento delle app non si pone alla radice.
È insomma un peccato, perché la EMUI è anche una buona interfaccia, ricca di opzioni e di personalizzazioni: c’è un’alternativa a Google Discover (chiamata “Today”), ovvero un feed di notizie di vario genere, c’è una grande attenzione ai widget (particolarmente gradite le “combo di widget”), alle cartelle (possono essere ingrandite fisse, in modo da non doverle aprire ogni volta), alle transizioni, alle gesture (non solo quelle di navigazione, ma anche sulle icone e per affiancare più app a schermo), alla personalizzazione in generale. Da quel punto di vista è la stessa EMUI dell’era Android, per così dire, progredita (in modo più o meno sensibile) con il passare del tempo. La critica principale da farle è anche l’eccesso di opzioni disponibili, un po’ come nel software per la fotocamera, non certo la mancanza.
E questo rende ancora più un peccato che proprio il software sia il punto debole di P60 Pro, quello che lo indirizza comunque verso un pubblico tech-savvy; e se non sapete cosa questo significhi, probabilmente vuol dire che non fa per voi.
Autonomia
Con una generosa batteria e un software che è fortemente ottimizzato, Huawei P60 Pro vanta una buona autonomia. È difficile non arrivare a sera anche con una buona percentuale di carica residua, e solo l’uso intenso della fotocamera (o di qualche gioco più esigente) potrebbero costringervi a cercare una presa di corrente anzitempo.
Anche in questo caso siete comunque fortunati, perché il caricabatterie da 88 Watt è davvero molto rapido, tanto che in meno di un quarto d’ora ricaricherete la batteria del 50%. C’è comunque la ricarica wireless da ben 50 Watt, altra soluzione pressoché ideale, a patto di avere una base idonea, e infine anche la ricarica wireless inversa da 7,5W, utile per donare un po’ di energia a qualche accessorio che fosse a secco.
Prezzo
Huawei P60 Pro ha un prezzo in Italia di 1199,90 euro nella versione 8 / 256 GB e 1399,90 euro nella versione 12 / 512 GB. Per lenire un po’ la spesa, fino al 5 giugno 2023 avrete in regalo un Watch GT 3 (qui la nostra recensione) nella versione da 46mm Active Black oppure da 42mm Elegant White.
È più o meno il prezzo di un Samsung S23+ al lancio, o di un iPhone 14 Plus se preferite, e per certi versi, visto lo sforzo in più che Huawei deve fare per mitigare le sanzioni USA, è anche più legittimato dei concorrenti. Fatto sta che sono comunque cifre molto elevate in assoluto, che richiedono un investimento nell’ecosistema Huawei che va oltre il solo esborso monetario, e che come abbiamo visto obbliga l’utente a ripensare un minimo il suo utilizzo quotidiano dello smartphone.
P60 Pro è lo stesso top di gamma che Huawei avrebbe fatto se avesse ancora i servizi Google. L’azienda è infatti riuscita a mantenere la poppa a dritta come pochi altri avrebbero saputo fare, senza snaturare in alcun modo il suo DNA. Ecco allora la EMUI curatissima e piena di fronzoli, le fotocamere sempre di alto livello, la cura nel design e nei materiali. Tutto come da copione, inclusa qualche piccola sbavatura occasionale, ma non saranno queste a compromettere il giudizio finale, quanto piuttosto la constatazione che per apprezzare davvero P60 Pro bisogna abbracciare un ecosistema diverso, che non è (del tutto) quello di Android. Superato questo valico, è tutta discesa.
Sommario
Unboxing 8
Costruzione ed Ergonomia 9
Scheda Tecnica 8.5
Fotocamera 8.5
Display 9
Software 7
Autonomia 8.5
Prezzo 6.5
Voto finale
Huawei P60 Pro
Pro
Design originale
Fotocamere complete
Buona autonomia
Ottimo display
Contro
Prezzo non concorrenziale
Il software non è per tutti
Elaborazione a volte artificiosa nelle foto
Niente 5G (per quel che vale)