[ Leggi dalla fonte originale]
Pesche nettarine, kiwi, albicocche, susine. Alla morte e alle perdite dell’alluvione si aggiunge la devastazione delle piantagioni in Romagna. Le radici imbevute d’acqua rischiano di essere già marcite e le organizzazioni di settore calcolano una strage tra i 10 e i 15 milioni di alberi da estirpare e irrimediabilmente danneggiati. Addirittura per Confagricoltura Emilia Romagna il bilancio potrebbe ulteriormente aggravarsi, perché nella stima non sono incluse le colture arboree distrutte dalle frane o trascinate a valle dalla furia del fango, nelle aree collinari e pedemontane. Nelle prossime settimane, rischia l’espianto un numero quattro-cinque volte maggiore: oltre 40 milioni di alberi da frutto delle specie più resistenti e robuste tra cui melo, pero, susino, ciliegio, olivo e vite. Una situazione drammatica, dice la Confederazione regionale, che corre lungo l’arteria sommersa d’acqua che lega Bologna a Rimini, fino a sfiorare in parte il territorio ferrarese.
Meno frutta e più cara
Forte è la preoccupazione per le conseguenze che, dopo aver colpito gli operatori locali, si ripercuoteranno sull’intero settore agroalimentare nazionale fino a quello della distribuzione. Senza contare l’atteso aumento dei prezzi. Prima dell’alluvione erano già saliti del 7,6%, come aveva riferito Coldiretti nei giorni scorsi. E dopo la calamità l’impatto potrebbe essere ancora più rilevante.
(eikon)
Una prima stima parla già di un calo della disponibilità di frutta nei mercati e dunque in tavola per le prossime settimane del 15-20 per cento a livello nazionale, secondo calcoli di Italmercati, la rete nazionale dell’ingrosso. Secondo il presidente, Fabio Massimo Pallottini, “non è ancora possibile stimare il danno reale causato dalle forti precipitazioni ma sull’intera filiera e a livello nazionale ci aspettiamo nelle prossime settimane un vero terremoto nel nostro settore. L’alluvione ha distrutto i prodotti di stagione come pere, mele, susine, kiwi e vigne, in piena fase di maturazione per cui vi sarà con una generale diminuzione della qualità e della quantità di frutta e verdura, con un incremento dei costi”.
In Romagna, dice Coldiretti, si produce più del 20% delle albicocche italiane e oltre il 10% di pesche e nettarine mentre, sottolinea Pallottini, tutto il territorio regionale gode di “un’indiscussa vocazione alla qualità dei prodotti agroalimentari con oltre 50mila aziende”.
Aziende finite sott’acqua con i loro raccolti e con danni che, secondo una prima stima lanciata dal presidente di Confagricoltura Forlì-Cesena e Rimini, Carlo Carli, “supereranno 1,5 miliardi soltanto su questo territorio”. Solo per reimpiantare un frutteto i costi sono elevatissmi, dai 40 ai 50 mila euro a ettaro e serviranno dai 4 ai 5 anni per tornare alla piena produzione.
(ansa)
Raccolto compromesso per i prossimi 4-5 anni
In Emilia Romagna, aggiunge Coldiretti, “il raccolto della frutta sarà compromesso per i prossimi quattro o cinque anni perché l’acqua rimasta nei frutteti ha ‘soffocato’ le radici degli alberi fino a farle marcire con la necessità di espiantare e poi reimpiantare intere piantagioni”. Non solo: nelle aree colpite dall’alluvione “sono a rischio almeno 50mila posti di lavoro tra agricoltori e lavoratori dipendenti nelle campagne, nelle industrie e nelle cooperative di lavorazione e trasformazione”.
Quest’anno la produzione è “di almeno 400 milioni di chili di grano nei terreni allagati dell’Emilia Romagna, dove si ottiene circa 1/3 del grano tenero nazionale” . “Consistente” anche la produzione persa di mais, orzo, girasole, soia, erba medica e “molto rilevante dal punto di vista economico sono le colture da seme per cereali, bietole, girasole, erba medica ed ortaggi con migliaia di ettari coltivati completamente coperti dal fango”.Ai danni sulla produzione agricola si aggiungono – sottolinea la Coldiretti – quelli alle strutture come gli impianti dei frutteti, le serre, gli edifici rurali, le stalle, i macchinari e le attrezzature perse “senza contare la necessità di bonificare i terreni e ripristinare la viabilità nelle aree rurali dove si moltiplicano frane e smottamenti”.
Olre 250mila animali da salvare
C’è pure da garantire protezione, acqua e cibo agli oltre 250mila bovini, maiali, pecore e capre allevati nelle stalle della Romagna alluvionata dove si contano anche circa 400 allevamenti avicoli, tra polli, galline da uova e tacchini e quasi 45mila alveari di api, molti dei quali sono dispersi.
“Se in pianura la situazione è drammatica a causa degli allagamenti nelle colline- sottolinea Coldiretti- la difficoltà è determinata dalle frane che impediscono di raggiugere gli allevamenti e di garantire assistenza agli animali. Molti allevatori nonostante gli inviti non hanno voluto abbandonare i propri animali mettendo a rischio la propria vita ma è anche scattata la solidarietà tra colleghi nel portare assistenza nelle situazioni più difficili. In pericolo è l’importante azione di recupero delle razze storiche da parte degli allevatori, dal maiale di mora romagnola ai bovini da carne di razza romagnola, che nel passato avevano rischiato l’estinzione”.