Testata Giornalistica registrata al Tribunale di Napoli n. 3830/21

VIES Newsletter

Gratuito / Prova ora

Testata Giornalistica registrata al Tribunale di Napoli n. 3830/21

Villaggi, hotel e resort. Le mani delle mafie sul turismo

[ Leggi dalla fonte originale]

Bungalow bianchi, piscine, affaccio diretto sul lungomare di Nicotera. E adesso, sui cancelli, sigilli e notifiche della Guardia di Finanza, che per ordine della procura antimafia di Catanzaro il noto “Sayonara Village” di Nicotera lo ha messo sotto sequestro perché di proprietà del clan Mancuso. Potente casato con feudo storico a Limbadi, nell’entroterra a cavallo tra la Piana di Gioia Tauro e il vibonese, su quello e altri villaggi turistici e resort, i Mancuso hanno influenza e mani da tempo. Almeno dagli anni Novanta, quando proprio al Sayonara, hanno raccontato pentiti, inchieste e processi, è stata organizzata una delle riunioni in cui è stata discussa la partecipazione della ‘ndrangheta alla stagione degli attentati continentali. 

“Dopo la strage di via D’Amelio, vengo convocato dai Mancuso. Era estate inoltrata nel 1992”, rivela ai magistrati Franco Pino, “troviamo il nipote di Luigi (Mancuso ndr) e ci dice di andare tutti al campeggio Sayonara. Era un villaggio turistico (…) Arrivò un’imbasciata che i siciliani di Totò Riina e quelli vicini a lui, avevano chiesto ai calabresi di partecipare con loro ad un’offensiva contro lo Stato”.

Non è l’unico collaboratore a parlarne, né fu l’unica riunione. Alla fine, a dispetto dei dubbi di alcuni che alle grandi famiglie storiche si sono dovuti piegare, – ha svelato l’inchiesta “‘Ndrangheta stragista”, con sentenza confermata in primo grado e in appello – i calabresi alle stragi hanno detto di sì. E il tributo è stato pagato con i tre attentati contro i carabinieri che tra il ’93 e l’inizio del ’94 sono costati la vita ai brigadieri Fava e Garofalo e gravi ferite ad altri quattro militari.

Ma di discussioni prima e dopo la riunione del Sayonara, ce ne sono state parecchie e molte – tanto in Calabria, come in Sicilia – sono avvenute in resort e villaggi, dove spesso hanno finito per essere ospitati anche latitanti. Al Garden Resort di Curinga, nel catanzarese, secondo i pentiti Andrea Mantella e Francesco Michienzi, in diversi periodi ci sono passati il superbroker della droga Rocco Morabito e Giuseppe De Stefano, capocrimine di Reggio Calabria e figlio prediletto di don Paolino, uno dei padri della “’ndrangheta nuova”, che sui rapporti massonici, istituzionali ed eversivi ha costruito a partire dagli anni Settanta il proprio potere. Qualche affiliato uccel di bosco, nei resort l’hanno pure arrestato.Nel 2011, al Sabbie bianche di Parghelia, nel vibonese, nel 2011 i carabinieri hanno arrestato Agatino Zammataro, latitante catanese che lì si nascondeva con moglie e figli al seguito.

La mutua assistenza nelle latitanze è prassi consolidata da decenni fra le mafie delle due sponde dello Stretto. Nicola Notargiacomo, uomo di punta dei clan cosentini poi pentito, “insieme a mio fratello Dario e a Stefano Bartolomeo”, ha raccontato, è stato gradito ospite del boss Giuseppe Graviano al Villaggio Euromare, a Campofelice di Roccella, in provincia di Palermo. Per la procura antimafia di Reggio Calabria, “la prova concreta e insuperabile della saldezza dei rapporti” tra clan siciliani e calabresi, e “in particolare, dei Graviano (i boss di Brancaccio, ndr) e di importanti settori della ‘ndrangheta calabrese in epoca antecedente e prossima alla stagione stragista”.

Relazioni, anche d’affari, che tuttora continuano. Incluso nel settore turistico se è vero che anche l’ex superlatitante Matteo Messina Denaro, a detta del pentito Marcello Fondacaro, era pronto ad investire insieme ai clan di ‘Ndrangheta in un villaggio turistico da realizzare a Capo Vaticano, nel vibonese. È una della perle della “Costa degli dei” su cui la ‘ndrangheta – e i Mancuso in particolare – da tempo hanno messo mani, occhi e affari. Ad occuparsene per loro, ha svelato l’inchiesta Rinascita Scott è stato anche l’ex senatore Giuseppe Pittelli, che secondo i magistrati per conto del clan stava cercando di accaparrarsi villaggio turistico nel vibonese, rimasto fuori dal concordato Valtur, e puntava a realizzare una megastruttura a Copanello, sullo jonio catanzarese.

Tra Falerna e Nocera Terinese, fin dagli anni Ottanta sono stati invece i Bagalà a mettere le mani su alberghi e resort utili non solo a incamerare denari su denari, ma anche ad ospitare summit riservati o nascondere latitanti, come il camorrista Mario Esposito di Sessa Aurunca. E quando sotto la lente degli investigatori sono finiti gli Accorinti di Briatico, nel vibonese, sotto sequestro sono finiti non solo un lussuoso villaggio e un complesso residenziale a Zambrone, ma anche un sommergibile usato per portare a spasso i turisti tra i fondali.

Ma anche in Sicilia il settore è assai gettonato. Dopo la sua morte, sotto sequestro è finito l’impero dell’imprenditore Carmelo Patti, ex patron della Valtur che di villaggi aveva disseminato l’isola e non solo. A Favignana è stata invece l’operazione Scrigno a scoperchiare gli affari di mafia tra alberghi e stabilimenti, mentre a Campobello di Mazara la famiglia Agate si nascondeva dietro il complesso turistico Kartibubbo Village. Ma non si tratta di esempi di un business milionario: secondo l’ultima indagine Demoskopica al riguardo, dal settore turistico tirano fuori ogni anno 2,2 miliardi di euro.

Il Portale Web dell’informazione libera

VIES TV

L’articolo che hai letto è stato di tuo interesse?

Scopri gli articoli correlati e lascia un commento!

Contattaci per info e collaborazioni.

Tags

Condividi questo post:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Iscriviti alla nostra Newsletter mensile

Ricevi notifiche e riepiloghi delle notizie del mese

Non ti invieremo mai nessuno spam,
solo contenuti utili e di valore.

Il portale web dell’informazione libera.