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La guerra interna al M5S tra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio non si fa solo a colpi di dichiarazioni e interviste, ma anche sul web. Con l’obiettivo di cambiare la percezione generale del consenso per l’una o l’altra ‘fazione’. Il caso dell’hashtag #DiMaioOut, entrato in tendenza su Twitter ieri, è da manuale. Con pacchetti di account “dormienti” riattivati apposta per pilotare il dibattito. Una notizia che ha scatenato reazioni e sdegno dentro al Movimento – “clima d’odio inaccettabile” è stata la replica di molti pentastellati dopo la scoperta – e Maria Elena Boschi, deputata renziana, che ha commentato: “Cambiano i destinatari ma non i metodi”.
Bot usati per pilotare il dibattito
Premessa: ‘entrare in tendenza’ significa che un determinato argomento delle discussioni online sul social, molto frequentato da politici e giornalisti (e appassionati della politica, quindi un pubblico magari limitato ma influente), entra nella colonna destra della homepage, cioè raggiunge 3-4 milioni di persone in Italia.
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Il #DiMaioOut è una parola d’ordine che, appunto, sostiene la cacciata del ministro degli Esteri dal M5S. Nella gran parte di tweet lo si paragona a Matteo Renzi, ad un traditore della causa del Movimento, un arrivista cooptato dal sistema. Ecco, l’analista Pietro Raffa, amministratore delegato della società di comunicazione Mr & Associati, è andato a vedere quantità e qualità dei profili che hanno portato avanti questo tipo di argomentazioni. Vengono fuori due cose interessanti. La prima: l’hashtag è stato utilizzato solo da 289 profili e i primi 10 account per numero di tweet sono fake, e generalmente sostengono le posizioni di Alessandro Di Battista e di Giuseppe Conte. La seconda: 125 di questi account twittano su #DiMaioOut dall’America. “Analizzandone il comportamento sul social – dice Raffa – si intuisce che sono dei bot. Account dormienti che si attivano per momenti particolari, ad esempio per sostenere i gilet gialli in Francia o per le elezioni in Germania, a favore di Afd (partito populista e di estrema destra, ndr). Le loro bio erano scritte in francese, poi in tedesco, ora in italiano”.
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L’utilizzo di questi pacchetti di account serve per pilotare il dibattito, creare una massa critica che nella realtà potrebbe non esistere. Spiega Raffa: “Può esserci una forma organizzativa del consenso online nei partiti in cui account reali di militanti si coordinano per spingere un determinato argomento, o per attaccare gli avversari. Oppure ci sono società di servizi generalmente estere che vendono profili e attività di questi ultimi, l’intelligenza artificiale che li muove si è fatta molto raffinata e per un occhio non esperto possono benissimo sembrare reali”. Qual è l’investimento necessario? Tutto sommato contenuto. “Un software che produce bot può costare sui 2.500 euro – continua Raffa – mentre comprare mille follower ha un prezzo medio di 100 euro, ma varia in base alla qualità del profilo, cioè quanto può apparire reale e spontaneo”.
Le reazioni: “Inaccettabile caccia all’uomo”
Immediate le reazioni di esponenti M5S vicini a Di Maio: “Stiamo facendo le opportune verifiche per capire da dove parte la campagna di tweet-bombing contro Di Maio”. Intanto, Manlio Di Stefano, sottosegretario agli Esteri, scrive su Facebook: “Questa ripugnante caccia all’uomo verso Di Maio deve finire e non è degna dei nostri valori. Né lui né Conte sono mai scappati dalle loro responsabilità, se ne hanno non scapperanno nemmeno questa volta, ma questo non deve essere un processo di piazza tantomeno uno scaricabarile. Noi siamo altro”. E a seguire, da Caterina Licatini, deputata penstastellata, a Generoso Maraia, Francesco D’Uva, Davide Serritella, Dalila Nesci, sono in tanti a intervenire per stigmatizzare quanto accaduto: “Inaccettabile caccia all’uomo” è il coro che si leva a difesa del titolare della Farnesina.
Lo scontro va avanti
Intanto nel mondo reale, fatto di persone in carne e ossa, lo scontro va avanti. Interviene il deputato 5S Sergio Battelli: “Molti, io per primo, vogliono spiegazioni e non teste rotolanti – le sue parole sui social – Parlare di ciò che è successo nella lunga settimana appena trascorsa. Io non ho accuse da fare ma sicuramente dubbi da dirimere. Il MinCulPoP interno l’ho sempre detestato e non inizierò certo a farmelo piacere oggi. Perché il non detto e il subìto possono fare danni enormi”.
Di parere opposto, intervenendo a Radio1, il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà: “Io che ho partecipato ai tavoli di regia ho sempre visto un presidente Conte trasparente e corretto nei confronti di capigruppo e in quei tavoli c’era anche Di Maio. Se qualcuno all’interno del Movimento ha commesso degli errori, ha espresso dissenso o non ha ben compreso i vari passaggi delle cabine di regia lo verificheremo con un confronto interno, così com’è giusto che sia. Credo che sia importante in tempi brevi avere un confronto interno per chiarire tutti i punti che sono rimasti in sospeso”.