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Quando Michel Roccati ha offerto da bere ai suoi medici, in un bar di Losanna, alla fine quelli stanchi di stare in piedi erano loro. “Due ore, e mi sembrava di non sentirle” racconta il 30enne di Torino. “Nel 2017 mi ero spezzato la schiena in più parti. Un animale sulla strada, sono caduto dalla moto. Non camminavo più e non sentivo le gambe, ma lo sapevo che non sarebbe stato per sempre. Ancora non ti sei rassegnato? Mi ha detto una volta un medico. Ebbene no, io non mi sono mai rassegnato”.
Michel (con la giacca nera) e David, un altro ragazzo trattato a Losanna
Ed eccolo in una foto del Politecnico di Losanna, dove è stato realizzato l’impianto che ha riportato l’attività nei suoi muscoli, mentre cammina accanto a David, un altro ragazzo cui avevano dato zero chance. Era una giornata ventosa e gelida dello scorso dicembre. I due passeggiano fianco a fianco con il sostegno di un girello. Si guardano, e sorridono.
“Cosa ho detto quando mi sono ritrovato in piedi per la prima volta? Nulla” racconta Michel. “Non ero capace di trovare le parole. E’ stata una sensazione troppo forte. Ora faccio le scale. Mi alleno tutti i giorni un paio d’ore nel cortile di casa, dopo l’ufficio, dove passo buona parte del tempo davanti al computer. In primavera riuscirò a fare un chilometro. Posso anche nuotare, fare la cyclette e allenarmi in palestra”. Quest’inverno un amico lo ha invitato a sciare. “A casa sua c’erano le scale e lui si è scusato. Allora io mi sono alzato e ho cominciato a farle da solo. Sono rimasti tutti a bocca aperta” racconta Michel divertito.
A Losanna, lo scorso 5 dicembre, il team di Grégoire Courtine, laureato in Medicina Sperimentale all’università di Pavia e poi trasferitosi al Politecnico della città svizzera, ha impiantato nella schiena di Michel un elettrodo in grado di rilasciare impulsi elettrici nel midollo danneggiato dall’incidente.
L’incontro fra il professore e il ragazzo immobilizzato era avvenuto tre anni prima. “Io, che non sapevo nemmeno di avere un midollo, mi sono messo a studiare” racconta Michel. “Ho seguito un convegno per specialisti e conosciuto il professor Courtine. Gli ho raccontato la mia storia, gli ho detto che non mi davo per vinto e continuavo ad allenarmi, per quanto potevo, per non veder sparire tutta la mia massa muscolare. All’inizio non mi hanno preso. La mia lesione era troppo grave. Ma ho continuato a insistere e due mesi fa sono stato operato”. Michel è il terzo caso descritto da un articolo uscito oggi su Nature Medicine.
La prima fase della riabilitazione in laboratorio
“La neuromodulazione del midollo spinale ripristina le funzioni motorie del tronco e delle gambe dopo una paralisi completa” è il titolo dell’articolo. “Le lesioni del midollo spinale avvengono in genere in pazienti giovani, per colpa di un incidente” spiega Silvestro Micera, il professore di bioingegneria dell’università Sant’Anna di Pisa che ha collaborato con Courtaine e la sua collega svizzera, la neurochirurga Jocelyne Bloch. Insieme coordinano il progetto di ricerca del centro NeuroRestore del Politecnico.
Da circa trent’anni nel mondo si studia come ripristinare la funzione del midollo tramite elettrodi impiantati nella schiena, ma i pazienti che hanno avuto la fortuna di rialzarsi sono stati finora molto pochi. “Nel nostro caso abbiamo lavorato per personalizzare l’impianto, modellarlo alla lesione, impiantarlo nel punto migliore per riattivare il maggior numero di muscoli possibile. Questo fa la differenza fra un impianto che funziona bene e uno che funziona così così” spiega Micera.
Subito dopo l’impianto dell’elettrodo nel punto della lesione, è necessario un periodo di riabilitazione. “Il paziente e il suo strumento devono imparare a conoscersi” spiega Micera. Nel caso dell’apparecchio svizzero, già subito dopo l’operazione i ragazzi ex paraplegici hanno potuto muovere i primi passi. “L’elettrodo nella schiena comunica tramite dei fili con un pacemaker che ho nell’addome, sottopelle” spiega Michel. “In un marsupio tengo l’antenna, che viene azionata da un telecomando che uso mentre cammino, per attivare i muscoli delle due gambe ogni volta che muovo un passo. No, sembra complicato ma non lo è. Dopo poco viene automatico. Su un tablet ho i programmi per le varie attività, dal nuoto alla palestra”.
“Abbiamo iniziato a lavorare a questo tipo di impianto nel 2013” spiega Micera. “Ma oggi siamo in grado di trattare un paziente nel giro di qualche settimana”. Con il Politecnico di Losanna collabora la start-up OnWard, che ha l’obiettivo di rendere il trattamento disponibile, in futuro, a un numero più ampio possibile di pazienti. “Il nostro elettrodo – aggiunge Courtaine – viene inserito sotto la vertebra, direttamente a contatto con il midollo. Può modulare l’attività dei neuroni, regolando dei gruppi muscolari ben precisi in modo simile a come farebbe il cervello. In questo modo il paziente riesce a camminare, nuotare o pedalare, per esempio”. La camminata, descrive Micera, “avviene un po’ a scatti all’inizio, poi con l’allenamento migliora. Ma l’espressione che si disegna sul viso di questi ragazzi, che dopo tanto tempo tornano a muovere le loro gambe, è qualcosa di indescrivibile”.