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Quanto vale il Grande Centro? Almeno il 10%, sommando le sigle già posizionate nella terra di mezzo del (fu?) bipolarismo. Ma la regola dei sondaggi è nota: non è mai la somma che fa il totale.
Secondo Fabrizio Masia, direttore generale di Emg, “se ci rifacciamo ai numeri attuali, ma anche all’esperienza delle amministrative degli ultimi anni in cui il centro si è aggregato in forme civiche, come con Calenda a Roma, la base di partenza è già in doppia cifra”. Tenendo fuori dal calcolo Forza Italia, e includendo “Udc, Toti, Lupi, Renzi, Calenda e i radicali di Più Europa”, gli ultimi due però riottosi al pastiche centrista. Lo spazio politico, spiega Masia, può dilatarsi. “Se dentro questo raggruppamento entrassero anche frange di Forza Italia, penso alle parole di Brunetta sui riformisti uniti e il ‘bipolarismo bastardo’, si può arrivare fino al 15-20%”. Dal punto di vista territoriale, il bacino elettorale maggiore sarebbe nel Meridione.
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Ma perché l’operazione Grande centro metta il turbo in termini di consensi sono fondamentali due aspetti: “Il primo – riprende il direttore di Emg – è la legge elettorale. Se sarà proporzionale, con una soglia di sbarramento alta, al 5%, come nella proposta del Brescellum, allora un nuovo centro può essere davvero l’ago della bilancia del prossimo Parlamento”. Con il maggioritario, invece, “le condizioni di un soggetto autonomo forte sono più difficili”. L’altro fattore è il leader del nuovo partito. “Una figura autorevole, sopra le parti rispetto ai leader attuali, farebbe lievitare i consensi”.
Il rischio, spiega Alessandra Ghisleri, direttrice di Euromedia Research, è che la nuova formazione “sia percepita solo come un accrocco di leader. Ecco perché non si possono fare somme algebriche. La Dc valeva più del 30%, ma era un insieme di correnti strutturate nei territori. Al Grande centro servirebbe un leader riconosciuto da tutti. E oggi la situazione è molto caotica. Poi c’è bisogno di una visione unica, di un radicamento a livello locale. Solo così c’è la possibilità di trovare un elettorato largo che si riconosca nel progetto”. Anche per Ghisleri, la legge elettorale è fondamentale: “Basta vedere cosa accade in Francia e in Inghilterra alle forze politiche che non fanno parte dei poli più attrattivi”.
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Per Antonio Noto, direttore della Noto sondaggi, il potenziale elettorale del Centro è intorno il 15%. “Ma è”. Per usare il gergo del marketing, “manca il prodotto. Cioè, in chiave politica, un’identità e un leader. C’è una domanda di centro, ma non c’è un’offerta adeguata, almeno da quando è stato approvato il Mattarellum. C’è il centro della sinistra e il centro della destra”. Anche per Noto il fattore chiave è la legge elettorale. “Con il proporzionale, c’è spazio per una nuova formazione centrista. Se rimane la legge attuale, con un maggioritario annacquato, o magari con una forma di maggioritario ancora più spinta, il centro sarebbe del tutto marginale”. Esempio: con il Rosatellum in vigore oggi, un partito di centro, “anche arrivando, difficile, al 10%, si ritroverebbe con massimo 24 deputati, attraverso la quota del 60% dei parlamentari eletti con il proporzionale. Mentre la formazione centrista non avrebbe quasi chance nei collegi uninominali”. Questione di leader, anche: “Oggi il gradimento dei vertici delle formazioni che vogliono aggregarsi non è altissimo. Renzi è al 18%, Toti al 25%, Brugnaro è meno conosciuto ed è intorno al 23. E per aumentare i consensi, è decisivo un leader forte”.