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di Laura Della Pasqua
1. Quali farmaci usare per i bambini positivi?
2. Guariti dal Covid: bisogna vaccinarsi? E dopo quanto tempo?
3. I purificatori d’aria servono contro il virus?
1. Quali farmaci usare per i bambini positivi?
Finora l’attenzione è stata concentrata sugli anziani e sulle persone fragili, i più piccoli sono passati in sordina, forse perché meno soggetti a conseguenze gravi. Ma la variante Omicron, proprio per la caratteristica di maggiore trasmissibilità, sta coinvolgendo anche gli under 12 ed è aperto il dibattito sulla vaccinazione di questa fascia anagrafica.
«I farmaci attualmente utilizzati per i malati di Covid sono stati registrati per soggetti di età superiore ai 12 anni. Non abbiamo prodotti per i più piccoli», spiega il farmacologo Filippo Drago, Ordinario di Farmacologia presso l’Università degli Studi di Catania. E riferisce di un recente caso per il quale ha dovuto interpellare l’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco: «Una piccola di soli 2 mesi e mezzo con una grave infezione da Covid, intubata, ci ha posto di fronte al grave problema di come intervenire. I farmaci ora disponibili, autorizzati, non sono indicati per i neonati. La soluzione che abbiamo trovato dopo aver interpellato l’Aifa, è di somministrare il Remdesivir, prodotto testato per gli adulti, in dosi più basse».
2. Guariti dal Covid: bisogna vaccinarsi? E dopo quanto tempo?
Il Ministero della Salute ha stabilito le regole a cui devono attenersi i guariti, a seconda che abbiamo fatto la prima, la seconda o la terza dose. In tutto ciò conta anche quando è avvenuta l’infezione: se prima, durante o dopo il ciclo primario di vaccinazione. Vediamo insieme al virologo Francesco Broccolo, docente di Microbiologia Clinica presso l’Università Milano-Bicocca, che cosa indicano le autorità sanitarie.
Chi è guarito dal Covid deve vaccinarsi o può ritenersi coperto?
La vaccinazione è raccomandata anche per le persone che hanno avuto l’infezione, sia in maniera sintomatica, sia asintomatica.
Chi non è immunizzato ed è guarito dal Covid quando deve vaccinarsi?
Il Ministero della Salute ha chiarito con un circolare che chi è stato contagiato dal Covid può effettuare la prima dose di vaccino entro i sei mesi e non oltre un anno dalla guarigione.
Bisogna ricordare che l’immunizzazione di chi è stato contagiato tende a diminuire nel tempo, anche se l’infezione naturale protegge di più della prima dose di vaccino. Inoltre, con la malattia, si ha una immunità aggiornata rispetto al vaccino costruito sul ceppo iniziale di Wuhan. Questo significa che nci si può vaccinare entro sei mesi dalla guarigione. In ogni caso, dopo la prima dose, è previsto un booster dopo almeno 120 giorni, 4 mesi. Per chi, invece, aspetta oltre un anno, scatta la procedura classica: prima dose, seconda dopo 21/28 giorni e terza dopo i 120.
Cosa deve fare chi si contagia dopo la prima dose di vaccino?
Chi contrae il Covid oltre il quattordicesimo giorno dalla prima dose di vaccino è come se avete completato il ciclo vaccinale, in quanto l’infezione si può considerare equivalente alla somministrazione della seconda dose. È coperto per almeno altri 4 mesi, in quanto l’infezione è paragonabile a una dose per di più aggiornata con l’ultima variante.
Pertanto, dopo la guarigione, si possono aspettare 4 mesi prima della seconda vaccinazione. Invece, in caso di infezione entro il quattordicesimo giorno dalla somministrazione della prima dose, il Ministero dice che è indicato il completamento della prima fase vaccinale con una seconda dose da effettuare entro sei mesi dal primo test positivo dell’infezione.
Se il contagio avviene dopo la seconda dose, c’è bisogno del booster?
La variante Omicron, a causa dell’alta trasmissibilità, colpisce anche chi ha fatto due dosi di vaccino. Numerosi ci hanno chiesto se il booster è necessario o l’infezione assicura una copertura dal virus. La circolare del Ministero della Salute del 24 dicembre scorso, stabilisce che chi si trova in questa situazione può ricevere la terza dose dopo 4 mesi dalla guarigione.
3. I purificatori d’aria servono contro il virus?
Durante la pandemia, abbiamo assistito alla diffusione dei purificatori d’aria soprattutto nei luoghi pubblici. Fino a che punto sono utili o c’è il rischio che siano una operazione di marketing? Abbiamo girato la domanda a Enrico Davoli capo Laboratorio di Spettrometria di Massa del Dipartimento di Ambiente e Salute dell’Istituto Mario Negri.
«Ci sono certamente purificatori efficaci contro la propagazione del virus, ma va prestata attenzione alla tecnologia impiegata e alla dimensione dell’ambiente da purificare. Esistono, infatti, diverse tecnologie valide, in particolare quelle che convogliano l’aria da purificare su superfici appositamente preparate (con nanoparticelle metalliche, per esempio), che irraggiate con luce ultravioletta decompongono le molecole organiche distruggendo anche i virus. Questo processo si chiama “approccio fotocatalitico” proprio perché con la luce si catalizzano delle reazioni chimiche di ossidazione che inattivano i microorganismi (e i virus). Sono poi disponibili sul mercato altri tipi di purificatori (a filtro, a ionizzazione, al plasma), ma le informazioni su queste tecnologie non sono documentate, per questa applicazione, come per i purificatori fotocatalitici.
Come funziona il processo fotocatalitico?
Il processo fotocatalitico determina la formazione di specie altamente reattive che, in una serie di reazioni a catena vanno a ossidare completamente le molecole organiche presenti nell’ambiente circostante, fino alla formazione di anidride carbonica e acqua. In questo modo si disattivano anche sostanze patogene come virus, batteri, funghi e prioni. Questa tecnologia tuttavia è complessa e costosa.
Per quanto tempo sono efficaci?
L’efficacia dei purificatori non è eterna, ovviamente. Se le superfici si contaminano, devono essere rigenerate. È chiaro che purificatori di basso costo e gestiti in maniera non appropriata possono essere non efficaci.
Quanto deve essere ampio il locale affinché siano efficaci?
I sistemi disponibili sul mercato domestico, utilizzabili negli uffici, sono progettati per superfici fino a 150-300 metri quadrati. Per rispondere alle esigenze di grandi ambienti, è necessario predisporre dei sistemi in grado di collegarsi all’impianto di condizionamento dell’aria, con un opportuno scaling-up e un aumento delle dimensioni dell’apparecchiatura. L’argomento è comunque complesso. L’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato il “Rapporto ISS Covid-19 n. 12/2021” in cui descrive diverse tecnologie e ne illustra i limiti, oltre che i vantaggi.
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Tag: covid-19, purificatori d’aria, vaccinazione.