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Concessioni balneari, lunedì la battaglia in aula di FdI. Ma la “lobby” delle spiagge è trasversale

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L’Europa chiede da anni all’Italia di liberalizzare il settore degli stabilimenti balneari attraverso la direttiva Bolkestein, cioè mettendo a gara pubblica le concessioni, al momento (e da decenni) praticamente regalate, con canoni d’affitto che per un normale cittadino sono quelli di un appartamento in città. Passano i governi ma tutto resta immutato e lunedì in aula alla Camera ripartirà la discussione grazie anche alla proposta di Fratelli d’Italia – a cui si oppongono 5 Stelle e centrosinistra – di rinnovare per altri 99 anni il privilegio degli imprenditori che di fatto si sentono proprietari di terreni demaniali (alcuni addirittura li subaffittano a prezzi salatissimi).

Ma al di là dell’argomento noto, passa spesso in secondo piano il palese conflitto di interessi di parlamentari che si occupano direttamente della materia e che contemporaneamente hanno attività nel settore. Riccardo Zucconi di Fdi, ad esempio, è il promotore della proposta della super proroga, anche a costo di far multare l’Italia, dato che dal dicembre 2020 ci troviamo già in pre-procedura di infrazione europea sul tema della concorrenza. Viareggino, è gestore di un bar e ristorante in uno dei migliori edifici liberty della città del Carnevale, il Gran Caffè Margherita. Casualità?

Nel Pd la questione balneari è seguita da Umberto Buratti, ex sindaco di Forte dei Marmi. Pochi giorni fa ha parlato ad un incontro nelle Marche organizzato dai dem dal titolo “Per superare la Bolkestein”, ovvero “l’analisi delle ipotesi percorribili per andare incontro alle esigenze dei balneari e di chi porta avanti attività in aree demaniali”; questo alla luce della sentenza emessa a novembre scorso dal Consiglio di Stato, il quale ha stabilito che la durata delle concessioni non deve andare oltre la fine del 2023 e senza la possibilità di proroga, pena lo status di abusivi. Bene, Buratti, che è commercialista, fino a ottobre scorso era socio al 16,6 per cento del bagno Impero a Forte dei Marmi, di “Buratti Pietro e Buratti Anzio & C. S.n.c”. Insomma, un affare di famiglia, visto che ora restano i cugini al comando.

Nella Lega, che da anni tuona contro la Bolkestein colpevole di minacciare i diritti decennali (alcuni vecchi di oltre cento anni) e senza concorrenza di questi imprenditori, c’è la riminese Elena Raffaelli, deputata, socio accomandante di Bagno 88 e Bagno 87. A Bruxelles invece nel 2019 Matteo Salvini ha mandato il patron del celebre Papeete di Milano Marittima, Massimo Casanova.

In Forza Italia troviamo Massimo Mallegni, ex sindaco di Pietrasanta (Lucca), ora senatore. Prima di Natale giurava: “Mai sosterrò una legge che distrugge il settore balneare e che caccia di casa e dal lavoro migliaia di famiglie che hanno fatto la storia del turismo italiano”. Comprensibile se si pensa che tra le famiglie in questione c’è anche la sua: lui stesso era proprietario di hotel e di uno stabilimento tra Marina di Pietrasanta e Pietrasanta, senza dimenticare il bagno Felice del fratello Marco.

Poi ecco un’altra storica esponente della destra di Fdi, la senatrice Daniela Santanché, in società con Flavio Briatore a Forte dei Marmi, con il loro Twiga che fa affari d’oro. In un moto di sincerità, Briatore stesso spiegò alle Iene che a voler essere onesti il canone d’affitto per gli stabilimenti avrebbe dovuto essere aumentato di almeno 5-6 volte.

L’elenco dei “fiancheggiatori” è comunque più lungo, a farne i nomi furono gli stessi imprenditori del settore sulla loro rivista Mondo balneare: tra gli altri, Gian Marco Centinaio, Edoardo Rixi e Stefania Pucciarelli della Lega, Maurizio Gasparri e Deborah Bergamini di Forza Italia, Enrico Costa di Azione. Gli anni nel frattempo scorrono, come detto parlamenti e governi puntano alla conservazione: chissà come mai.

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