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Oggi al lavoro con il Super Pass. Dagli uffici ai campi ecco chi rischia

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ROMA – I liberi professionisti e i dipendenti pubblici e privati che finora sono riusciti a evitare controlli alternando smart working e tamponi. I lavoratori agricoli che svolgono la loro attività all’aria aperta, le partive Iva che lavorano in piena autonomia. È tra queste categorie che va cercata probabilmente la maggior parte di quel mezzo milione di cinquantenni irriducibili che da oggi non possono più entrare nei posti di lavoro con il Green Pass semplice. Nelle fabbriche non ci sono numeri importanti, tali da creare problemi di organizzazione, assicura Confindustria. Stessa indicazione da Confartigianato e da Alleanza Cooperative.

E neanche nei bar e nei ristoranti, spiega Luciano Sbraga, direttore dell’Ufficio studi Fipe-Confcommercio: «Abbiamo una forza lavoro molto giovane, su 100 dipendenti il numero degli over 50 è di circa il 18%. E quindi i nostri associati non ci segnalano quindi particolari tensioni. Certo in quel 18%, che corrisponde a 120 mila lavoratori, ci potrebbe essere chi ha resistito alla moral suasion sul vaccino, ma non credo che si tratti di numeri significativi».

Neanche i sindacati dei trasporti segnalano particolari allarmi, nonostante, soprattutto all’estero, il settore della logistica sia al centro delle battaglie No Vax: «Il Green Pass è richiesto per il carico e lo scarico delle merci, impossibile da tempo farne a meno per gli autisti», spiega la Filt-Cgil.

Nella Pubblica amministrazione a dicembre c’erano ancora 200mila dipendenti non vaccinati: meno del 10%, certo, e sicuramente un numero che da allora si è ridotto, per via della stretta sulle norme, e soprattutto del rientro in presenza disposto dal ministro Renato Brunetta. Infatti dal 15 ottobre il lavoro in presenza è ridiventato la modalità ordinaria di lavoro della Pa, e lo smart working non può superare il 49% dell’orario. Ma tra i 200mila la stragrande maggioranza sono sicuramente ultracinquantenni, visto che è l’età media nella Pubblica amministrazione, che conta anche mezzo milione di dipendenti ultrasessantenni.

Calcolando che dunque negli uffici pubblici ci potrebbero essere diverse decine di migliaia di lavoratori che da oggi verranno sospesi dal lavoro e dallo stipendio, il segretario generale della UilPa Sandro Colombi teme ricadute sull’organizzazione: «Si tratta di una minoranza di non vaccinati che, per quanto esigua, potrebbe mandare in crisi molti uffici che già si trovano in grossa difficoltà per la cronica carenza di risorse umane». E solleva un problema di equità: «Privare completamente un lavoratore dei mezzi di sostentamento è un atto troppo pesante, specialmente in una fase in cui il costo della vita sta salendo alle stelle a causa dell’inflazione. Pochi giorni fa una sentenza del Tar ha dato ragione in questo senso a un dipendente del ministero della Giustizia».

L’obbligo vaccinale potrebbe coinvolgere anche un numero importante di lavoratori agricoli, rileva il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti: «In Italia, quasi il 35% della manodopera in agricoltura ha più di 50 anni. Stando ai dati Inps, l’obbligo vaccinale riguarda 356.070 operai ». Potrebbe essere un problema, alla vigilia della stagione dei primi raccolti e con diverse questioni irrisolte sull’arrivo dei lavoratori stranieri, osserva Giansanti, pur dichiarandosi pienamente d’accordo sull’obbligo vaccinale.

Tra i non vaccinati potrebbero esserci anche liberi professionisti e partite Iva, ragiona il presidente di Confprofessioni Gaetano Stella: «Io ritengo che l’obbligo di vaccino sia una misura giusta, ma credo che si ci sia ancora negli studi professionali una certa quota di non vaccinati, che hanno continuato a fare il tampone per poter lavorare». Secondo l’ultimo rapporto di Confprofessioni i professionisti con più di 54 anni sono 425 mila su 1,2 milioni.

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