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Dalla ‘blue whale’ al ‘train surfing’. FdI propone il reato di ‘challenge’: carcere fino a 3 anni

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Dalla ‘blue whale’ al ‘train surfing’, passando per la ‘bird box’ e lo ‘skull breaker’. Presto in Italia chi parteciperà alle cosiddette ‘challenge’, le sfide estreme che vengono lanciate sui social per diventare spesso virali quanto – diverse volte – pericolose, potrebbe rischiare la detenzione da 1 a 3 anni. È quanto prevede una proposta di legge presentata dal deputato di Fratelli d’Italia, Dario Iaia, illustrata nella sala stampa della Camera insieme al capogruppo di FdI, Tommaso Foti. Che prevede l’introduzione dell’articolo 580-bis nel Codice penale che istituisce il reato di ‘sfide estreme’.

“Chiunque, al fine di promuovere o partecipare a sfide estreme, di qualunque natura esse siano, pone in pericolo la propria o l’altrui incolumità, è punito con la reclusione da uno a tre anni”, si legge nell’articolo contenuto nella pdl. La pena è aumentata nei confronti del promotore, nel caso in cui la condotta è diffusa online, e nel caso in cui venga utilizzato nella ‘challenge’ qualsiasi mezzo di trasporto pubblico o privato. Nella proposta si prevede inoltre una sospensione condizionale della pena “subordinata alla frequenza di un adeguato corso di recupero psicologico”.

Nella conferenza stampa di presentazione, Iaia ha citato fenomeni come quello del ‘train surfing’, che consiste nell’aggrapparsi o nel camminare sui vagoni dei treni in corsa: “Episodi folli che si concludono spesso con semplici multe. Prevenzione ed educazione – ha detto – sono importanti, ma anche la sanzione ha un suo peso. Il nostro obiettivo è quello di gettare una pietra nello stagno e aprire un dibattito pubblico”.

“Sono mode disastrose per la nostra società, noi dobbiamo mettere al centro la vita delle persone e non i follower”, ha dichiarato il capogruppo di FdI Tommaso Foti. “Le piattaforme sono utilissime – ha spiegato – ma dobbiamo porre dei limiti quando le stesse alimentano fenomeni che si concludono con la morte. Nonostante la difficoltà di agire su piattaforme con sedi all’estero, una pdl come questa può essere lo strumento per iniziare a far prevalere la responsabilità civile per la diffusione di contenuti di un certo tipo”. Foti ha quindi invitato “chi si oppone alla tesi della pdl ad avanzare proposte alternative”.

 

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