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PARIGI – L’intellettuale Caroline Fourest, direttrice del settimanale Franc-Tireur, esperta dei sistemi di disinformazione, aveva denunciato già qualche settimana fa la «guerra ibrida» della Russia contro i Giochi di Parigi. «Oggi la vediamo in azione – osserva Fourest a proposito della polemica sulla pugile Imane Khelif – ma come prima risposta vorrei dire che non dobbiamo cadere in una trappola».
L’intellettuale Caroline Fourest
Quale?
«Non è sufficiente dire che sono solo fake news o che si tratta unicamente di una manipolazione dell’estrema destra filo-russa. Dobbiamo smascherare l’elemento irrazionale ed eccessivo di questa campagna di disinformazione sulla pugile algerina ma al tempo stesso riconoscere che esiste un dibattito legittimo su come creare categorie sportive che aiutino a ristabilire l’equilibrio delle gare. La questione di genere esiste, attraversa lo sport, ma deve essere affrontata in modo pacato e sereno, e non nella precipitazione di un ritiro sportivo che viene poi strumentalizzato».
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Che idea si è fatta dell’abbandono di Angela Carini?
«Al di là delle reali motivazioni della pugile italiana, mi pare chiaro che siamo di fronte a un tipico ‘blitz disinformativo’. Ripartiamo dall’inizio. Si sparge questa voce, spinta dall’agenzia russa Tass, secondo cui la pugile algerina non avrebbe superato un test di femminilità della federazione pugilato Iba. Prima obiezione: la federazione nega che ci sia stato un test cromosomico, quindi di cosa parliamo? Un test di femminilità non significa nulla. Seconda obiezione: la squalifica della pugile algerina è stata decisa da una federazione che non è più riconosciuta dal Cio proprio perché è nelle mani di Gazprom e dei russi, con gravi problemi di affidabilità. Quindi abbiamo una federazione di pugilato screditata nel mondo dello sport che fa un test di femminilità che non corrisponde a nulla, ingigantito da un’agenzia russa per far passare per uomo una pugile donna. Che sia una donna lo dice l’anagrafe, le sue foto di bambina. Ecco però riuniti tutti gli ingredienti per creare esattamente il tipo di polemica che piace ai robot russi e all’estrema destra, dentro all’obiettivo di impedire il normale svolgimento di questi Giochi».
Perché?
«Parigi 2024 è una bestia nera per Vladimir Putin. Tutti i sistemi russi di disinformazione sono mobilitati in questa fase. E la questione di genere è una delle loro tante ossessioni per radicalizzare opinioni e consentire la polarizzazione del dibattito come sta avvenendo sulla pugile algerina. Prima dell’apertura dei Giochi, abbiamo pubblicato su Franc-Tireur una lunga inchiesta con il ricercatore David Colon, dimostrando che la Russia ha creato da zero siti e profili assomiglianti a normali testate informative per produrre e diffondere fake news sui Parigi 2024. Il servizio di disinformazione del Gru – l’intelligence militare russa – grazie all’intelligenza artificiale può creare in pochi minuti centinaia di migliaia di account falsi e commenti che sembrano veri. A quel punto molti profili reali, che ritrovano contenuti che corrispondono alla loro visione del mondo, amplificano la diffusione. A dare forza a tutta l’operazione arrivano gli account ufficiali dei soliti profili dell’estrema destra filorussa. Il sostegno finanziario della Russia a questi partiti è stato già evocato in passato. La somma di tutti questi meccanismi rende molto facile seminare il caos su un argomento delicato o sensibile».
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E’ stato così anche per la polemica sul banchetto queer descritto come una parodia dell’Ultima Cena?
«Il meccanismo è lo stesso. Cos’è successo ? C’era un momento della cerimonia che poteva essere vagamente ispirato al dipinto di Leonardo da Vinci. Ma c’era anche un cantante (Philippe Katherine, ndr.) dipinto di blu con una corona d’uva in testa, chiaro riferimento Dioniso, il dio della festa e del vino, sul tema greco dell’Olimpo. I robot russi sono riusciti ad amplificare la voce di tutti coloro che volevano vedere Gesù, e non Dioniso. Dal mio punto di vista non sarebbe grave se fosse stata un’ispirazione all’Ultima Cena, farebbe parte di un approccio artistico dissacrante tipicamente francese. Fatto sta che l’autore dello spettacolo, il regista Thomas Jolly, nega e dice che voleva mostrare un banchetto pagano. Anche in questo caso, la propaganda russa ha funzionato nel distorcere la realtà. Fa parte della guerra ibrida che la Russia sta conducendo contro l’Occidente. Queste Olimpiadi, in cui i russi non sono presenti a causa della loro invasione dell’Ucraina, si tengono in Francia, uno dei paesi che tiene testa a Mosca nel conflitto. Sono due motivi sufficienti per cercare di destabilizzare Parigi 2024 con ogni mezzo».
Sulla pugile Khelif come sullo spettacolo di Thomas Jolly non c’è un dibattito legittimo, ma una campagna di odio. Jolly ha ricevuto minacce di morte.
«Ilrischio che un terrorista di estrema destra spari a Jolly o a qualcun altro coinvolto in queste campagne diventa serio. La minaccia islamica in Francia non è diminuita, ma il rischio di terrorismo estremista di destra è il secondo più alto a causa del livello di odio riversato continuamente nel dibattito. Non c’è solo una questione di manipolazione geopolitica o informativa, bisogna anche tenere presente che queste derive possono mettere in pericolo la vita persone».
C’è un modo di difendersi?
«Scontiamo ancora una dose di ingenuità tra chi deve difendere le nostre democrazie, ma stiamo facendo progressi. In Francia, per molto tempo i servizi segreti francesi non hanno osato parlare di questi tentativi di destabilizzazione. Più di un anno fa, è stato invece deciso di iniziare a comunicare apertamente sulle operazioni intercettate. Ci vorrà del tempo. Siamo partiti in ritardo. Ci sono addirittura studi che dimostrano che sui social la menzogna viaggia sei volte più veloce della verità. Si tratta quindi di una guerra ibrida e asimmetrica. L’unico modo di provare a vincere è identificare e smascherare questi meccanismi di manipolazione, spiegando ai cittadini cosa li guida e perché. È come una gara di 100 metri. La verità viaggia più lentamente, ma quando arriva ha l’ultima parola».