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Bologna, l’ex referente dei servizi sociali accoltellato da un padre che aveva perso la custodia dei figli è in salvo. “Fate il tifo per me”. La moglie: “Siamo sconvolti”

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BOLOGNA – «È stato un grande sconquasso. Scusatemi, non riesco a parlare della vicenda di mio marito, è stata un po’ troppo grossa». Il dramma che sta vivendo la famiglia di Domenico Pennizzotto, il dipendente comunale di 63 anni accoltellato nove volte all’addome e al braccio mentre si trovava al bar del Baraccano venerdì pomeriggio, sta tutto nelle poche parole pronunciate da sua moglie, Giovanna Battistini. Anche lei impegnata nel sociale e in politica, con un passato da assessora con delega ai Rapporti con il volontariato a Castel Maggiore. Non è riuscita ad aggiungere altro, mentre suo marito veniva trasferito dal reparto di Rianimazione a quello di Chirurgia del trauma.

Sta meglio, dopo due delicatissimi interventi andati a buon fine. Al punto che, nonostante la sofferenza, è riuscito a inviare un breve messaggio audio agli amici più intimi, per salutarli e rincuorarli e chiedere il loro sostegno: “Fate il tifo per me”.

L’aggressore voleva uccidere

Il suo aggressore, Paolo Tiralongo, senza dimora di 57 anni, che secondo la polizia covava nei suoi confronti un profondo sentimento di vendetta maturato quando Pennizzotto lavorava come referente dei servizi sociali al quartiere Navile, è in carcere. Gravissima l’accusa: tentato omicidio, con la probabile aggravante della premeditazione. Per gli inquirenti, infatti, il 57enne di origine siciliana voleva “punire” Pennizzotto, ritenuto responsabile del mancato affidamento dei figli, nel 2018. Una rabbia covata per anni.

Per il capo della Squadra Mobile Roberto Pititto quella dell’aggressore è «una situazione familiare di altissimo disagio». Una storia fortemente problematica, che Pennizzotto si era trovato a gestire. L’uomo, che ha precedenti per furto e lesioni, era già stato accusato di tentato omicidio nel 2013, quando aggredì sempre con un coltello il compagno dell’ex moglie. Ed è anche per questa ragione che, cinque anni dopo, l’affidamento dei due ragazzi, uno dei quali è ancora minorenne, è stato dato alla madre.

I testimoni

Una decisione che il 57enne non avrebbe mai accettato. Dopo anni si è scagliato contro Pennizzotto che nel frattempo aveva cambiato ruolo, spostandosi all’Ufficio Reti del quartiere Santo Stefano. Un’azione premeditata. Secondo i testimoni presenti al bar del Baraccano al momento dell’aggressione, avvicinandosi a Pennizzotto l’uomo lo avrebbe apostrofato così: «Domenico, ti ricordi di me?». Poi la raffica di coltellate e la frase sprezzante: «Così impari a impicciarti dei figli degli altri».

Pennizzotto aveva scelto di cambiare ruolo perché stanco, come aveva confidato alle persone a lui più vicine, e «provato» per via dei rischi sempre più crescenti di un lavoro in prima linea come quello dell’assistente sociale.

La premeditazione

Non appena sarà in condizioni di parlare, Pennizzotto sarà sentito dagli inquirenti. Gli agenti, coordinati dalla pm Beatrice Ronchi, di una cosa sono comunque certi: «L’obiettivo dell’aggressore era assolutamente quello di uccidere. Nove fendenti ci fanno ritenere che l’intento fosse quello».

Difeso d’ufficio dall’avvocata Loredana Pastore, Tiralongo è in carcere in attesa dell’udienza di convalida, con la gip Maria Cristina Sarli. L’interrogatorio di garanzia dovrebbe svolgersi nelle prossime ore. Davanti alla giudice l’indagato potrebbe avvalersi della facoltà di non rispondere, ma è difficile che neghi le sue responsabilità, essendo stato colto quasi in flagranza, in una stradina a pochi passi dal Baraccano, con i vestiti e con uno dei tre coltelli che aveva in tasca sporchi di sangue.

La solidarietà a Domenico

A stringersi intorno all’ex assistente sociale e alla sua famiglia sono due comunità: quella di Bologna – col sindaco e la sua vice che venerdì sono corsi al Maggiore – e quella di Castel Maggiore. «Domenico è da sempre impegnato professionalmente nel mondo del sociale e della cittadinanza attiva – scrive il Pd di Castel Maggiore – Oggi è un mondo di frontiera per il disagio della nostra società. Disagio che si sta trasformando anche in atti di violenza nei confronti dei tanti operatori nel mondo della sanità e del sociale: tutto ciò è inaccettabile».

 

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