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Lorenzo Biagi: “Boccaccini uomo libero? Provo una gran rabbia, per i brigatisti non dovrebbero esserci sconti di pena”

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BOLOGNA – “Boccaccini è libero? Che rabbia”. Reagisce così Lorenzo Biagi, il figlio più piccolo del giuslavorista ucciso dalle Nuove Br sotto casa, a Bologna, il 19 marzo 2002. Simone Boccaccini, accusato di aver partecipato ai pedinamenti per la preparazione dell’agguato, era stato condannato all’ergastolo con pena ridotta nel 2006 a 21 anni in appello (gli furono riconosciute le attenuanti generiche), sentenza confermata in Cassazione nel 2007. E’ uscito dal carcere due giorni fa, giovedì 8 agosto, dopo aver saldato i conti con la giustizia.

Lo ripete anche ora, non ha cambiato idea. “Provo tanta rabbia”, dice a caldo. “E’ una notizia di cui prendo atto, si sapeva già. Per me non dovrebbero esserci sconti di pena per i terroristi, ma la giustizia italiana funziona così. Mi ferisce in modo profondo sapere che lui è adesso un uomo libero, ma non posso farci niente. Vado avanti e li ignoro, perché l’indifferenza nei confronti di chi ha ucciso mio babbo è il modo per andare avanti nella mia vita, che è l’unica cosa che conta”.

Aveva 13 anni quando suo babbo fu ucciso sotto casa. Freddato nel rientro dal lavoro in bicicletta, solo perché lo Stato gli aveva negato la riassegnazione della scorta, tolta nel 2001, nonostante le insistenze dello studioso allarmato per la sua incolumità. Nessuno si mosse. A processo l’ex Br Cinzia Banelli affermò che se avesse avuto la scorta non sarebbero riusciti ad ammazzarlo.

Il legale: “Senso di tristezza dal punto di vista umano”

L’avvocato Guido Magnisi, legale della famiglia Biagi, riflette: “Bisogna confrontare il dramma delle parti lese e parti civili con il tema delle legislazioni e il garantismo. È una notizia molto importante quella della buona condotta e dell’atteggiamento disponibile”.

E aggiunge: “La mia riflessione umana è un senso di tristezza rispetto alla vicenda e a quello che è accaduto, e rispetto alla memoria di Marco Biagi. Ma da avvocato garantista ritengo che l’espiazione deve anche liberare, è un effetto necessario. Si spera che l’esperienza avuta sia stata utile”.

Dunque la buona condotta va riconosciuta anche ai terroristi? “Una volta che l’espiazione c’è stata, un paese civile deve permettere che l’espiazione consumata della pena dia una possibilità, altrimenti ci troveremmo nell’assurdità che sia punitiva e non rieducativa”.

Il delitto Biagi e la condanna per l’omicidio D’Antona

Marco Biagi fu ucciso con la stessa arma usata per D’Antona. Le Nuove Brigate Rosse rivendicarono anche questo agguato. Entrambi gli studiosi finirono nel mirino in quanto entrambi impegnati nella riforma del mercato del lavoro. Per l’omicidio di Marco Biagi sono stati condannati all’ergastolo Nadia Desdemona Lioce, Roberto Morandi, Marco Mezzasalma e Diana Blefari.

Nadia Lioce insieme a Mario Galesi era, per l’accusa, la mente delle nuove Brigate rosse. Fu arrestata il 2 marzo 2003 dopo la sparatoria sul treno interregionale 2304 Roma-Firenze in cui morirono il sovrintendente della Polfer Emanuele Petri e lo stesso Galesi. La Cassazione ha confermato per lei già l’ergastolo per l’omicidio dell’agente.

Roberto Morandi arrivò in via Valdonica quel 19 marzo 2002 in motorino, insieme a Galesi. Galesi sparò a Biagi ma Morandi avrebbe dovuto farlo al suo posto nel caso qualcosa fosse andato storto. Marco Mezzasalma, ingegnere romano di 47 anni, è considerato dagli inquirenti l’esperto informatico delle Br: è sua l’impronta trovata sul computer utilizzato per inviare l’e-mail con la rivendicazione del delitto. Diana Blefari, suicida in carcere nel 2019, è invece l’affittuaria del covo Br in via Montecuccoli. L’ultimo condannato Simone Boccaccini, fiorentino di 47 anni, per gli inquirenti è il ‘compagno Carlo’, il militante che avrebbe dovuto andare a prendere Morandi dopo il delitto. Il 12 marzo del 2002 fu fermato dai carabinieri pe run controllo insieme a Morandi nei pressi di Porretta mentre rientravano da Bologna a Firenze.

Morandi, Mezzasalma e Lioce furono condannati nel 2007 in via definitiva anche per l’omicidio di Massimo D’Antona, il professore consulente giuridico del Ministero del Lavoro, ucciso il 20 maggio 1999. Per la morte di D’Antona, Simone Boccaccini fu condannato a cinque anni e otto mesi per associazione sovversiva. Fondamentale per smantellare le Nuove Br, formate in realtà da pochi militanti, fu il pentimento della brigatista Cinzia Banelli. La terrorista, condannata per gli omicidi D’Antona e Biagi, decise di collaborare. Fu casuale, ma uscì dal carcere nel giorno del sesto anniversario della morte di D’Antona.

“Bologna vicina alla famiglia Biagi”

“Esprimo la vicinanza e quella della città alla famiglia Biagi. La notizia della scarcerazione per buona condotta di una persona coinvolta nel piano che uccise il professor Biagi è davvero una decisione che ci sconvolge”. Lo dice il sindaco di Bologna Matteo Lepore.

 

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