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Sono l’unico che oggi sale sul locale che conduce all’aeroporto di Catania, m’illudo mentre alle sette e trenta del mattino di Ferragosto metto piede nella stazioncina di Fiumefreddo di Sicilia.
Aduso a inveterate pedagogie familiari sulla necessità di aspettare “qualche minuto in più sui binari piuttosto che perdere il treno”, mi sono presentato con mezz’ora di anticipo.