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Liguria, le ragioni del dietrofront di Bucci, il “Doge pigliatutto” candidato all’eredità di Toti: “Devo, me lo chiede Meloni”

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La pax di coalizione val bene una scommessa, a maggior ragione a un mese e mezzo dal primo voto dell’autunno difficile che attende le forze di governo. Si spiega così, tra Roma e la Liguria, il calcolo che nelle ultime 48 ore ha portato i leader nazionali del centrodestra prima a chiedere e poi varare la candidatura alle prossime Regionali del sindaco di Genova Marco Bucci.

Una puntata rischia tutto, pensata nonostante il no già ricevuto in estate da Matteo Salvini e portata a casa da Giorgia Meloni nel pieno dello stallo sulla scelta del candidato presidente, impantanata per giorni sugli unici due nomi sul tavolo, quelli di Edoardo Rixi e della deputata Ilaria Cavo, che risolve almeno un problema a livello nazionale, ma lascia più di un dubbio sul terreno locale. Permettendo di rinviare di qualche mese la resa dei conti tra FdI e Lega sulle scelte del futuro, la candidatura in Veneto per prima, ma certificando tutti i rischi del caso.

Se è vero che l’investitura a sorpresa del sindaco rimane colpo ad effetto, e rilancia le possibilità del centrodestra terremotato dall’inchiesta sul sistema dell’ex governatore Giovanni Toti, la puntata porta anche tante incognite con sé. Dalle stesse condizioni di salute del primo cittadino, da mesi in piena terapia («Non sarà una passeggiata, ma i medici mi hanno detto si può fare», chiariva sul tema ieri) ai riflessi sul Comune, dove una sua elezione porterebbe alla caduta della giunta e (un altro) voto anticipato.

Dagli innumerevoli ruoli dalla difficile compatibilità con un impegno in Regione, che nel centrosinistra portano a chiamarlo “Il Doge pigliatutto” (tra questi, la nomina di commissario del progetto della nuova diga del porto) alla piena organicità nell’era totiana, i nove anni di governo regionale finiti sotto inchiesta e terminati con la caduta dell’ex presidente Toti. Che ha certificato sui social il passaggio di consegne («Ora tocca a te»), e nonostante le promesse di continuità dei leader del fronte, Salvini in testa, pare sempre più lontano dal poter dare le carte nella coalizione della sua (fu) maggioranza. Con lo stesso Bucci che potrebbe accoglierne i reduci nella lista civica del candidato presidente, al netto di tutte le cautele post inchiesta («Accetterò solo finanziamenti dei partiti politici, per sicurezza», dice, e il riferimento va all’inchiesta su quelli dell’era Toti).

«Mi candido perché a questo punto non potevo tirarmi indietro, soprattutto dopo la richiesta della premier: non posso permettere la regione finisca nelle mani dei signori del no a tutto», spiegava ieri Bucci il ripensamento che l’ha portato a rivedere quello che diceva non più tardi di dieci giorni fa, quando dichiarava di non potersi candidare per «non prendere in giro gli elettori». A fargli cambiare idea, oltre alla lunga telefonata di Meloni («La decisione politica l’ha presa lei, quella personale l’ha lasciata a me»), la mancanza di alternative, si ammette da destra.

Se la carta Bucci rilancia le quotazioni del centrodestra soprattutto a Genova, primo bacino di voti della regione dove il consenso di Bucci è altissimo sin dai tempi della ricostruzione dopo il crollo del ponte Morandi, è vero del resto che «rimane quella della disperazione», si punge da sinistra, dove la mossa non ha scatenato le fibrillazioni che ci si aspettava. «Bucci è stato un bravo sindaco, ma stavolta non lo appoggeremo», ha chiarito via social Matteo Renzi, confermando la virata di Iv, che ritirerà il sostegno alla giunta di centrodestra in Comune a genova. «Noi a Genova eravamo già all’opposizione», ricorda Carlo Calenda.

«Sono scappati tutti, e sono stati costretti a cercare Bucci», avrebbe poi confessato il candidato del campo, Andrea Orlando, ai suoi. Non hanno voluto fare un torto a Toti, e si capisce anche da come tutti i leader nazionali del centrodestra abbiano sottolineato il tema della continuità, si fa notare dall’entourage dell’ex ministro dem. Un «buon segnale», si definisce: vuol dire che «giochiamo la partita in vantaggio».

 

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