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Svolta clamorosa e improvvisa nell’inchiesta per corruzione elettorale che ha travolto negli scorsi mesi la Regione Liguria. L’ex governatore Giovanni Toti si è accordato, attraverso il suo avvocato Stefano Savi, con la Procura di Genova per patteggiare una pena di due anni e un mese, da scontare tramite 1500 ore di lavori di pubblica utilità che andranno definiti prossimamente, e la confisca di 84.100 euro.
Ora l’ultima parola spetta al Gip ma l’esito visto l’accordo tra le parti, appare scontato. Ha trovato l’ok al patteggiamento anche l’ex presidente del porto di Genova Paolo Signorini: la pena di tre anni e cinque mesi gli dovrebbe permettere di evitare il carcere.
Ancora non è chiaro l’orientamento dell’altro grande imputato, ovvero l’imprenditore Aldo Spinelli, anche lui a giudizio immediato come Toti e Signorini.
Toti era stato arrestato e messo ai domiciliari il 7 maggio e a inizio agosto era stato rimesso in libertà dopo le sue dimissioni formali da presidente della Regione Liguria, dove il 27 e 28 ottobre si andrà al voto, con le candidature di Andrea Orlando per il centrosinistra e del sindaco di Genova Marco Bucci per il centrodestra.
Il patteggiamento è riferito alle accusa di corruzione impropria e finanziamento illecito ai partiti. E naturalmente viene visto da prospettive molto diverse dagli inquirenti e dallo stesso Toti. Per l’accusa non può che essere considerato come un riconoscimento della bontà del lavoro svolto finora. Per l’ex governatore, invece «come tutte le transazioni suscitano sentimenti opposti: da un lato l’amarezza di non perseguire fino in fondo le nostre ragioni di innocenza, dall’altro il sollievo di vederne riconoscere una buona parte».
Toti, assistito dal legale Stefano Savi, spiega poi che «resta quel reato “di contesto” definito corruzione impropria, legato non ad atti ma ad atteggiamenti, una accusa difficile da provare per la sua evanescenza, ma altrettanto difficile da smontare per le stesse ragioni».