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“Riesumate la salma di Matacena”. La vedova indagata per omicidio

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Il viveur che nell’inverno assai mite di Reggio Calabria passeggiava in pelliccia di ermellino sul corso principale con al braccio modelle, volti della tv e miss, e il referente dei clan, in grado di piazzare a capo della Provincia un semisconosciuto che sbigliettava sui suoi traghetti. Il politico su cui la ‘ndrangheta ha puntato per tirare la volata alla nascente Forza Italia, erede del monopolio di fatto dell’attraversamento dello Stretto, e il latitante, che ciclicamente da Dubai si dichiarava povero in canna.

Ha avuto mille volti e forse mille vite e segreti, l’ex deputato di Forza Italia Amedeo Matacena, nel settembre di due anni fa ucciso, almeno ufficialmente, da un infarto negli Emirati, dove da anni sfuggiva a una condanna definitiva come referente del clan Rosmini. E adesso anche la sua morte è un mistero, su cui la procura antimafia di Reggio Calabria vuole vederci chiaro.

Per ordine del procuratore reggente Giuseppe Lombardo, dell’aggiunto Stefano Musolino e della pm Sara Parezzan, la salma dell’ex parlamentare sarà riesumata insieme a quella della madre, Raffaella De Carolis, e su entrambe saranno eseguiti autopsie e approfonditi esami tossicologici. Il sospetto è il medesimo: la morte che li ha sorpresi improvvisamente — un malore lei, un infarto lui — a pochi mesi di distanza, non è stato un evento naturale. E dietro ci sarebbe un’unica mano, quella dell’ultima moglie di Matacena, Maria Pia Tropepi, ex modella, medico e proprietaria di un impero con radici nella chirurgia estetica e tentacoli allungati fino al real estate, oggi indagata per duplice omicidio.

Movente? Il tesoro ufficiale di Matacena e forse quello che era riuscito nei decenni a nascondere agli occhi di inquirenti e investigatori, sparpagliandolo fra conti correnti, società estere e trust, più l’eredità della madre. «Ci sono due testamenti — dicono spifferi investigativi — uno redatto in epoca precedente alla latitanza, in cui viene lasciato tutto al figlio Athos e uno che avrebbe in mano la nuova compagna».

Tarocco, è l’ipotesi dell’accusa, che a Tropepi contesta anche tutta una serie di reati, avvenuti prima e dopo la morte dell’ex parlamentare di Forza Italia: circonvenzione di incapace — plausibilmente Raffaella De Carolis, forse convinta con l’inganno a trasferirsi improvvisamente a Dubai — accesso abusivo a sistema informatico, estorsione, procurata inosservanza di misure di sicurezza detentive e autoriciclaggio. Segno che la donna ha avuto un ruolo nella latitanza di Matacena anche prima della grande storia d’amore raccontata sui social? Si capirà.

Di certo, non avrebbe agito da sola. Con lei, è indagato anche il figlio 23enne, Giovanni Rispoli, ma anche una vecchia conoscenza della procura di Reggio Calabria, Martino Politi, storico braccio destro dell’ex parlamentare di Forza Italia, già in passato finito nei guai per aver aiutato Matacena a sparire, ma assolto da ogni accusa. In altro filone, è finito sotto inchiesta anche Elio, il fratello del politico, accusato di aver svuotato la casa della madre.

Nel fascicolo, sarebbero state riunite le denunce incrociate usate dai familiari di Matacena e dall’ultima compagna per reclamare le salme del politico e della madre, che lei avrebbe voluto cremare e loro pretendevano di seppellire in Italia. Una querelle a cui sarebbe stata la procura a mettere fine, con la formale apertura di un fascicolo.

Una storia di soldi, eredità contese, di avidità, beghe familiari che diventano progetti criminali. Ma forse non solo. Su Matacena non si sono mai spenti i fari. Per i magistrati, l’ex parlamentare non era semplicemente un politico in fuga da una condanna definitiva, ma uno dei principali indagati di un sistema pancriminale in grado di tenere insieme gli interessi economici, strategici e politici di diverse espressioni del potere: ‘ndranghetista, massonico, imprenditoriale. Spesso, hanno svelato le inchieste e confermato diverse sentenze, in larga parte sovrapponibili. È il filone su cui a Reggio Calabria da anni si lavora. E chissà se la lotta per l’eredità materiale di Matacena non finisca per far saltare il tappo e svelare quella criminale.

 

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