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Caro Direttore,
questa mattina sul suo giornale ho letto il nuovo, l’ultimo, l’ennesimo retroscena che mi riguarda. So bene che arginare il fiume delle voci e delle indiscrezioni è pratica molto difficile, se non impossibile, ma io non posso continuare a tollerare presunte ricostruzioni che non hanno il minimo contatto con la realtà.
L’articolo di oggi attribuisce alla mia famiglia «disistima» nei confronti di Giorgia Meloni e «scontentezza» per l’operato di Antonio Tajani alla guida di Forza Italia, quando in entrambi i casi è vero esattamente il contrario. La Repubblica descrive perfino pensieri e progetti che non ho, né ho mai avuto. Arriva addirittura a deformare il contenuto di incontri che fanno parte del mio ruolo e del mio lavoro, trasformandoli in assurde riunioni carbonare che nasconderebbero trame politiche da fantascienza.
Tutto molto affascinante, lo ammetto: quasi intrigante. Ma anche distante ventimila leghe dalla verità. Già, la verità… In un’epoca di fake news e di chiacchiere incontrollabili, conta ancora qualcosa?
Per questo le scrivo, caro Direttore: per rispetto del lavoro che fate e per rispetto del suo giornale. Ancor prima, però, per rispetto e per amor di verità. Forse sarò ostinata, e di certo le parrò all’antica, ma continuo a pensare che la realtà dei fatti conservi un valore. E che i «retroscena» possano avere un senso soltanto quando e se, da dietro il palcoscenico, descrivono una scena reale. Non un teatro – anzi un teatrino – che non c’è.
Cordialmente
Marina Berlusconi