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“Assalto alle poltrone Ue”. Il patto di Pontida tra i leader sovranisti

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ROMA — Pontida continua. Il gruppo dei Patrioti che si è materializzato sul palco del pratone non basta. Salvini, Orbán, Le Pen lavoreranno a più stretto contatto, in una sorta di cabina di regia permanente. Obiettivo: contrastare giorno per giorno le politiche di Ursula von der Leyen e della Commissione che sta per salpare. Ma soprattutto alzare la voce, farsi sentire, attaccare, rompere il cordone sanitario che Bruxelles ha eretto attorno ai duri e neri d’Europa. Il leader leghista si è intestato l’iniziativa del coordinamento, che dovrebbe coinvolgere anche gli olandesi di Wilders.

Nel fango con Orban

dal nostro inviato Francesco Merlo

07 Ottobre 2024

Pontida, nell’ottica del vicepremier italiano, come il battesimo di un’operazione politica di più ampio respiro, per andare oltre la photo opportunity e la passerella a beneficio delle telecamere. L’indice è puntato su Bruxelles. Ma le ricadute politiche saranno inevitabilmente anche sul governo di Roma. Il coordinamento dei Patrioti, sorta di internazionale sovranista, finirà col trasformarsi in una spina nel fianco destro di Giorgia Meloni.

Matteo Salvini l’ha chiamata, con tutta l’enfasi del caso, la “Santa alleanza dei popoli europei”. Quel che è certo è che l’asse tenterà di incidere nell’Europarlamento: è il terzo gruppo per iscritti, con 86 deputati. Ai Patrioti serve forzare la mano per ottenere ruoli e posti di comando, alzando se necessario il livello dello scontro con le istituzioni Ue. È già avvenuto con il ricorso alla Corte di giustizia dell’Unione, presentato in questi giorni proprio dai “Patriots for Europe” per denunciare la presunta discriminazione ai loro danni e chiedere di annullare le nomine votate nelle commissioni dopo le elezioni di giugno. Svariate, a loro dire, le violazioni al regolamento del Parlamento. Il cosiddetto cordone sanitario cozzerebbe con l’articolo 219 (“La diversità del Parlamento deve riflettersi nella composizione dell’ufficio di presidenza delle commissioni”). Dall’altra parte, al di là delle carte bollate, ci sono i leader che si uniscono contro il “sistema”. Salvini all’attacco della magistratura italiana («Se condannano me, condanneranno un intero popolo»), Viktor Orbán che indossa l’elmetto per colpire «i burocrati» europei, minacciando l’invio di migliaia di migranti sotto i loro uffici.

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I risultati elettorali in Germania e Austria portano acqua al mulino della destra continentale. L’Afd non è organica al gruppo, mentre l’Fpö sì. Ma il messaggio politico lanciato da Pontida è che le istituzioni europee non possono più ignorare le istanze sovraniste, negando vicepresidenti o questori del Parlamento, presidenti o vicepresidenti delle commissioni.

All’interno del gruppo non mancano i distinguo. L’atteggiamento dei francesi è più morbido e conciliante nei confronti dei vertici europei. Non a caso, Marine Le Pen e Jordan Bardella si sono limitati a mandare videomessaggi a Pontida. L’ambizione istituzionale del Rassemblement national si scontra con l’estremismo di Salvini e Orbán.

Il vicepremier dopo la kermesse di domenica pensa al suo processo. Raccontano i suoi che quasi spera in una condanna in primo grado al processo Open Arms di Palermo. Se il tribunale dovesse davvero condannarlo ad alcuni anni di carcere, Salvini potrebbe alimentare la sua campagna “in difesa dei confini” e continuare a indossare i panni della vittima lucrando consensi. Magari ai danni di FdI. È lo spartito che ha sempre preferito, del resto. Anche se Giulia Bongiorno gli ha suggerito di rinunciare per adesso alla piazza contro i giudici che era stata già annunciata per il 18 ottobre nel capoluogo siciliano, in concomitanza con l’arringa difensiva nel processo che lo vede imputato.

 

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