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Toti, il libro manifesto e il messaggio agli alleati: “Il centrodestra dovrebbe farmi un monumento”

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Non potendo far finta di niente, come se l’inchiesta che ha travolto lui, il suo mandato, la Regione Liguria, la sua (fu) maggioranza e «forse» – è la sua precisazione – un futuro politico non fosse mai esistita, a Giovanni Toti non rimaneva che rilanciare. La presentazione del suo libro post caduta, ieri, in scena a Terrazza Colombo proprio sotto il maxischermo simbolo del secondo filone d’inchiesta, è stata soprattutto questo, e tante altre cose insieme: un evento di autopromozione e la celebrazione di una linea di difesa, giuridica e soprattutto politica, un messaggio agli elettori e uno diretto ai fedelissimi come agli alleati.

«L’inchiesta non avrà il minimo peso sul voto», ribadisce l’ex governatore anche per riprendersi un suo spazio sulla scena, e sgomberare ogni possibile imbarazzo proprio nel giorno del sequestro preventivo di 175mila euro al comitato elettorale della sua lista. Un ritorno in politica per ora non sarebbe nei piani («Al momento siamo in modalità aereo e il volo è piuttosto lungo», dice), ma il suo ruolo lo rivendica già oggi per il domani. «Alle Regionali vinciamo, – è l’auspicio e insieme un avvertimento, chissà – io dico 48 a 42 per Bucci».

In realtà, se la portata di un effetto inchiesta sul voto ligure si potrà quantificare solo a spoglio del voto terminato, a raccontare della fine di una stagione sono stati i fattori più vari, ieri. I saluti velocissimi degli alleati di sempre alla presentazione, da Matteo Rosso in quota Fdi al viceministro leghista Edoardo Rixi, comparsi a inizio evento e poi scesi dal grattacielo il prima possibile pur «senza nessun imbarazzo», è l’excusatio non petita. Il passo ancora più breve di Marco Bucci, pur atteso dal confronto tra candidati governatori organizzato dalla Curia. La stessa composizione della sala, con in prima fila i fedelissimi (la storica portavoce Jessica Nicolini e il fido Giacomo Giampedrone, vicini alla moglie Siria Magri) e qualche amico (come l’infettivologo Matteo Bassetti), e dietro più pochi volti legati a doppia mandata all’era totiana. Come il direttore di Alisa Filippo Ansaldi, o Enrico Castanini di Liguria Digitale. Ma nessun candidato alle Regionali, ad esempio.

Pochi nomi per dire che l’eredità totiana, insomma, parrebbe ancora piuttosto ingombrante, nel centrodestra. Ma se la scelta di presentare Confesso ho governato proprio in cima al grattacielo di Primocanale non è stata una provocazione, si assicura dallo staff di sempre, è vero che la sfida dell’ex governatore rimane quella di riprendersi almeno una parte di quello che è stato tutto suo. A dirlo anche lo stupore registrato a sinistra per la sede scelta per segnare il ritorno sulla scena («Sembra una sconcertante sfida al senso comune e alle persone oneste che seguono le regole: nessun ripensamento e mi sembra, da parte di Bucci, una continuità», commenterà Andrea Orlando), e le stesse parole del diretto interessato.

A sei mesi dagli arresti, nessun ripensamento, nessun pentimento: «rifarei tutto», dice, dalle riunioni sullo yacht di Aldo Spinelli in poi. «Se l’inopportunità è andare a trovare chi dà da lavorare a duemila persone sulla barca che usa come ufficio, o andare a trovare il comandante Aponte a Ginevra, la rivendico». Anzi. Una nuova puntata sulla politica («Il processato in questo libro è la politica, non la giustizia, non io»), e un altro messaggio al centrodestra di cui ribadire la «piena continuità con i miei anni di governo», a scanso di ogni ulteriore tentativo di smarcarsi.

«Credo che il centrodestra debba farmi un monumento, per i nove anni di governo che ho portato avanti sulle spalle, e per la stessa scelta di patteggiare». La mossa che a destra ha tanto imbarazzato, ma oggi viene utile a far dimenticare ai liguri i capi di accusa su cui è crollato un intero sistema politico. «Mi sembra di aver fatto fino in fondo la mia parte e di avere lasciato la casa in ordine». Quanto e come, in qualche modo, lo si capirà dopo il voto di fine mese.

 

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