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Scientificamente noto come eloma interdigitale, l’occhio di pernice è una forma comune e dolorosa di ipercheratosi del piede, stretta parente di callosità e duroni.
Il suo nome si ispira alla stretta somiglianza con l’occhio di questo uccello, caratterizzato da un aspetto tondeggiante con un bordo esterno biancastro e un nucleo centrale più scuro. «Come tutte le ipercheratosi, anche l’occhio di pernice è causato da un aumento eccessivo dei cheratinociti, cioè delle cellule che costituiscono la parte più superficiale della pelle, allo scopo di proteggersi da uno stress meccanico esterno», spiega il dottor Stefano Olivieri, podologo e podiatra a Torino.
L’occhio di pernice non va confuso con una verruca, che difficilmente compare fra le dita dei piedi, come accade invece in questo caso.
Quali sono le cause dell’occhio di pernice
Le cause principali dell’occhio di pernice sono lo sfregamento ripetuto oppure una pressione costante sulla zona colpita, dovuti per esempio all’uso di calzature troppo strette o non adatte per il piede.
«Questo genera un conflitto continuo tra due falangi, in genere del quarto e del quinto dito», evidenzia il dottor Olivieri. «In quello spazio interdigitale si genera un’umidità persistente che crea una callosità molle, a differenza degli altri calli induriti che possono formarsi sotto i piedi o lateralmente».
C’è una predisposizione individuale al problema, legata alla forma delle dita: «Di solito, il quinto dito del piede è leggermente flesso e ruotato verso il quarto dito, ma in alcune persone questa caratteristica anatomica risulta più accentuata. Così, la pressione locale tra le sporgenze ossee delle falangi contigue aumenta, soprattutto quando si indossano calzature con la punta stretta», specifica l’esperto.
Quali sono i sintomi dell’occhio di pernice
Oltre alla consistenza morbida, l’occhio di pernice è caratterizzato da un dolore molto fastidioso, che compare soprattutto quando si cammina oppure si staziona in piedi a lungo. Il fastidio si localizza, ovviamente, nella zona dell’ispessimento e questo porta sovente la persona a deambulare in maniera scorretta o a tenere posture errate per alleviare il dolore.
La sintomatologia compare in maniera progressiva: «Si inizia ad avvertire un leggero fastidio, quando sulla cute non è ancora presente alcun segno, se non un lieve arrossamento», descrive il dottor Olivieri. «Con il passare del tempo, poi, la pressione costante sulla zona fa emergere una piccola callosità fra le dita, che tende progressivamente ad allargarsi e a inspessirsi, aumentando la sofferenza dei tessuti più profondi: viste le ridotte dimensioni dello spazio interdigitale, comunque, il diametro dell’occhio di pernice non supera di norma i 4-5 millimetri».
Come si cura l’occhio di pernice
L’occhio di pernice è facilmente riconoscibile a occhio nudo, per cui non servono esami strumentali per arrivare a una diagnosi certa. Attraverso un’anamnesi approfondita, sarà il podologo a individuare le cause del problema e a pianificare il trattamento più adeguato, anche per prevenire eventuali ricadute.
«Oltre a eliminare la callosità, infatti, è fondamentale eliminare la pressione localizzata», specifica il dottor Olivieri. «In termini pratici, questo significa intervenire localmente con delle ortesi in silicone speciale, che vengono modellate sul piede del paziente in modo da ottenere un piccolo supporto morbido su misura da inserire fra le dita. Questo mini separatore evita gli sfregamenti e distribuisce la pressione lungo l’intera superficie del dito, evitando di lasciarla accumulare su un singola sporgenza ossea».
Nel momento in cui interrompiamo lo stress meccanico, la cute sospende la produzione di callosità: tenendo conto che le cellule della pelle si rinnovano ogni 24-28 giorni, indicativamente occorre quel lasso di tempo per arrivare alla crescita di nuove cellule “regolari”.
«Eventualmente, si può ricorrere a una soluzione più definitiva: un piccolo intervento chirurgico minimamente invasivo, effettuato mediante un semplice foro cutaneo, che elimina la sporgenza ossea su cui si forma l’occhio di pernice», indica il dottor Olivieri. «Questo intervento, che viene eseguito con un’anestesia locale, permette al paziente la deambulazione immediata e non richiede alcuna riabilitazione per il recupero funzionale».
Occhio di pernice: cosa non fare
In assenza di ortesi personalizzate, si può trovare sollievo inserendo fra le dita una piccola garza piegata in quattro parti: otterremo lo stesso effetto separatore, che consentirà alla pelle di ricrescere integra, contenendo anche l’umidità locale.
«Sono da evitare invece i callifughi venduti in farmacia, perché si tratta di prodotti acidi che, se non utilizzati correttamente, rischiano di fuoriuscire dalla callosità e danneggiare il tessuto circostante, al punto da creare vere e proprie ulcerazioni», conclude l’esperto. «Lo stesso vale per la rimozione manuale della pelle in eccesso, che spesso viene “strappata via” dopo un pediluvio: siccome sul piede proliferano normalmente dei batteri, qualsiasi tipo di ferita apre facilmente la strada alle infezioni».
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