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Il 19 ottobre 1947 nelle librerie londinesi uscì Jane Eyre, edito da Smith, Elder & Co. Fu subito grande successo. Era firmato Currer Bell, il nom de plume di Charlotte Brontë. Il romanzo – capolavoro della letteratura inglese – racconta in forma autobiografica la storia di un’istitutrice che si innamora del suo datore di lavoro, il signor Rochester, il quale però nasconde (in soffitta) un terribile segreto. La prima parte del libro ripercorre l’infanzia di Jane che, rimasta orfana, viene affidata alla perfida zia Reed, che la spedisce in un orribile collegio, Lowood, dove le ragazze sopravvivono in condizioni durissime. Lì Jane diventa intima amica di Helen, la quale però muore di tubercolosi (o di “consunzione”, come si diceva allora). Un tempo molto diffusa, nell’Ottocento la tubercolosi era considerata un malattia “romantica”, spesso associata a figure artistiche o letterarie. La Streptomicina, il primo antibiotico contro la tubercolosi, fu isolata il 19 ottobre 1943 da Albert Schatz alla Rutgers University, in New Jersey. Schatz era solo un dottorando e la paternità della scoperta gli fu “scippata” dal professore per il quale lavorava, Selman Waksman, che vinse il Nobel. Più tardi Schatz gli fece causa e la vinse. Dopo quella controversia in America fu varata una nuova normativa per garantire che anche al lavoro dei dottorandi venga dato il giusto credito.