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A due anni dalla morte in cella apparentemente per impiccagione di Stefano Dal Corso, il 42enne romano detenuto nel carcere di Oristano, la famiglia svela dettagli sui risultati dell’autopsia e annuncia che si opporrà alla nuova richiesta di archiviazione sul caso.
Le sette autopsie negate
“Dopo sette dinieghi, il 12 gennaio 2024 è stato conferito l’incarico per l’autopsia, che è stata difficile perché il corpo era in stato di deterioramento” ha detto l’avvocata Armida Decina, legale della famiglia, nel corso di una conferenza stampa alla Camera. La morte di Stefano risale al 12 ottobre 2022.
“La prima cosa che viene riscontrata è che è sbagliato dire che la causa del decesso di Stefano sia stata la rottura dell’osso del collo, perché invece era integro”. Poi ha spiegato che sono stati “rilevati elementi compatibili tanto con un impiccamento atipico quanto con lo strangolamento”.
“È l’analisi dei polmoni a permettere la distinzione – ha proseguito – ma i suoi polmoni, a distanza di tanto tempo, erano putrefatti e quindi non è stato possibile stabilirlo dopo un anno e tre mesi dopo la morte”.
L’ipotesi di una lite in cella
Sarebbero state trovate nel sangue “delle sostanze che, dicono, erano previste dal suo piano terapeutico, ma ora non è possibile stabilirne la quantità”. Il sospetto dei familiari è che Stefano sia stato strangolato in cella a seguito di una lite.
L’avvocata Decina ha poi annunciato: “Presenteremo opposizione all’istanza di archiviazione” e si è soffermata su un altro dettaglio. “Sul lenzuolo di Stefano sono state trovate tracce ematiche, il suo profilo e altri profili di Dna” ha detto.
“Ho chiesto alla procura di Oristano la comparazione dei Dna con quelli delle persone che effettivamente quel giorno entrarono in contatto con lui. A questa istanza non ho mai avuto risposta. È arrivata invece la seconda richiesta di archiviazione”.
La sorella: “Una vicenda losca”
E promette di proseguire nella sua battaglia per conoscere la verità, la sorella di Stefano. “Più andiamo avanti più si infittisce di ministero la situazione – ha sottolineato Marisa Dal Corso – L’archiviazione mi sembra inaccettabile e mi sembra che ci sia del losco fin dall’inizio su questa vicenda”.
Stefano Dal Corso morto in carcere, la sorella: “A ogni autopsia negata mio fratello viene ucciso un’altra volta”
Poi ha parlato di “un ematoma molto evidente nell’interno coscia destra” e ha rivelato: “E’ stata trovata nella bara una bustina chiusa ai suoi piedi con gli indumenti che indossava al momento del ritrovamento. Di foto di mio fratello nudo non è stata fatta neanche una. Mi chiedo perché togliere questi indumenti per mettergli solo una tuta e mettere gli indumenti in una bara? Generalmente o si buttano o si ridanno indietro come è stato fatto per tutto il resto. Più si va avanti più emergono dati strani. Faremo opposizione per chiedere la riapertura delle indagini”.
Il disegno di legge sull’autopsia obbligatoria
Intanto la senatrice Ilaria Cucchi, ricordando che in questi giorni ricorre il quindicesimo anniversario della morte di suo fratello, ha annunciato che il suo disegno di legge per introdurre l’obbligo dell’autopsia in caso morte sospetta in carcere “è stato assegnato in questi giorni alla commissione Giustizia del Senato”.
Per Cucchi, “garantire l’autopsia tutela non solo le vittime ma anche le istituzioni stesse”. Un disegno di legge che, ha assicurato il deputato Roberto Giachetti, “sottoscriverò, perché il carcere è un ambiente in cui è interesse dello Stato accertare le cause della morte di un detenuto. Chi non ha autorizzato in partenza l’autopsia immediata si è assunto la responsabilità di lasciare a vita un dubbio”.