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Bisognerà rassegnarsi a vedere scomparire la parola “grillino” dal vocabolario della politica italiana? Resterà certo negli almanacchi dell’entomologia, quindi nessuna pena: niente svanisce, tutto si conserva.
Ma in politica il grillismo c’è entrato di straforo e per via del fatto che un certo comico genovese, Giuseppe Piero Grillo, in arte Giùse, poi Beppe, s’era appassionato di recital di satira politica, di show di denuncia dei bilanci societari delle multinazionali, di rete informatica e di questioni sociali. E Beppe fa proseliti. È un vulcano di iniziative: il Vaffa day, il blog, l’amicizia con Gianroberto Casaleggio che è un imprenditore carismatico con il pallino dell’innovazione e, lui pure, della politica. Nasce il Movimento a 5Stelle, detto volgarmene “il partito dei grillini”, cioè dei seguaci del Grillo (e Casaleggo)-pensiero, avendo come parola d’ordine di ribellarsi alla casta che ha disossato l’Italia e come prospettiva di rappresentare il ricambio sia di classe che generazionale. S’inventano i meetup e sembra di essere sulla luna.
Era il 2013. Siamo nel 2024. Spariranno ora i “grillini”, che il 23 e 24 novembre si riuniscono in una assemblea costituente, e nasceranno i “contini”? Grillo si è negli anni fatto di lato. Qualche zampata ogni tanto e stop. Ha consegnato le chiavi del partito a Giuseppe Conte, l’avvocato, che da inquilino del Movimento quale Grillo immaginava fosse, ne è diventato dominus. Non si aspettava il fondatore di essere sfrattato? Ritiene che Conte, mago di Oz, faccia fatture e sciolga dal vincolo del doppio mandato oplà? Davvero? Il tempo, si sa, scava la pietra e gli avvocati afferrano al volo l’occasione.