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di Rossella Briganti
Chiamata dagli oculisti Des (Dry Eye Syndrome), la sindrome dell’occhio secco colpisce il 30% della popolazione, con un’incidenza quasi doppia nelle donne.
Sono numerose le persone che lamentano sintomi quali secchezza oculare, bruciore e irritazione delle congiuntive, sensazione di sabbia o di corpo estraneo negli occhi, affaticamento visivo e offuscamento della vista, specie nella lettura.
Se il disturbo è importante, ci si sveglia con gli occhi dolenti e le palpebre che scorrono come su carta vetrata, dal momento che nel sonno viene a meno l’ammiccamento palpebrale, fondamentale per secernere il film lacrimale.
Attenzione alla luce blu di computer e smartphone
La causa dell’aumento della sindrome dell’occhio secco, mascherina a parte? «L’uso smodato di computer, tablet, iPad e smartphone. Ovvero dispositivi digitali che emettono la luce blu: ha una lunghezza d’onda simile a quella degli ultravioletti e ha il torto di prosciugare il film lacrimale», spiega il professor Luigi Marino, docente di chirurgia refrattiva all’Università di Milano.
«Lo stesso dicasi per le luci monocromatiche diffuse nelle grandi aziende o negli ospedali: neon, led e alogene emettono fasci di luce blu, usata proprio per rendere più brillante la luminosità ambientale. Con il rischio di danneggiare il sottile epitelio congiuntivale, sempre più secco e disidratato».
Sì alle pause davanti al monitor e ai massaggi degli occhi
La colpa, però, non è solo dell’era digitale. Molto dipende dal nostro comportamento. Davanti al monitor rimaniamo incollati per ore, con gli occhi spalancati quasi a subire una fascinazione. Così ammicchiamo di meno e a metà pomeriggio ci ritroviamo a combattere con una fastidiosa secchezza oculare.
La lezione da imparare? Fare pause frequenti e staccare lo sguardo dallo schermo ogni 40-45 minuti, massaggiare gli occhi con il calore dei palmi delle mani, sfregati e poi posti sulle palpebre chiuse, per fare un po’ di buio.
Utile anche uscire all’aperto e fissare un punto lontano all’orizzonte per far riposare gli occhi dal continuo sforzo di accomodazione. «Abituarsi a massaggiare gli occhi è importante perché così si stimolano le ghiandole di Meibomio nascoste nella rima palpebrale (circa 80 per occhio) che hanno la funzione di secernere quella quota di lipidi fondamentale per avere una lacrima “grassa”», puntualizza il professor Marino.
Quando andare dall’oculista
Se questi accorgimenti non bastano per ritrovare il benessere oculare, invece di andare in farmacia e acquistare le prime lacrime artificiali, è bene fare una visita dall’oculista. Per avere una misura della quantità e della qualità del film lacrimale, che protegge e lubrifica l’occhio, esistono una serie di test.
«Il più comune è il cosiddetto test di Schirmer: si attacca una strisciolina di carta sul bordo palpebrale, che rimane sospesa per tre minuti. Dopodiché si osserva quanto si è impregnata di lacrime», prosegue il professor Marino.
«A questo esame, che fornisce solo una valutazione quantitativa ma che, nonostante i suoi limiti, è ancora richiesto da neurologi e reumatologi, preferisco utilizzare tecniche di diagnosi più moderne e complete, che ci forniscono dati preziosi non solo sulla quantità ma anche sulla qualità del film lacrimale», nota ancora l’esperto. «Mi riferisco alla tecnologia TearScience, messa a punto in Giappone (secondo paese al mondo per sindrome dell’occhio secco, dopo gli Usa), dal centro oftalmologico di Shinagawa. Prevede l’utilizzo di un interferometro chiamato Lipiview che, misurando l’indice di rifrazione della luce da parte delle tre componenti lacrimali, fornisce all’oculista delle immagini digitali utili a valutare lo stato lipidico».
A ognuno il suo collirio
Nell’86% dei casi l’oculista riscontra un occhio secco su base evaporativa: si verifica quando le ghiandole di Meibonio, ostruite, non producono più i lipidi oleosi necessari per impedire l’evaporazione della componente acquosa della lacrima. La quale è composta da acqua, mucopolissacaridi (zuccheri dalla funzione nutritiva e umettante) e, appunto, lipidi. Se questi vengono a mancare, la lacrima evapora subito e la congiuntiva si secca. Questo esame è, quindi, fondamentale per prescrivere delle lacrime artificiali su misura: in base all’esito, verranno dati dei colliri da instillare ogni due ore, quando si lavora al computer, e ogni sei nel tempo libero.
«Se, ad esempio, il Lipiview rivela che è l’acqua carente, occorre usare una soluzione oftalmica a base di sodio ialuronato. Se, invece, la lacrima è poco grassa, si prescrive un collirio con una prevalente componente lipidica, mentre se sono in deficit gli zuccheri, vanno bene le lacrime artificiali a base di trealosio, una molecola zuccherina», suggerisce Marino. «In caso di secchezza oculare severa, è consigliabile usare prima di dormire un gel denso che, distribuendosi sulla superficie oculare, dura tutta la notte. Oppure una pomata con vitamina A che, oltre a idratare, aiuta a riepitelizzare la cornea, spesso affetta da microabrasioni».
È da poco arrivato in farmacia anche un collirio formulato per alleviare i sintomi da carenza lipidica a base di vitamina A, D, Omega 3 e liposomi. «È molto valido», commenta la dottoressa Sandra Weinfurter, oculista titolare dello studio Santo Stefano di Bologna. «I liposomi sono nanoparticelle che veicolano dei lipidi vegetali in grado di rallentare l’evaporazione della lacrima. Pratici sono anche gli spray oculari da usare al posto dei colliri. Si spruzzano sugli occhi ogni volta che si vuole regalare loro freschezza, comfort e idratazione, e sono anch’essi a base di vitamina A e E: dalle proprietà lenitive, alleviano la sintomatologia a livello oculare e perioculare».
Se i sintomi sono insostenibili c’è la terapia con la luce pulsata
Nei casi in cui i sintomi della sindrome dell’occhio secco rendano la vita impossibile, si può puntare su una terapia innovativa basata sull’energia luminosa.
«Dopo aver fatto indossare al paziente degli occhiali protettivi, si irraggiano gli occhi con dei brevissimi spot di luce pulsata, per un totale di due minuti», spiega ancora Weinfurter. «Poi si applica una maschera a fascia, con tanti piccoli led: sfruttando i principi della fotobiomodulazione, queste lucine apportano un piacevole calore, fino a 48 °C, utile a disostruire le ghiandole di Meibomio. In pratica, liberano l’orifizio e lubrificano il grasso che torna oleoso, pronto ad amalgamarsi alla lacrima».
3 regole d’oro per contrastare la sindrome dell’occhio secco
«Abituati a fare della salutare ginnastica oculare. Rilassa la muscolatura e lubrifica gli occhi. Guarda su e giù, a destra e a sinistra, ruota i bulbi, inspira con il naso ed espira con la bocca», spiega la dottoressa Sandra Weinfurter. «Un altro esercizio: apri e chiudi le palpebre per due minuti, facendole rimanere aperte o chiuse per 10 secondi».Consuma alimenti ricchi di Omega 3, come acciughe, sardine, sgombri, salmone e molluschi: favoriscono la produzione di lacrime e svolgono un’azione antinfiammatoria. Utili anche integratori quali olio di fegato di merluzzo (ricco di vitamine A e D) e le capsule a base di astaxantina, un carotenoide di cui sono molto ricche le alghe. Antiossidante, migliora il microcircolo oculare e, quindi retinico, contrastando la fastidiosa sensazione di secchezza estrema.Se porti le lenti a contatto, scegli quelle dotate di un innovativo sistema umettante. Sono realizzate in silicone idrogel e, “galleggiando” sopra il film lacrimale, non assorbono l’acqua del film stesso e così non seccano le congiuntive. In pratica, sono idrofobe invece che idrofile.
Quando l’occhio secco può essere la spia di una malattia
Molte donne lamentano occhi secchi in menopausa. Il crollo di estrogeni, infatti, riduce la quantità e qualità del film lacrimale. C’è però una secchezza “patologica” che non colpisce le over 50 ma le giovani. «Colpa della sindrome di Sjogren, malattia autoimmune in cui gli anticorpi si scatenano contro le ghiandole sierose», spiega il professor Luigi Marino.
«La donna lamenta non solo una terribile secchezza oculare ma anche delle mucose vaginali, della bocca e delle labbra, che appaiono screpolate. Se l’oculista, già con la lampada a fessura, nota zero lacrime e infiammazione prescriverà degli esami tesi a confermare il sospetto di Sjogren».
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