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Mentre il mondo, col fiato sospeso, attende di sapere chi occuperà la Casa Bianca per i prossimi quattro anni, ricordiamo un periodo cruciale nella storia della “Executive Residence” americana. Il 6 novembre 1948 Harry Truman tornò a Washington dopo aver vinto le elezioni e scoprì che una squadra di ingegneri stava per fare ciò che non era riuscito ai suoi avversari politici: sfrattarlo dalla Casa Bianca. La magione pagava il fio di decenni di incuria: stava per crollare. Si intervenne con la (scarsa) sensibilità dell’epoca: fu demolito tutto tranne il guscio esterno, dentro al quale fu costruita una nuova struttura d’acciaio. I lavori durarono tre anni e si badò poco all’estetica. Quando Jacqueline Kennedy ci entrò nel 1960 constatò affranta che la residenza sembrava “un hotel arredato da una ditta di mobili all’ingrosso”. La First lady trascorse un anno a ridecorare gli interni. Perciò, quando oggi si visita la Casa Bianca, non si ammira una vera dimora neoclassica ma piuttosto il frutto degli sforzi del team di arredatori ingaggiati da Jackie, in particolare Dorothy “Sister” Parish e Stéphane Boudin.