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La fastidiosa sensazione di catarro che scorre all’interno della gola e ci fa deglutire continuamente ha un nome ben preciso: scolo retronasale, o post-nasal drip per dirla all’inglese.
«In condizioni di benessere, le cavità nasali e i seni paranasali producono una sostanza umida e incolore, il muco, che ha lo scopo di intrappolare virus, batteri, polvere e agenti estranei penetrati all’interno, in modo da espellerli attraverso attività riflesse come la tosse o lo starnuto», spiega il dottor Giovanni Cugini, otorinolaringoiatra al Centro Medico Visconti di Modrone a Milano.
«Il muco scola naturalmente dietro il naso e poi finisce in faringe, senza che ce ne rendiamo conto. Se la sua produzione aumenta, fino a essere eccessiva, possiamo avvertire la sensazione di qualcosa che “non va su né giù”, cioè sentiamo il muco bloccato».
Generalmente si tratta di catarro, cioè di un muco dalla consistenza maggiore che viene secreto dalle mucose delle vie respiratorie in alcuni processi patologici. «Quando il muco oppure il catarro iniziano a scivolare verso la parte bassa della faringe, ai confini con la laringe, si aggiungono altri disturbi, come raucedine, tosse e necessità di schiarire la voce», specifica l’esperto.
Scolo retronasale, quali sono le cause
Circa nel 40% dei casi, lo scolo retronasale è causato dalla rinosinusite cronica, un’infiammazione persistente della mucosa che riveste internamente il naso e i seni paranasali.
«Si tratta di una condizione piuttosto frequente, perché interessa circa il 12-15% della popolazione», evidenzia il dottor Cugini. «Spesso è misconosciuta, perché all’inizio lo scolo retronasale rappresenta l’unico sintomo, a cui non si dà troppa importanza».
Un altro 30% di casi è legato invece alle riniti allergiche, provocate da allergeni (stagionali, come polline o muffe, oppure perenni, come polvere o pelo di animali), mentre un 20% – o poco meno – è dovuto a varianti meno gravi dell’asma.
«Nel restante 10% rientrano cause di vario genere, come la deviazione del setto nasale, l’esposizione al fumo di sigaretta, il consumo di cibi molto speziati, le infezioni acute come l’influenza e il raffreddore, la malattia da reflusso gastroesofageo e, più raramente, malattie genetiche come la fibrosi cistica», illustra l’esperto. «A volte c’entra anche la gravidanza, che nelle sue fasi conclusive può generare un disturbo delle vie aeree superiori caratterizzato da un aumento della produzione di muco e ostruzione nasale».
Ovviamente le cavità naso sinusali non sono neppure immuni alle patologie tumorali, benigne e maligne, che per fortuna rappresentano solo il 3 per cento di tutte le neoplasie del distretto capo-collo e meno dell’1 per cento di tutte le neoplasie maligne che possono colpire l’organismo nel complesso: in ogni caso, è sempre bene riferire al medico se al persistente scolo retronasale si accompagnano altri sintomi sospetti, come l’ostruzione di una sola narice o la perdita di sangue dal naso.
Catarro in gola: quando recarsi dal medico
In caso di scolo retronasale, si può tentare di contrastare il problema con qualche strategia fai-da-te: sono utili dei lavaggi nasali con soluzioni saline (ipertoniche quando la produzione di catarro è abbondante, isotoniche se la secrezione è ridotta).
«I lavaggi nasali si possono effettuare con questi prodotti in versione spray oppure utilizzando una siringa senza ago, riempita con soluzione fisiologica da iniettare nel naso, inclinando la testa di lato», spiega l’esperto. «Utili sono anche i tradizionali suffumigi, aggiungendo nell’acqua bollente una miscela di oli balsamici naturali, come mentolo, eucalipto o pino mugo».
Se questi rimedi naturali non risolvono il problema nell’arco di 10 giorni, è bene consultare il medico.
Scolo retronasale: come si fa la diagnosi
Per arrivare a una diagnosi, è necessaria una visita otorinolaringoiatrica che si avvalga di strumenti endoscopici, rigidi o flessibili, che hanno un diametro molto ridotto (circa 2,7 millimetri) e sono poco impattanti per il paziente, per cui si utilizzano senza alcuna anestesia locale.
«Mentre le porzioni anteriori delle cavità nasali sono facilmente visibili grazie a uno speculum nasale, una sorta di dilatatore per le narici, bisogna andare più a fondo per visualizzare la porzione più profonda delle cavità nasali, dove i seni paranasali scaricano le proprie secrezioni», tiene a precisare il dottor Cugini.
«Questo consente di capire esattamente da dove origina la secrezione e di individuare la causa o, quanto meno, di avere un forte sospetto. Gli strumenti endoscopici consentono anche di diagnosticare uno scolo retronasale dovuto alla malattia da reflusso gastroesofageo, perché permettono di capire se è irritata o meno la porzione di faringe immediatamente sopra l’esofago».
La radiografia tradizionale del cranio e dei seni paranasali è un esame poco utile, mentre la Tac dei seni nasali e paranasali può servire a dirimere casi poco chiari, ma per lo più è necessaria per valutare l’anatomia del paziente in vista di un intervento chirurgico: «Più che diagnostici, questi esami rappresentano una sorta di “navigatore” che ci indica dove non dobbiamo andare con i nostri strumenti», commenta l’esperto.
Come si cura lo scolo retronasale
Oltre alle accortezze generali (aumentare l’idratazione, ridurre l’assunzione di caffeina, evitare di mettersi a letto a meno di tre ore dalla cena e dormire con la testa sollevata rispetto al resto del corpo), il trattamento dello scolo retronasale dipende dalla causa sottostante.
«I principali farmaci che vengono utilizzati sono i cortisonici locali, sotto forma di spray o di lavaggio nasale», riferisce il dottor Cugini. «È davvero minima la quantità di cortisone che entra in circolo nel sangue, perché il 95-98% espleta e termina la sua azione nelle cavità nasali. Dunque, si tratta di prodotti che si possono utilizzare senza paura, ma sempre sotto indicazione medica».
In caso di rinite allergica si aggiunge l’antistaminico, mentre in generale hanno poca utilità i mucolitici, fatta eccezione per la fibrosi cistica. «Per brevi periodi, invece, possono risultare utili i decongestionanti locali, soprattutto in caso di infezioni acute come il raffreddore», suggerisce l’esperto.
Meglio evitarne però l’uso prolungato che interferisce con la clearance muco-ciliare, ovvero il meccanismo naturale di autopulizia svolto dalla mucosa delle vie respiratorie che porta continuamente verso la faringe le secrezioni, dove sono intrappolati micro-corpi estranei, polveri e agenti patogeni inspirati con l’aria.
«Immaginiamo un campo di grano che si muove con il vento, in questo caso verso quella porzione in cui avvertiamo lo scolo retronasale: l’uso di tali farmaci è quindi finalizzato a migliorare l’ostruzione nasale», semplifica il dottor Cugini.
Scolo retronasale: quando serve la chirurgia
L’intervento chirurgico può essere necessario per correggere le rinosinusiti croniche con o senza poliposi nasale, refrattarie agli usuali trattamenti naturali e farmacologici.
«In casi selezionati, oggi abbiamo a disposizione anche gli anticorpi monoclonali, i cosiddetti farmaci biologici, mutuati dall’esperienza pluriennale per la cura dell’asma. Sono un’arma straordinariamente efficace, seppure ancora piuttosto costosa», conclude l’esperto.
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