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“Sono una cittadina della Repubblica la cui vita da mesi è sottoposta al tentativo di essere svilita ed annullata da atteggiamenti prevaricatori, favoriti da un particolare e pericoloso sistema d’informazione ancora troppo attento a non pestare i piedi al potere”. Così Maria Rosaria Boccia in una lettera al presidente Sergio Mattarella nella Giornata nazionale contro la violenza sulle donne. L’imprenditrice, coinvolta nella vicenda che ha portato alle dimissioni dell’ex ministro della Cultura Sangiuliano, chiama in causa anche la premier Meloni che “nel tentativo di salvaguardare le logiche di partito ed alcune scelte infelici è disposta dare in pasto all’intero Paese l’immagine fuorviante di una donna senza morale capace di chissà quali malefatte”.
“Dalla fine della stagione estiva – scrive Maria Rosaria Boccia nella lettera al presidente della Repubblica – periodo in cui è esploso il caso che mio malgrado mi ha riguardata, sono costretta ad assistere quotidianamente ad una mortificazione della mia persona in quanto donna, senza precedenti. L’interrogativo che mi pongo, e che sento l’esigenza di trasferirle è comprendere se è possibile che nel nostro Paese possa essere consentito che, laddove una donna raggiunga un obiettivo/traguardo con dedizione e sacrificio, debba alimentarsi il sospetto di una propria ‘leggerezza morale’ e dell’usare il proprio essere donna per ‘ritagliarsi il proprio spazio nella società'”.
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“Inutile rappresentarle con quale fatica da quel momento stia conducendo la mia vita sia sotto il profilo personale che professionale – aggiunge Boccia, spiegando che è “stata allontanata da tutti, senza un reale motivo; addirittura, dopo essermi contraddistinta con dedizione e tenacia nel mio lavoro, sono stata definita poco più che una hostess, un’arrampicatrice, persino il conseguimento del titolo di Laurea è diventato un’invenzione conseguenza del mio essere millantatrice”.
“Altresì – spiega – sotto l’aspetto professionale, in relazione alla natura del mio lavoro che mi porta a relazionarmi ed interfacciarmi direttamente ed indirettamente con l’ambiente istituzionale – la maggior parte dei miei interlocutori, pur non avendo natura pubblicistica è condizionata dal gradimento politico – quale mera conseguenza delle parole pronunciate dalla premier, tutte le porte mi si sono sbarrate improvvisamente nonostante alcuna mia condotta sia stata idonea a giustificare simili reazioni”.
Boccia prosegue: “Ho tentato invano di richiedere l’intervento del Garante in relazione alla denigratoria campagna d’informazione mossa nei miei confronti mediante la pubblicazione di una serie di notizie destituite di ogni fondamento e senza alcuna preventiva verifica circa la loro veridicità prima della pubblicazione, ciononostante avvenuta con il solo fine di screditare la mia persona e ledere la mia onorabilità e reputazione”.
La lettera continua: “Ho deciso di manifestarle la mia difficoltà in una giornata così particolare e nobile affinché possa esserci una maggiore sensibilizzazione e meno ipocrisia nel trattare un tema troppo serio ed importante che richiede coraggio, unitamente all’obiettivo di formularle la richiesta di intervento quale massima istituzione super partes in modo da ripristinare la salvaguardia della dignità di donna altamente lesa e mortificata anche e soprattutto dalla presa di distanza delle istituzioni”.
Boccia conclude: “Per ciò che invece riguarda la mia persona, la condanna sociale che si è scelto di infliggermi probabilmente dovrò scontarla ancora a lungo, è questa la violenza più dura che sto subendo e contro la quale rischio di non avere la forza di combattere”.