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Amnesia globale transitoria: cos’è, cause, sintomi, cure

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Immaginiamo di perdere improvvisamente la memoria. Non della nostra identità personale, ma di cosa stiamo facendo, perché lo stiamo facendo e dove ci troviamo, con la conseguente sensazione di forte disorientamento e agitazione.

È quello che accade durante gli episodi di amnesia globale transitoria, una condizione neurologica acuta che colpisce all’improvviso e in pieno benessere. «Interessa soprattutto le persone tra i 50 anni e gli 80 anni, con una maggiore prevalenza nella prima decade, cioè entro i 60 anni di età», spiega la dottoressa Lucia Borsotti, neurologa del CeMeDi di Torino.

«Il primo caso è stato descritto nel 1956, seguito da un secondo caso documentato nel 1964, ma all’epoca si parlava genericamente di un blocco temporaneo della funzione mnesica».

Quali sono le cause dell’amnesia globale transitoria 

Ad oggi, le cause dell’amnesia globale transitoria non sono note. «Si sa che esistono dei fattori scatenanti, come un forte stress emotivo o fisico, l’esposizione ad altitudini elevate oppure una temperatura molto calda o molto fredda, ma la vera origine non è ancora stata chiarita», riferisce l’esperta.

Alcuni studiosi ipotizzano una problematica vascolare: si è osservato infatti che, durante questa particolare forma di amnesia, si verifica una mancanza temporanea di afflusso sanguigno a livello dell’ippocampo, una preziosa struttura cerebrale a forma di cavalluccio marino in cui si accumulano i ricordi.

«Non esiste invece una familiarità, mentre chi ha già vissuto un episodio di amnesia globale transitoria può avere una recidiva, anche a distanza di anni», avverte la dottoressa Borsotti.

Quali sono i sintomi dell’amnesia globale transitoria 

La sintomatologia dell’amnesia globale transitoria è caratterizzata da un’improvvisa incapacità di ricordare quello che è successo nel passato recente, come il giorno prima o il mattino stesso, e nella difficoltà a immagazzinare nuove informazioni. «Si tratta quindi di una commistione di amnesia retrograda e anterograda», specifica la dottoressa Borsotti.

Al contrario, restano indenni sia la consapevolezza della propria identità personale sia la memoria procedurale, quella che fa ricordare come si usano gli oggetti e come si fanno le cose.

«La persona sta bene ed è in grado di continuare a svolgere la mansione di cui si sta occupando, ma non è connessa temporalmente: non sa cosa sia successo prima e, se qualcuno gli spiega cosa sta succedendo, non riesce a memorizzarlo», tratteggia l’esperta. Questo porta a formulare domande ripetitive: “Cosa è successo?”, “Cosa ci faccio qui?”, “Cosa devo fare?”, “Cosa abbiamo fatto?”.

«Ovviamente, tutto questo genera sgomento e agitazione, che complicano la situazione, di per sé benigna e priva di conseguenze», assicura Borsotti.
Una volta recuperata la lucidità, la persona non mostra alcuna conseguenza neurologica, ma può non ritrovare quel “pezzetto” di vita, come se restasse un blackout di memoria legato a quelle ore.

Come si diagnostica l’amnesia globale transitoria 

Per poter stabilire che si tratta di amnesia globale transitoria è necessario che la condizione sia di breve durata (in media da 3-8 ore, più raramente fino a 24 ore) e che non ci siano altri sintomi associati, come mal di testa, febbre, paralisi, convulsioni o difficoltà nell’espressione verbale.

«In caso contrario, il “vuoto di memoria” potrebbe essere il campanello d’allarme di un ictus cerebrale oppure una delle manifestazioni dell’emicrania con aura o dell’epilessia», racconta la dottoressa Borsotti. Di solito, questa condizione spaventa e conduce la persona al pronto soccorso, accompagnata dai famigliari allarmati per l’accaduto: «Qui normalmente si fanno una Tac dell’encefalo, un elettroencefalogramma e un ecodoppler carotideo per porre una diagnosi differenziale con altri disturbi neurologici», riferisce l’esperta.

Come si cura l’amnesia globale transitoria 

L’amnesia globale transitoria si risolve spontaneamente senza lasciare deficit di memoria e non necessita di trattamenti specifici.

«Ci sono specialisti che, sposando l’ipotesi vascolare, prescrivono l’acido acetilsalicilico a basso dosaggio come nel caso di un attacco ischemico transitorio, soprattutto se alla Tac si è riscontrata una situazione circolatoria non perfetta, ma non si tratta di una linea guida universalmente riconosciuta», conclude la dottoressa Borsotti.

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