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Non si può mollare, stavolta. Non lo vogliono i sindaci del Mezzogiorno, non se lo può permettere il Paese. Di fronte agli oltre 80 miliardi che il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) riserva al Sud, il colmo sono quei Palazzi privi di figure-chiave. “Abbiamo assoluto bisogno di più personale nei Comuni. È la vera emergenza, in questa fase, e non solo nel Sud”, spiega a Repubblica, pacato ma fermo, il presidente dell’Anci (l’associazione dei Comuni italiani), Antonio Decaro, sindaco a Bari e della Città Metropolitana.
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Servirebbero almeno 5mila unità, per colmare i vuoti. “Ma le criticità riguardano varie aree, mica solo il Mezzogiorno – continua Decaro – Senza le competenze necessarie alla progettazione, al lavoro sulle piattaforme, non possiamo neanche accedere ai bandi. Diverso è il discorso per la realizzazione delle opere: nella fase successiva, i fondi consentono di reclutare professionisti. Ma il nodo è qui ed ora” .
Da irripetibile chance a occasione mancata.
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“Il passo è breve e il rischio molto alto. Ecco perché bisogna mettere gli enti locali in grado di cogliere le opportunità del Pnrr”, ribadisce anche Giuseppe Falcomatà, primo cittadino di Reggio Calabria e delegato Anci per il Sud e la Coesione. Che ragiona: “Tante risorse a disposizione, il 40 per cento. Cosa manca? Tutto il resto, forse. Non solo profili specifici. Ma più coinvolgimento degli enti. Più velocità”.
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Carlo Bonini (coordinamento editoriale e testo)
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Enrico Del Mercato
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Conchita Sannino e Isaia Sales. Coordinamento multimediale di Laura Pertici. Produzione Gedi Visual
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E più semplificazione, “anche se ci sono stati passi avanti”, riconosce Decaro. Alternative, soluzioni? “Il forte divario tra nord e sud ha molto a che vedere col livello del personale nei Comuni – riflette Luca Bianchi, direttore generale di Svimez, l’associazione per lo Sviluppo del Mezzogiorno – Una soluzione è connettersi con le Università e i centri di ricerca”. Come ha fatto Decaro: “Abbiamo appena chiesto il supporto degli ingegneri e dei giovani del Politecnico di Bari: avvieremo progettazioni “collettive” per arrivare ai bandi. Ma quanti conteranno su queste reti? Eppure i Comuni rappresentano gli investitori più forti per il cittadino: il 25 per cento delle opere pubbliche che si realizzano sono in capo ai sindaci, stando alle statistiche di presidenza del Consiglio e Corte dei Conti”.
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La paura di non farcela accomuna grandi e piccoli. Dalle Aree metropolitane come Napoli – il cui sindaco Manfredi lancia l’allarme a Draghi, proponendosi come apripista di una relazione diversa tra governo e “partito delle città”- ai Comuni che oggi non possono permettersi un segretario generale o un capo dell’ufficio tecnico. “E sono tanti, in tutto il Paese. Il tema è rendere protagonisti i Comuni”, continua Falcomatà.
Mentre Carlo Marino, sindaco a Caserta e responsabile di Anci Campania, indica l’altro tema: “Il concorsone voluto dal ministro Renato Brunetta, sorretto da ottime intenzioni, è naufragato. Su 2800 nuovi ingressi, in tutto ne sono arrivati 800. L’esempio del mio Comune: avevo 580 dipendenti nel 2016, oggi sono 215. E sa quanti sono previsti in pianta organica? Ben 650. Così i conti non tornano”.
E Decaro: “Anche noi nutrivamo speranze su concorsone. E sa quante persone in più arrivano, ora? Cinque: per 41 Comuni”. Il sindaco Marino aggiunge: “L’urgenza di oggi scopre un tema tutto italiano: la mancanza di una vera scuola per la pubblica amministrazione. Sento dire che si sta pensando a questa iniziativa, e mi sale un po’ di amarezza”. Non c’era già a Caserta, una scuola del genere? “Appunto. L’hanno cancellata, distrutta”.