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Il crampo notturno è peggio di un incubo. Dura meno ma ti sveglia subito, con un dolore intenso che, grazie al nostro fisioterapista Pietro Marconi, puoi risolvere in fretta con dello stretching mirato da fare a letto. Però, passato il peggio, la domanda che devi farti è: perché mi è venuto? Forse bevi poco o non mangi abbastanza frutta e verdura, quindi ti mancano quei sali minerali (come potassio e magnesio) che segnalano questa carenza stimolando le fibre nervose degli arti. Oppure hai assunto una postura anomala dormendo. Tutte cause molto frequenti, facilmente risolvibili ed escludibili ma… per caso non è il primo episodio? Allora guarda le gambe attentamente.
«I crampi notturni, soprattutto se associati ad altri sintomi come i formicolii o le gambe pesanti, possono essere causati da un malfunzionamento delle valvole venose che regolano il flusso di sangue, che allora si accumula localmente provocando una pressione e favorendo la comparsa di vene varicose. Questo fenomeno può scatenare i crampi (ai muscoli viene a mancare l’ossigeno sufficiente e quindi si contraggono), soprattutto di notte e dopo che si è stati distesi per ore», spiega la dottoressa Elisa Casabianca, angiologa e chirurgo vascolare presso Humanitas San Pio X Milano. «Vale quindi la pena controllare al più presto, con una visita angiologica, se ci sono problemi circolatori».
Disturbi diffusissimi, visto che l’insufficienza venosa colpisce il 30% delle persone, dato che aumenta al 40% nelle donne dopo I i 50 anni (fonti: Journal of vascular surgery; Phlebology), ed è in grado di disturbare anche il sonno. Uno studio pubblicato su Frontiers in Psychiatry l’anno scorso dimostra che i pazienti operati, e quindi liberati dalle varici (o vene varicose), hanno avuto netti miglioramenti nella qualità del riposo.
All’inizio furono i capillari
Il crampo notturno ci suggerisce di guardare se notiamo innanzitutto, in qualche zona delle gambe, delle piccole venuzze bluastre sottocute: «Sono i capillari, un segno di iniziale sofferenza vascolare che spesso, nelle persone predisposte, precede la comparsa delle vene varicose, il segno inequivocabile del problema circolatorio venoso e linfatico», spiega la dottoressa Casabianca.
«Parlo di predisposizione perché chi ha in famiglia genitori o nonni con questo problema rischia di più. La fase dei capillari è benigna e si limita a un problema estetico, risolvibile con microiniezioni di farmaci sclerosanti che chiudono queste venuzze o il laser, ma va approfondita in termini di diagnosi di ulteriori disturbi circolatori».
Il trio vincente
Individuato il capillare in evidenza risultano vincenti tre strategie: diagnostica, preventiva e curativa.
«La prima è la visita dall’angiologo e chirurgo vascolare (attenzione: l’operazione è l’ultima scelta, non facciamoci intimorire dalla specialità medica rimandando il controllo) che utilizzerà l’ecocolordoppler, l’ecografia indispensabile per vedere come funziona il sistema venoso che deve portare il sangue al cuore», spiega l’esperta. «La visita serve anche a studiare l’altro sistema coinvolto, quello linfatico, fatto di tanti vasellini invisibili che portano verso l’alto i liquidi ubicati fra gli spazi che dividono le cellule (interstiziali): infatti, l’eventuale gonfiore alle gambe o al dorso del piede (si chiama a gibbo di bufalo) ne denunciano il coinvolgimento e l’abbinamento con il problema circolatorio venoso».
La seconda carta vincente sono le calze compressive. «Ci sono molti pregiudizi sull’uso di questa semplice soluzione che dà immediato sollievo e che utilizziamo noi chirurghi per affrontare le lunghe ore in sala operatoria», dice l’esperta. «Il più radicato è quello estetico, ma questo tipo di calze è molto cambiato, hanno tanti tipi di fogge, filature e gradi di compressione. A proposito: vanno prescritte dallo specialista con specifiche precise e comprate nei negozi di ortopedia e non online, perché c’è il rischio di sbagliare compressione, facendo peggio o rendendo inutile la soluzione. Credetemi: dal primo giorno che le indosserete le gambe inizieranno a sgonfiarsi e starete subito meglio».
Terzo asso nella manica: l’assunzione di un integratore. «Prescrivo quelli a base di flavonoidi dei frutti di bosco e cumarine, ottimi per alleviare i sintomi e migliorare il tono venoso. Certo, non aspettiamoci che eliminino le varici, lì ci vuole la chirurgia», avverte l’esperta.
Sovrappeso, stipsi e gravidanza
Una soluzione “fai da te” che spesso risolve molti dei problemi iniziali, a partire dai sintomi più fastidiosi, è dimagrire. «In chi è in sovrappeso, le cellule adipose, oltre ad aumentare di numero, diventano più grandi e schiacciano i vasi linfatici peggiorando la situazione o esacerbandola: è fondamentale iniziare a perdere chili per evitare che l’addome pesi sulla circolazione, cosa di cui tenere in conto in gravidanza, un momento difficile per le vene e il sistema linfatico sia per il cambiamento ormonale che per la pressione dell’addome da parte del bambino», spiega l’angiologa.
Infine occhio alla stipsi: va risolta rivedendo la dieta perché gonfia la pancia che diventa un ostacolo in più alla libera circolazione.
Via i “fagiolini”
Per le vene varicose o varici invece, ci vuole la chirurgia, prima o poi (non troppo poi). «Le abbiamo descritte come fagiolini perché si presentano come dei piccoli gruppi di escrescenze (a sciarpa) morbide al tatto e interne alla cute, che la sollevano verso l’esterno soprattutto nelle parti interne delle gambe», spiega Casabianca.
«Raramente colorate di blu, sono sacche di ristagno del sangue che finisce per coagularsi, creando dei trombi locali (solo in casi estremamente rari risalgono verso il cuore e i polmoni, tranquilla!). Il rischio è che lasciandole lì si arrivi a sviluppare una flebite, con la parte che diventa dura, arrossata, dolorante. In questi casi occorre iniziare quanto prima le iniezioni di eparina per evitare l’estensione dei trombi, ma poi bisogna pensare a eliminare le varici».
La safena non si strappa più
Dunque, ai primi capillari in vista bisogna fare un controllo ma se ci sono già delle vene varicose, anche se non danno sintomi, la visita serve a valutare se è il momento giusto per operare. «Tutti i guai arrivano spesso dalla safena, la grande via del sangue che scorre negli arti inferiori», spiega l’angiologa. «Fino a qualche anno fa si faceva lo stripping, cioè si toglieva tutta sfilandola dalla gamba», spiega la nostra esperta.
«Oggi si è più conservativi e si tratta solo la parte ammalata, mantenendo il più possibile il fisiologico deflusso del sangue e in modo mininvasivo. In day hospital, con anestesia locale, sotto guida ecografica e praticamente senza tagli, si introducono nella gamba delle sonde che, grazie alla radiofrequenza, operano l’ablazione della safena, chiudendola definitivamente e lasciandola tranquillamente in sede. Il sangue non passerà più e quindi non si formerà nessuna nuova varice: quelle precedenti vengono tolte con mini taglietti superficiali. È un intervento talmente sicuro che si può fare a tutte le età». L’alternativa sono le iniezioni di sostanze sclerosanti.
«Sono liquidi o schiume che, una volta iniettati nelle vene, causano la loro infiammazione e chiusura, ma noi le utilizziamo soprattutto per i capillari o zone ridotte da trattare», conclude Casabianca.
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