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Caso Cognetti, Lazzari: “Bisogna investire sulla salute mentale”

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Ha colpito molto la pubblica opinione, comprensibilmente, il caso dello scrittore Paolo Cognetti, per la condizione che ha vissuto durante il ricovero in un reparto psichiatrico: una testimonianza che chiama alla ribalta il tema della cura della malattia mentale nei giorni che concludono l’anno che ha ricordato il centenario della nascita di Franco Basaglia. E in questi stessi giorni è uscito il Rapporto annuale del Ministero della Salute sulle attività dei servizi che si occupano di curare la malattia mentale.

I 139 dipartimenti

In Italia abbiamo una rete di 139 dipartimenti che si occupano specificamente di patologie mentali (DSM), ai quali fanno capo 1248 servizi territoriali, 1833 strutture residenziali e 689 semi residenziali per un totale di 3770 unità. Una rete che, come si vede dai dati del Ministero, si occupa soprattutto di seguire persone con patologie gravi, come: schizofrenia e psicosi funzionali, mania e disturbi bipolari, ritardo mentale e demenza, depressioni maggiori e disturbi di personalità. I nuovi utenti mostrano un quadro diagnostico simile, che fa pensare come a questi servizi arrivano in prevalenza situazioni che si sono aggravate nel tempo o hanno esordito in forma grave, ma anche situazioni con forte problematiche sociali se è vero che quasi 7 nuovi utenti su 100 sono classificati nella voce, che può sorprendere, “assenza di patologia psichiatrica”.Dal rapporto si evince come, oltre alle attività di tipo assistenziale e sociosanitario, la cura in senso stretto è affidata quasi esclusivamente ai farmaci, se è vero che solo il 7,2% degli interventi è di tipo psicologico-psicoterapeutico.

Psicologi pubblici neanche il 7%

D’altra parte, gli psicologi-psicoterapeuti sono, considerate le strutture pubbliche e convenzionate, 2897 su 41806 operatori, cioè neanche sette su cento: una piccola minoranza. E questo spiega perché nei servizi territoriali e nelle strutture residenziali o semi le terapie psicologiche sono un lusso per pochi, nonostante le linee guida le prevedano ed i Livelli Essenziali di Assistenza le garantiscano: lo abbiamo anche documentato con una ricerca recente (CNOP Quaderno n.10, luglio 2023).E purtroppo questa situazione per le cure psicologiche è destinata a peggiorare perché gli standard del personale stabiliti dall’ultima intesa Stato-Regioni del dicembre 2022 prevedono si un aumento di 13 mila operatori ma di questi solo 589 sono psicologi, che diventerebbero così ancora di meno in proporzione, solo uno su 16 operatori della salute mentale.

Standard anacronistici

Questi standard, decisi da commissioni dove gli psicologi non ci sono mai (e ci sono altri che pensano e decidono per loro), sono chiaramente anacronistici sia rispetto ai bisogni delle persone che ai LEA e alle evidenze scientifiche, perché anche le malattie mentali in senso stretto hanno bisogno di valutazioni e terapie multidisciplinari, anche per impedire le cronicizzazioni. Ma c’è un altro tema di fondamentale importanza: se si leggono i documenti dell’OMS, dell’UNICEF, dell’UNESCO e delle altre Agenzie internazionali si vede che si parla di salute mentale ma anche di benessere psicologico. Accanto ai servizi specialistici per la cura delle malattie mentali serve infatti una più vasta e articolata rete psicologica che deve impedire che l’onda del disagio della psiche si trasformi in problemi più gravi di salute, mentale ma anche fisica. Traumi, lutti, stress acuti e cronici, conflitti, forme varie di disagio non sono solo la base della maggior parte dei disturbi mentali ma alimentano stili di vita e comportamenti sbagliati e sono fattore di rischio importante e ben documentato per le malattie più diffuse del mondo occidentale, quelle per cui spendiamo l’80% del nostro budget sanitario.

Psicologi come medici di base

Gli psicologi nella scuola, a fianco del pediatra e del medico di famiglia, nei consultori, negli ospedali, nei servizi del welfare e nel mondo del lavoro devono servire a fare questo lavoro essenziale di filtro, prevenzione, ascolto precoce e counseling, promozione delle risorse personali, come accade in tanti altri Paesi.Se non c’è questa rete di base non solo i servizi per la salute mentale ma quelli sanitari in generale saranno sottoposti ad una pressione che diventerà sempre meno sostenibile. Un esempio tratto dal Rapporto Salute Mentale sopra citato parla da solo: degli accessi in PS per motivi psichici quasi la metà (4 su 10) riguardano stati d’ansia e somatizzazioni, e su 100 accessi solo 13 esitano in un ricovero. In mancanza di una rete di ascolto di prossimità, molte situazioni improprie finiscono oggi ad ingolfare i PS.Una rete che non è certo chiusa in se stessa ma che alimenta sinergie e azioni positive con i contesti, le comunità, le organizzazioni, perché la promozione del benessere psicologico deve essere un tema trasversale di tutta la società.

 

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