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Dall’argento che fondeva nei forni i romani hanno tratto la loro ricchezza. I vapori di piombo liberati dalla liquefazione possono aver però intorbidito le loro menti.
Tra due e tre punti di quoziente intellettivo sarebbero andati persi, secondo una ricerca, in epoca romana a causa dell’inquinamento da piombo. Fra gli effetti del metallo pesante, capace di accumularsi nell’organismo per tempi molto lunghi, c’è infatti la compromissione dello sviluppo cerebrale.
“Per ottenere un grammo di argento si producevano 10 mila grammi di piombo” spiega Jospeh McConnell, professore di idrologia del Desert Research Institute e coordinatore dello studio odierno.
La storia scritta nel ghiaccio
L’istituto di ricerca del Nevada ha ricostruito il legame tra la passione per l’argento dei romani e l’inquinamento da piombo in Europa nell’arco di oltre un millennio: tra il 500 a.C. e il 600 d.C.
La ricerca, pubblicata su Pnas (Proceedings of the National Academy of Sciences), è andata a pescare gli indizi sull’intelligenza degli antichi romani al polo nord. Estraendo carote di ghiaccio lunghe fino a 3,4 chilometri in Groenlandia, gli scienziati hanno ricostruito la composizione dell’atmosfera del passato.
Il ghiaccio profondo conserva infatti piccole bolle d’aria dell’epoca antica. Al loro interno sono presenti anche i residui di piombo rilasciati dalle fornaci romane e portati fin lì dai venti. Ceneri e polveri emessi dai vulcani in epoche note – anch’essi intrappolati nel ghiaccio antico – hanno aiutato i ricercatori a far combaciare ciascuna profondità a una data precisa.
Gli storici hanno usato già in passato la concentrazione di piombo nelle carote di ghiaccio per quantificare l’argento lavorato dai romani, quindi per definire lo stato di salute dell’economia e l’ammontare delle monete circolanti.
L’inquinamento inizia a essere percepibile alla fine dell’età del ferro (sesto secolo a.C.) e aumenta fino al secondo secolo a.C, in età repubblicana. Declina il secolo successivo, per via della crisi di quel regime, per poi risalire dal 15 a.C.
Per tutta l’età imperiale l’inquinamento da piombo è rimasto alto, fino alla pestilenza del 165-180 d.C., che ha ucciso un decimo della popolazione. Solo dopo l’anno Mille le tracce del metallo tornano a superare il livello dell’epoca romana.
In tutto più di 500 mila tonnellate di piombo sono state rilasciate nell’atmosfera durante i due secoli centrali dell’epoca imperiale. Le miniere principali si trovavano in Spagna, nei Balcani, in Francia e Gran Bretagna.
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Gli effetti del piombo sul cervello
I romani non lo sapevano (o almeno la loro consapevolezza non era diffusa), ma l’inquinamento ha avuto effetti sulla loro salute. In base a studi di epidemiologia che legano la quantità di metallo pesante a cui è esposto un individuo (soprattutto durante l’infanzia) al ritardo nello sviluppo del sistema nervoso, i ricercatori americani hanno quantificato in 2-3 punti di quoziente intellettivo l’effetto di una concentrazione di piombo che in età imperiale doveva essere di 2-5 microgrammi per decilitro di sangue.
Altri studi negli anni passati avevano suggerito che quantità importanti di piombo contaminassero l’acqua potabile che scorreva nelle tubature di epoca romana, realizzate con questo metallo. In alcuni sedimenti sul Tevere e al porto di Ostia sono state trovate quantità di piombo fino a cento volte superiori al normale.
Anche cosmetici e oggetti ornamentali ne erano contaminati. Il piombo poi veniva aggiunto al vino per dolcificarlo e conservarlo più a lungo.
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L’inquinamento e la caduta dell’impero
Jerome Nriagu, un chimico dell’università del Michigan, trent’anni fa è arrivato a suggerire che l’inquinamento da piombo fosse la causa della caduta dell’impero romano. L’idea (poi ridimensionata) ha contribuito alle campagne degli anni ‘70 per eliminare questo metallo dalla benzina. Per gli adulti i danni alla salute sono infertilità, anemia, problemi cardiovascolari e cancro.
Gli epidemiologi, dopo l’eliminazione del metallo pesante, hanno confrontato i livelli di sviluppo intellettivo dei bambini nati negli anni ’50-‘60 con quelli dell’epoca successiva, priva di piombo.
Con 15 microgrammi di piombo per decilitro di sangue durante l’infanzia, si ritiene che i boomer abbiano perso in media 9 punti di quoziente intellettivo.
I dati dell’epoca odierna sono stati usati dai ricercatori del Desert Research Institute per collegare l’esposizione al piombo degli antichi romani alla riduzione del quoziente intellettivo.
“Due o tre punti in meno possono sembrare una quantità modesta” spiega Nathan Chellman, un altro dei ricercatori. La media nella popolazione è circa 100. “Ma applicata all’intera popolazione europea, la cifra diventa piuttosto importante”.