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Cos’è Dynasty Warriors Origins
Dynasty Warriors: Origins è il nuovo episodio di una storica serie nata prima come picchiaduro su PS1, e dopo, dal secondo capitolo su PS2 in poi, ha definito il genere Musou, cioè dei giochi d’azione caratterizzati da epiche battaglie campali in cui si affrontano centinaia di nemici contemporaneamente.
Il nuovo Origins, come suggerisce anche il nome, si propone come una sorta di reboot della saga, semplificando e affinando la formula per renderla più accessibile e godibile.
Vestirete i panni di un solo eroe, le cui caratteristiche cresceranno nel tempo, e, attraverso una serie di scontri sempre più grandi, si fa quello che generalmente si esegue in una battaglia: catturare basi, affrontare generali e falciare decine e decine di soldati novizi, che sono più carne da macello che altro.
Storia
Il cuore del gioco si sviluppa intorno ad un protagonista senza memoria, che non è possibile personalizzare nell’estetica in alcun modo.
Il suo scopo è quello di sconfiggere il leader dei Turbanti Gialli, che sta minacciando l’equilibrio dell’impero con le sue azioni di rivolta.
Il mistero è che il protagonista non ha proprio alcun ricordo, tanto è vero che “sente” dentro di sé di dover sconfiggere questo leader, ma non ne conosce il motivo.
La cornice narrativa si rifà a “Il romanzo dei Tre Regni”, che ha sempre fatto da sfondo alla serie, e che ha ancora un ruolo nevralgico nelle dinamiche tra i personaggi, dove vi ritroverete poi a compiere delle scelte, nelle fasi avanzate, per scegliere da che parte stare.
La trama però non decolla mai. Pur risultando più piacevole e meno frammentata rispetto ai precedenti capitoli, si limita ad un susseguirsi di missioni dove il nostro protagonista è elogiato per le sue capacità da ogni comandante che incontra, senza mai approfondire troppo il mistero dietro la sua amnesia.
Non rivela niente di troppo nuovo per chi è già un fan della serie, e non sarà il punto cardine che spingerà ad andare avanti i nuovi fan.
Gameplay
Sul gameplay, Omega Force ha eseguito un lavoro di pulizia notevole per potenziare il gioco. In realtà, la formula Musou viene decostruita e ricostruita affinché l’utente l’assimili meglio, con una “lentezza” calcolata, quasi didattica.
Non fatevi spaventare dalla parola lentezza, perché il gioco ha comunque un ritmo molto veloce, ma il tutto è scandito in modo tale da far respirare meglio l’avventura.
Già solo la scelta di ridurre il cast dei personaggi ad uno solo spiazzerà i fan, abituati ad un catalogo di eroi super vasto, dal quale si estraeva gran parte del divertimento della formula.
L’intero gioco però ruota appunto a questo personaggio amnesico, a cui darete solo un nome, e che inizialmente potrà scegliere solo tra un’arma e un limitatissimo set di abilità.
La vera svolta è la quasi assenza di caricamenti, che ha tagliato fuori i singhiozzi che caratterizzavano certi momenti dell’esperienza originale.
Il gioco vi fa navigare su una mappa, una sorta di miniatura del mondo di Dynasty Warriors: Origins, proprio nello stile dei vecchi di ruolo giapponesi. Sulla plancia potrete imbattervi in venditori, risorse, maestri con cui scambiare chiacchiere e recuperare compiti collaterali, e ovviamente missioni principali e secondarie.
Una novità sono le piccole battaglie, che fanno le veci dei combattimenti casuali dei JRPG a turni, che qui però non sono casuali: basta entrare nell’area designata per scendere in battaglia e partecipare a combattimenti su piccola scala.
Al netto di tutto, la mappa offre poco da fare oltre a raccogliere risorse o partecipare a battaglie minori, che finiscono per essere ripetitive. Non manca qualche scontro secondario ben riuscito, specie quelli contro i boss, ma si poteva lavorare di più in tal senso.
Quel che rende piacevole il flusso è che il tutto avviene senza soluzione di continuità, o meglio, sebbene alle volte ci siano dei caricamenti, sono senz’altro brevi: si vede che il gioco cerca di tenervi il più tempo possibile impegnati buttandovi nella mischia, senza farvi annoiare dietro le schermate, al netto dei dialoghi che avvengono tra una lotta e l’altra.
Altro aspetto sul quale si è concentrata l’operazione di svecchiamento è il sistema di combattimento, che ha eliminato la macchinosità del passato. Le parate e i contrattacchi sono centrali e, se effettuati con il giusto tempismo, consentono di rompere la barra della fermezza del nemico, aprendo la strada a spettacolari attacchi speciali.
È un sistema ben studiato, soddisfacente, spinto da una telecamera finalmente fluida e da buone animazioni, che valorizza la precisione e il tempismo rispetto al button-mashing come mai prima d’ora.
L’impalcatura rimane la stessa, con attacchi leggeri, pesanti, abilità attive e attacchi speciali, ed una sola arma alla volta che è possibile portare con sé.
Delude, tuttavia, la gestione dei compagni: di rado potrete portarvi in campo uno degli eroi conosciuti nell’avventura, ma appunto non solo avviene sporadicamente, ma il gioco vi offre anche l’opportunità di controllarli solo sotto specifiche condizioni.
Una volta caricata la relativa barra, potrete cambiare personaggio e guidare il vostro compagno per brevissimo tempo, come se fosse appunto un potenziamento.
Utilizzare personaggi come Guan Yu è davvero uno spasso, anche perché la loro forza è travolgente, ma la partecipazione risulta ridotta all’osso.
Prima di passare oltre, vi segnaliamo che Dynasty Warriors: Origins è un’esperienza esclusivamente solitaria: è stato rimosso anche il multigiocatore a schermo condiviso, funzionalità amata della serie.
Contenuti
Battaglia dopo battaglia, Dynasty Warriors: Origins aggiunge nuovi elementi, dalle abilità, fino alle armi e alle meccaniche.
Noi abbiamo terminato la campagna in circa 30 ore, cercando di affrontare più missioni secondarie possibili, ma tenete a mente che esistono diversi finali in base alle scelte prese dal terzo capitolo in poi (dei cinque disponibili).
La progressione è senza dubbio brava nel saper fornire incentivi per continuare ed essere sempre interessati al gioco, ma col senno di poi ci si accorge che di vere e proprie novità non ce ne sono poi molte.
Ciò che è nuovo è il modo in cui vengono dipinte le battaglie, certamente più chiare nel raccontare cosa succede nel campo e cosa comporta un’azione o un’altra, e soprattutto il quantitativo di nemici finalmente fa respirare qualcosa in grado di sfruttare le tecnologie moderne.
Non è appunto una sola questione di numeri, perché i soldati sono pure animati meglio e addirittura una parte di loro, una volta sconfitti, rimane inerme sul campo.
L’aspetto meglio riuscito risiede nelle battaglie contro i grandi eserciti, dove sul campo è possibile vedere migliaia e migliaia di truppe sul campo: l’impatto è notevole, ci si sente davvero parte di uno scontro epico come mai prima d’ora per la serie.
È qui dove Dynasty Warriors: Origins brilla, perché bisogna imparare a posizionarsi bene, a gestire più generali alla volta, a compiere azioni nel più breve tempo possibile per far salire il morale degli alleati.
Tuttavia, la varietà nelle battaglie, col passare delle ore, non va a valorizzare la componente strategica che invece vorrebbe far credere di avere.
Più che altro la struttura è piuttosto schematica anche nell’elargire le missioni: c’è una sessione di dialogo bella densa e poi una missione principale in cui la strategia vincente da attuare è spesso quasi solo una. Un approccio un po’ più libero avrebbe spinto la formula verso altri orizzonti, che questo capitolo preferisce esplorare con i piedi di piombo.
Come detto, ad un certo punto vi sarà data l’occasione di scegliere una strada piuttosto che altre, alleandovi con una singola fazione, ma la struttura rimane incanalata ed inquadrata, e si arriva alla fine un po’ saturi, quando il gioco vorrebbe che esploraste anche le altre strade una volta conclusa una.
Bene o male dovrete ripulire le basi sempre e comunque, con una difficoltà, a livello intermedio (ce ne sono tre, con una extra sbloccabile alla fine), che il più delle volte si dimostra abbastanza ben dosata, decisamente più bilanciata rispetto alle ultime iterazioni della saga: saprà mettervi alla prova e ci saranno degli scontri duri e soddisfacenti.
Ammetto che ho riscontrato dei picchi di difficoltà esagerati per le motivazioni sbagliate, soprattutto quando bisogna difendere gli alleati da nemici troppo aggressivi: qui l’IA si dimostra scarna, ed è un vero peccato, perché avremmo voluto più controllo su di loro per evitare situazioni spiacevoli, come appunto una missione fallita per colpa del loro deplorevole comportamento.
A proposito: Omega Force in parte ha pensato anche a questo, inserendo multipli punti di controllo durante la battaglia, così potrete “riavvolgere” il tempo in caso di sconfitta e ripetere una sezione senza dover ricominciare per forza daccapo.
Gli scenari sono un’altra “croce e delizia”, per così dire: se in effetti sono migliorati dal punto di vista estetico rispetto al passato, rimangono comunque piuttosto spogli e poco stimolanti nell’esplorarli. La varietà anche qui non fa strappare i capelli, con molte missioni ambientate in ambientazioni piuttosto simili tra loro.
La crescita del protagonista invece è tangibile: ogni battaglia vi premia con punti competenza, da investire poi in un albero delle abilità ricco di opzioni.
Nuove tecniche, abilità passive e attive vi permettono di affinare il vostro stile di gioco, ma ci si aspettava una migliore varietà di possibili approcci.
I nemici lasciano cadere bottini deludenti, specialmente nella prima metà del gioco, e anche i talenti che caratterizzano le armi stesse si somigliano un po’ troppo nel funzionamento.
Gli archetipi però sono ben diversificati, dalle doppie picche (le mie preferite), alle lancie fino alla buona e vecchia spada, ogni arma bianca vanta punti di forza e punti di debolezza che bisogna imparare a conoscere per capire qual è la più indicata per il vostro stile di gioco.
Anche perché, nel caso non l’aveste capito, la scelta tra varie armi ha sostituito i tanti eroi della serie.
Per un gioco che punta tutto su un unico personaggio, al netto di tutto, ci si aspettava una personalizzazione più profonda, anche perché la parte legata agli accessori e le gemme è piuttosto superficiale e del tutto trascurabile.
Grafica e sonoro
Visivamente si sono fatti enormi passi in avanti rispetto ai capitoli precedenti, malgrado ci siano dei limiti ai quali bisogna sottostare.
Come dicevamo, gli scenari sono di sicuro molto migliori rispetto al passato: il merito è perlopiù dell’illuminazione degli esterni e della nuova direzione artistica, che dà atmosfera e camuffa una densità tutt’altro che eccezionale.
Anche sul fronte dell’espressività dei personaggi e dei particellari ci sono delle storture, degli strascichi di “vecchio”, così come negli interni, piuttosto deludenti e dall’interattività limitatissima: questo il gioco lo sa bene ed infatti gli interni che visiterete si contano sulle dita di una mano.
In parte è il prezzo da pagare per avere migliaia e migliaia di truppe a schermo discretamente dettagliate e pronte a fare da anti-stress per voi.
Tecnicamente, tra l’altro, il gioco funziona molto bene, almeno sul PC dove abbiamo effettuato il test, spinto da NVIDIA GeForce RTX 3070 e Intel Core i5-12600K.
A risoluzione 2K e dettagli al massimo, il gioco non ha mostrato alcun segno di incertezza anche con numerosi oggetti attivi a schermo. Interessante che il gioco sia ottimizzato anche per Steam Deck, tanto da avere proprio delle opzioni di qualità adatte alla console: lo abbiamo provato e si difende alla grande, altra dimostrazione di buon lavoro di ottimizzazione.
Lato audio, oltre al discreto doppiaggio in inglese, tutto il resto soddisfa e non poco, dagli ottimi effetti sonori, alle musiche, con alcuni rimaneggiamenti delle tracce storiche che irrompono nei momenti giusti.
Prezzo e disponibilità
Dynasty Warriors: Origins sarà disponibile a partire dal 17 gennaio 2025 su PC, PS5 e Xbox Series X al prezzo di circa 79,99€.
Su alcuni dei link inseriti in questa pagina SmartWorld ha un’affiliazione ed ottiene una percentuale dei ricavi, tale affiliazione non fa variare il prezzo del prodotto acquistato. Tutti i prodotti descritti potrebbero subire variazioni di prezzo e disponibilità nel corso del tempo, dunque vi consigliamo sempre di verificare questi parametri prima dell’acquisto.
Dynasty Warriors: Origins è un forte capitolo di cambiamento che la saga chiamava da tempo. La “quality of life” è stata la priorità assoluta, e adesso abbiamo una formula decostruita, e poi ripulita, ottimizzata e resa più bilanciata, capace di solleticare il palato anche di chi non ha mai provato un Musou. Ci sono però delle assenze che privano il gioco di alcune delle sue caratteristiche storiche, dalla cooperativa, alla riduzione del cast ad un solo eroe principale, sul quale si poteva lavorare un po’ di più su diversi fronti. Di sicuro non è il capitolo definitivo, ma la strada giusta è stata finalmente imboccata e questa è una base solidissima su cui costruire il futuro della serie. Sì, Dynasty Warriors è tornato.
Voto finale
Dynasty Warriors: Origins
Pro
Decostruzione e pulizia azzeccata di una formula storica
Sistema di combattimento più dinamico e coinvolgente
Le battaglie contro i grandi eserciti sono spettacolari
Ottima resa tecnica su PC e Steam Deck
Contro
Manca la possibilità di giocare in cooperativa, sia locale che online
Progressione del personaggio meno variegata del previsto
Il ridotto numero di personaggi giocabili si fa sentire
Varietà da migliorare, specie nelle attività secondarie
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