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Brain rot: cos’è il “marciume cerebrale” dovuto ai social

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L’Oxford Dictionary, il più noto e prestigioso dizionario di lingua inglese, ha scelto “brain rot” come parola dell’anno 2024, a scapito di altri termini come “dynamic pricing” (una strategia che consente alle aziende di modificare i prezzi di vendita di un prodotto o di un servizio in base alla richiesta) e “demure” (una parola desueta che è diventata virale lo scorso agosto su TikTok e Instagram per indicare una persona riservata, modesta, pudica e poco vistosa).

A parere della Oxford University Press, è “brain rot” a rappresentare meglio di tutte le altre parole l’anno che si è appena concluso: letteralmente significa “marciume cerebrale” e descrive il deterioramento mentale e intellettuale dovuto al consumo eccessivo di contenuti online considerati banali o poco stimolanti.

Che cos’è il brain rot

Il primo utilizzo di “brain rot” risale al 1854, quando il filosofo e scrittore statunitense Henry David Thoreau lamentò nel suo libro Walden – Vita nel bosco il declino intellettuale dell’epoca in Europa: “Mentre l’Inghilterra si sforza di curare il marciume delle patate, non si sforzerà forse di curare il marciume cerebrale, che prevale in modo molto più ampio e fatale?”.

Oggi quel declino sembra peggiorare a causa dei social, che espongono ossessivamente il nostro cervello a video privi di contenuti utili per la crescita intellettuale, logorando le nostre capacità cognitive.

«Si parla spesso di “binge watching”, che consiste nell’abbuffarsi di programmi tv o contenuti audio-visivi senza sosta», spiega il dottor Marco Bateni, responsabile della divisione di Psichiatria presso la Casa di Cura Villa Margherita – KOS di Arcugnano, Vicenza. «Questa pratica crea una mente scarsamente propensa a elaborare pensieri complessi con tendenza verso un’attenzione selettiva, compulsiva, priva di una reale elaborazione cognitiva che facilita una falsa sicurezza. Ciò crea la necessità di trovare risposte immediate ai propri bisogni emotivi e una dipendenza da emozioni, senza che queste vengano adeguatamente comprese».

Si modifica il cervello

Il termine “brain rot” si riferisce a modifiche nella struttura cerebrale, confermate da diversi studi scientifici.

«Parliamo di modifiche nelle zone dedicate alla memoria, alla concentrazione, all’attenzione e al sistema di appagamento», evidenzia il dottor Bateni. «Il rischio è quello di avere un modello cognitivo poco propenso a valutare ed elaborare idee complesse e più propenso a ricevere stimoli continui ed effimeri appagamenti emotivi».

Quando passiamo ore a navigare e scorrere enormi quantità di dati privi di significato, notizie negative e foto perfettamente ritoccate di amici e celebrità che ci fanno sentire inadeguati, ne ricaviamo solo un affaticamento mentale che può progressivamente portare a un calo di motivazione, concentrazione, produttività ed energia.

Quali sono i pericoli del brain rot

Il rischio maggiore riguarda soprattutto i giovani fragili e coloro che tendono a vivere in un costante stato di stress, con poca disponibilità di tempo per trovare adeguate forme di rilassamento o per coltivare relazioni.

«In questi soggetti si evidenziano per lo più stati di allerta, eccitazione e dipendenza con la tendenza a non sentire la stanchezza, a dormire poco, a non lasciare spazio al recupero di uno stato di rilassamento», riflette l’esperto. «Tutto questo può facilitare la comparsa di patologie nell’ambito psichiatrico, che possono trovare espressione prevalentemente nei disturbi dello spettro ansioso, come gli attacchi di panico, ma anche depressione e un bisogno esasperato di ostentare online un perfezionismo corporeo».

Per esempio, c’è uno studio cinese del 2023 – condotto su 1051 giovani adulti tra i 18 e i 27 anni – che ha mostrato come la dipendenza dai social media abbia un impatto fortemente negativo sulle capacità di funzionamento esecutivo come pianificazione, organizzazione, risoluzione dei problemi, processo decisionale e memoria di lavoro.

Come affrontare il problema

Per non cadere nella trappola del “tutto e subito”, è necessario saper limitare il tempo dedicato al mondo digitale. «Fondamentali sono la diversificazione degli hobby e degli interessi, le relazioni di confronto tra amici e con altre generazioni, la pratica di sport, la meditazione e la mindfulness», suggerisce il dottor Bateni.

In altre parole, oltre a limitare il tempo trascorso sui dispositivi elettronici, torniamo a coltivare interessi non digitali: andiamo in campeggio, ascoltiamo musica, suoniamo uno strumento, scriviamo un diario, facciamo volontariato, pratichiamo attività fisica, ritagliamo ogni giorno dei momenti per fare cose che ci rendono calmi e felici.

«Altrettanto importante è chiedere aiuto qualora ci si renda conto che quello che appariva inizialmente un banale divertimento si è trasformato in una limitazione dell’espressione dei propri bisogni», conclude l’esperto.

Non scordiamo mai che la mente è come un muscolo: cresce con lo sforzo. Per evitare di ridurla in una “poltiglia”, impariamo una lingua straniera o una nuova competenza tecnica, studiamo un concetto filosofico capace di ampliare la nostra visione del mondo, affiniamo il cervello con puzzle matematici o di parole, leggiamo di un periodo storico di cui non sappiamo nulla e, soprattutto, resistiamo alla tentazione di sbirciare nelle vite altrui.

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cervello,
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