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Recita un vecchio detto aeronautico: “Fai di tutto affinché il numero dei tuoi atterraggi sia uguale al numero dei tuoi decolli”. Lo sapeva anche Chesley “Sully” Sullenberger, pilota della US Airways. La mattina del 15 gennaio 2009, ai comandi di un A320, decollò dall’aeroporto La Guardia di New York. Dopo un paio di minuti l’areo si scontrò con uno stormo di oche canadesi (un “bird strike”). Si spensero entrambi i motori.
C’era pochissimo tempo per decidere cosa fare. Tentare di raggiungere l’aeroporto più vicino? Sully e il copilota Jeffrey Skiles decisero di no. Quattro minuti più tardi l’aereo ammarò sull’Hudson, davanti a Manhattan. Si salvarono tutte le 155 persone a bordo. La successiva inchiesta stabilì che l’atterraggio d’emergenza sul fiume era stato la scelta più sensata, tenuto conto di “considerazioni reali, come il tempo necessario per riconoscere l’impatto con gli uccelli e decidere una linea d’azione”. Da questa storia Clint Eastwood ha tratto il film Sully, con Tom Hanks.