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Sono bastate poche ore dalla notizia dell’incarico perché si scatenasse la bufera: «Scelta scellerata», «decisione preoccupante», «opzione inopportuna». E poi «sconcerto», «stupore», «rabbia». Giornalista, opinionista, blogger e soprattutto RadFem, ovvero femminista radicale gender critical, Marina Terragni è stata nominata giovedì dai presidenti di Camera e Senato, Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa, garante per l’infanzia e l’adolescenza.
Apriti cielo. Perché Terragni, negli ultimi anni, si è detta contraria al ddl Zan contro l’omotransfobia, alla maternità surrogata, all’omogenitorialità, alla scelta libera dell’identità di genere; ha scritto senza mezzi termini che i «bambini trans non esistono», si è schierata contro la partecipazione olimpica della pugile Imane Khelif.
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E allora «come può Terragni, femminista radicale transescludente, garantire il rispetto, la promozione e la tutela dei diritti dei bambini e dei giovani?», chiede con «disappunto e preoccupazione» l’associazione Educare alle differenze, che porta avanti in tutta Italia corsi di sessuo-affettività nelle scuole.
E Genderlens, l’associazione di genitori di bambini gender creative e trans, aggiunge: «È una nomina in sintonia con le posizioni neocattoliche delle associazioni pro-life che sostengono il governo. Siamo pieni di rabbia — si sfogano queste mamme e questi papà — per le irresponsabili politiche di questa maggioranza che avranno conseguenze pericolose e gravissime sulle vite di bambini e adolescenti trans e delle loro famiglie».
Così pure la Rete dei genitori rainbow: «L’ennesimo segnale di una politica discriminatoria verso la comunità Lgbtq+. Siamo sempre più lontani dal dialogo». O il circolo di cultura omosessuale Mario Mieli: “Un segnale allarmante che sembra segnare una direzione ideologica ben precisa, che esclude invece di includere”.
Terragni non vorrebbe replicare, «li lascio parlare», risponde al telefono. Su Facebook scrive di «character assassination», «insulti gratuiti e querelabili», parole «spregevoli». A chi le dice “giù le mani dai bambini”, replica «io ho sempre allargato le braccia ai bambini». Ce l’ha soprattutto con Roberta Parigiani del Movimento identità trans, che denuncia: «Le uniche volte in cui Terragni ha preso posizione sui temi dell’infanzia è per sgretolarne i diritti, minare quelli dei figli di coppie gay, di coloro che ricorrono alla Gpa, dei transgender».
Nel merito Terragni non entra, ma a questo reagisce: «Sono mamma, sono zia, i bambini li ho nel cuore — dice — È una frase apodittica, violenta, mistificatoria, siamo al limite della querela, anzi: nell’ambito dello schifo».
Non sono però quelli gli unici mal di pancia. Nel Gruppo di lavoro per la convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza c’è chi chiede «ma chi è?», «che ha fatto nella vita?». Carla Garlatti, che l’ha preceduta, è stata presidente del tribunale per i minorenni di Trieste. E prima ancora, Filomena Albano era magistrata e commissaria per le adozioni internazionali. «Ci sono sensibilità diverse che si possono applicare a questi temi — si difende le neo garante —. Sensibilità giuridiche e altre possibili, come la mia».
Parigiani parla invece di «amichettismo meloniano favorito al posto delle competenze». Perché Terragni è vicina alla ministra per la Famiglia Eugenia Roccella che nel 2024 l’ha voluta presidente del Gender equality advisory council del G7 per il suo attivismo di lungo corso «sulle tematiche del femminismo e delle pari opportunità». Per Laura Boldrini, deputata Pd, «non ha però una preparazione giuridica sull’infanzia. Viene da pensare che abbia pagato l’aderenza a un’ideologia transfobica della maggioranza».
Anche i partiti si agitano, in questa storia: «Quel che mi preoccupa è che si riducano i problemi dei bambini e degli adolescenti alla battaglia contro la fantomatica ideologia gender. È una nomina molto politica», commenta Cecilia D’Elia, senatrice Pd. «Una nomina improvvisa», racconta la nuova garante. Per Garlatti ci vollero mesi, stavolta si è andati a razzo. «Lunedì sarò a Roma, spero di fare bene». Le priorità? «La salute mentale. Ho letto con orrore La generazione ansiosa di Jonathan Haidt: un grido d’allarme significativo. C’è un lavoro sterminato da fare». Avrà 4 anni. Non è iniziata bene.