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Tutela del lavoro, reati contro le donne, dramma delle carceri sovraffollate. Ma la prima presidente di Cassazione, Margherita Cassano, nell’aprire l’anno giudiziario al Palazzaccio, che cade nel cuore del conflitto esploso dopo gli attacchi della politica alla magistratura, mettendo l’accento sugli “sforzi generosi compiuti da uffici di merito, di Cassazione” per smaltire gli arretrati, raggiungere gli obiettivi Pnrr, non esita a sottolineare: “Serve rispetto reciproca tra istituzioni”.
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La magistratura è impegnata a realizzare “i più alti valori espressi dalla Costituzione”, uno “sforzo che necessita di essere accompagnato da un contesto improntato al rispetto reciproco fra le varie istituzioni dello Stato”.
Così Cassano spiega che serve “un vero e proprio patto per lo Stato di diritto in grado di alimentare la fiducia dei cittadini nei confronti di tutti gli organi cui la Carta fondamentale assegna l’esercizio di funzioni sovrane”.
I dati sulla giustizia, prosegue la presidente, “restituiscono un’immagine della magistratura diversa da quella oggetto di abituale rappresentazione e posta a base di progetti riformatori. Una magistratura che, conscia delle sue responsabilità, cerca di assolvere al meglio i propri doveri con spirito di collaborazione, tensione ideale, impegno professionale, senso del limite e della misura, ascolto attento delle ragioni altrui nella convinzione che un confronto costruttivo costituisce un prezioso stimolo a migliorare”.
Reati contro le donne
Sono in “progressivo” e “costante” aumento i reati spia, dice la presidente Cassano, tra cui violenza sessuale, maltrattamenti in famiglia, stalking, “dei quali i femminicidi costituiscono spesso il tragico epilogo, nonché gli altri reati ricompresi nel codice rosso. Ed ecco i dati: violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa + 18%; diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti + 1%; costrizione o induzione al matrimonio + 21%; deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti + 3%.
“Nell’anno 2024 – aggiunge – su un totale di 314 omicidi volontari (in calo dell’8% rispetto ai 340 dell’anno precedente e ai 328 del 2022), quelli maturati in ambito familiare o affettivo ammontano a 151 e in 96 casi hanno come vittima una donna.
“Ancora difficile denunciare stalker”
E ancora si fa fatica a denunciare l’aggressore. Le rilevazioni dell’Istat, spiega la presidente della Cassazione, restituiscono un quadro composito in cui all’incremento delle chiamate al numero di aiuto nazionale antiviolenza e stalking (+37,3 % rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente) non corrisponde un aumento percentuale delle denunce o delle querele che anzi, nel 73% dei casi, non risultano presentate per varie cause, tra le quali assume preminente rilievo il timore delle reazioni dell’autore degli atti violenti (37,5%).
“I dati continuano ad essere allarmanti, in quanto espressione di una perdurante, angusta concezione della donna quale oggetto di possesso e dominio da parte dell’uomo e di una visione dei rapporti sentimentali basata su logiche di prevaricazione sessuale, favorite anche dai social media che producono e o riproducono stereotipi di genere, nuove forme di violenza di genere on line (cyber-violenza) e amplificano il linguaggio violento. Non è – conclude Cassano – purtroppo ancora giunto il tempo in cui, mutuando le parole della poetessa Alda Merini, la libertà di una donna possa misurarsi dall’intensità dei suoi sogni”.
“Sovraffollamento e degrado nelle carceri, la dignità non sia mortificata”
Numeri allarmanti anche quelli sulle carceri che la presidente Cassano ricorda: a fronte di una capienza regolamentare di 51.312 posti, al 30 dicembre 2024, risultavano presenti 61.861 detenuti (di cui 2.698 donne e 19.694 stranieri) rispetto ai 56.196 del 2022. Di essi 46.232 sono condannati definitivi, 9.475 in attesa del primo giudizio e 5.839 condannati non definitivi. “Si tratta di una crescita preoccupante se si considera che non si è molto lontani dal numero di 66.000 persone ristrette in carcere che connotava la situazione carceraria all’epoca della sentenza della Cedu del 2013 che ha condannato il nostro Paese per la violazione dell’art. 3 Cedu, divieto di trattamenti disumani e degradanti”. Quindi “il sovraffollamento, insieme con il degrado materiale in cui versano taluni istituti penitenziari, provoca ricadute sulla salute fisica e psicologica dei detenuti. In uno Stato democratico – sottolinea – il carcere non può essere un luogo di mortificazione della dignità umana”.