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“Non siamo in una quinta ondata, ma il virus è ancora tra noi e ha rialzato la testa. Pasqua sarà il banco di prova, ma entro fine maggio ne saremo fuori”. La previsione, con i margini di errore che l’arrivo di nuove varianti potrebbe provocare (“ma non voglio fare il menagramo”, dice) è del virologo Fabrizio Pregliasco, docente dell’Università Statale di Milano e direttore sanitario dell’Irccs Galeazzi.
Professore, da un mese in qua i contagi sono più che raddoppiati: erano 46.631 il primo marzo, ora sfiorano i centomila. Cosa sta succedendo?
“Accade qualcosa di relativamente atteso: abbiamo una presenza importante della variante Omicron 2 che è molto più contagiosa anche del morbillo e della varicella e ha una grande capacità di colpire i giovani e i bambini e a questo proposito va ricordato che nella fascia di età tra i 5 e gli 11 anni abbiamo solo il 34% di vaccinati con due dosi. Inoltre hanno contribuito gli sbalzi termici di questo periodo che ci espongono ai virus. Lo dimostra anche una ripresa del virus influenza che si spartisce quasi equamente con i coronavirus la percentuale di ammalati. A completare il quadro si è aggiunto senza dubbio un abbassamento comprensibile del livello di attenzione: siamo tutti stanchi e un po’ stufi. Ed è giusto che si sia passati da una fase emergenziale a una fase più endemica perché con il virus dovremo convivere”.
Ci troviamo davanti all’inizio di una nuova ondata o la curva inizierà a scendere?
“A mio avviso non si tratta di una quinta ondata ma di un rialzo dei casi legato a questa fase. Credo che ne vedremo la fine entro il 31 maggio. Anche perché, è vero che i guariti non scampano a vita il pericolo di una reinfezione, ma tra vaccinazioni, che vanno portate avanti per proteggere chi ancora è scoperto, e nuovi contagiati si riduce per il momento via via la platea dei soggetti suscettibili di ammalarsi”.
Insomma non ci sarà una tregua di Pasqua?
“Pasqua sarà il banco di prova. Perché ci si sposta, ci si muove in giro per l’Italia e fuori. Si creano maggiori occasioni di incontro. Penso ci sarà ancora una crescita dei casi in quel periodo che poi andrà a scemare”.
Come in passato, ci sarà poi un “pausa estiva” del coronavirus?
“Sì, avremo un periodo con meno casi, prima di una ripresa autunnale. La variabile da considerare, ma non vorrei fare il menagramo, è l’arrivo di una ulteriore variante ma volendo essere ottimisti potrebbe essere estremamente trasmissibile ma più benevola. Anche ora siamo davanti a forme meno impegnative della malattia, ma dobbiamo ricordare che il minore affollamento degli ospedali dipende soprattutto dalle vaccinazioni”.
Anche i ricoveri però da qualche giorno hanno ripreso a salire. Ci dobbiamo preoccupare?”
“È un fenomeno che purtroppo ormai conosciamo, conseguente all’aumento dei casi. Il numero dei contagi peggiora e migliora per primo, le ospedalizzazioni peggiorano e migliorano in ritardo. Il virus però non si è rabbonito o raffreddorizzato, per i fragili è ancora presente”.
Ci vorrà una quarta dose del vaccino anti-Covid? Negli Stati Uniti l’Fda ha appena dato l’ok per gli over 50.
“È un destino: il virus resterà endemico con un andamento ciclico. E resterà dunque la necessità di proteggere i fragili, sia nei contatti che nella protezione vaccinale. Ma io non parlerei di quarta dose, quanto di richiami annuali. E mi auguro che stavolta l’Europa, come ha detto anche il ministro Roberto Speranza, non faccia di nuovo una sciocchezza: serve un approccio comune sui vaccini altrimenti rischiamo di ripetere il disastro di Astrazeneca quando fu dato il via libera per tutti, poi solo ai giovani, poi agli anziani e ogni Paese andò per conto suo. All’epoca si era in una situazione spiazzante e sconosciuta, ora abbiamo il tempo di ragionare. Anche sui tempi”.
In che senso?
“Un conto è l’autorizzazione, che credo arriverà anche in Europa, un altro è la strategia vaccinale. Il via libera non significa per forza vaccino subito. Bisogna organizzare una campagna mirata per fasce di popolazione e gestirla per ottenere il massimo rendimento contro il coronavirus: non ha senso anticipare troppo l’intervallo temporale tra una dose e l’altra”.
Con l’aumento dei contagi l’Italia fa bene ad eliminare quasi tutte le restrizioni?
“Non si può andare avanti in emergenza, di obbligo in obbligo, si deve passare a una fase di convivenza con il virus che si però, come mi pare accada ora, graduale. Quando facciamo la doccia non apriamo l’acqua calda al massimo tutta insieme, ma al regoliamo un po’: lo stesso è con il virus”.
C’è una misura secodo lei intoccabile? Le mascherine al chiuso?
“È una misura che secondo me va accettata con buon senso, anche nell’ottica di gradualità a cui accennavo”.
Con l’abolizione delle quarantene da contatto non rischiamo di far correre troppo il virus ora che i casi sono in aumento?
“Io credo che possiamo permettercelo, che ci siano le condizioni per provarci. Spero che la maggioranza degli italiani mantenga un comportamento intermedio tra l’era pre-pandemia e quella da pandemia, tra l’assoluta mancanza di valutazione del rischio del passato quando ad esempio andavamo al lavoro anche con la febbre, starnutendo accanto al nostro collega, e le attuali precauzioni”.