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ROMA – Per essere cittadini italiani a tutti gli effetti, occorre conoscere le sagre, almeno le principali. Basta forse essere andati almeno una volta alla sagra del pesce di Camogli, a quella del carciofo di Ladispoli o della piadina di Bellaria. Bisogna inoltre padroneggiare, in un test attitudinale per la cittadinanza, gli usi e costumi degli italiani dagli antichi romani a oggi. Cesare, Nerone, i Gracchi ma anche Matteo Salvini e Giorgia Meloni, passando certo per Garibaldi. E poi gli 850 mila ragazzi figli di immigrati, ma nati o cresciuti in Italia – a cui lo “ius scholae” consentirebbe di diventare finalmente cittadini italiani – devono essere ferrati sulle festività delle diverse regioni. Si immagina da Santa Rosalia a San Gennaro e Sant’Ambrogio. Ovviamente devono avere una conoscenza delle principali feste del calendario, rispondere a domande sul presepe, essere in grado di fare un riassunto di un brano di musica italiano, padroneggiare gli usi e costumi eno-gastronomici degli italiani buongustai, e in ultimo ma non meno importante, non perdersi nel labirinto delle tradizioni popolari dalla Valle d’Aosta alla Sicilia.
Sono le prove da superare secondo la Lega per ottenere lo “ius scholae”, che Matteo Salvini, così come Giorgia Meloni, non vogliono affatto, tanto da avere presentato 651 emendamenti (484 della Lega e 167 di Fratelli d’Italia) sotto i cui colpi smantellare l’ennesimo tentativo, atteso da decenni, di dare la cittadinanza ai ragazzi figli di immigrati, italiani di fatto ma non di diritto. Tanto per rendere il percorso della legge ancora più accidentato, tra le richieste leghiste c’è anche quella del merito: solo se si è conseguito il diploma con il massimo dei voti, oppure con una media del nove o ancora con 90/100, è possibile presentare domanda per la cittadinanza italiana. Acrobazie ostruzionistiche. Neppure Salvini, che alla maturità si è diplomato con un dignitoso 48/60, rientrerebbe nella platea, per paradosso, se non fosse che è italiano per “ius sanguinis”.
Ius Scholae, ostruzionismo del centrodestra: “Una legge che non serve a niente”
di
Giovanna Casadio
La legge sullo “ius scholae”, erede minimalista dello “ius soli”, è stata scritta dal presidente grillino della commissione Affari costituzionali della Camera, Giuseppe Brescia, tentando di togliere dalle secche dei veti contrapposti una norma che, semplicemente, ampia diritti e ammoderna il Paese. Il Pd con il segretario Enrico Letta ne ha fatto una priorità. La proposta prevede che i bambini figli di immigrati nati o giunti in Italia entro i 12 anni, dopo avere compiuto 5 anni di scuola, possano ottenere la cittadinanza. Domani in commissione gli emendamenti saranno passati al setaccio, cioè ne sarà valutata l’ammissibilità.
Ed è appunto difficile la vita per gli ostruzionisti, soprattutto se gli articoli della legge da picconare sono solo due. Ecco quindi attingere agli strumenti più fantasiosi. Così la Lega immagina che il ragazzo in procinto di diventare cittadino italiano debba essere edotto in tradizioni del Trentino Alto Adige (emendamento 1.192, prima firmataria la deputata leghista trentina Vanessa Cattoi). Superare una prova scritta in lingua italiana sulle tradizioni della Basilicata (1.193), sulle tradizioni marchigiane (1.194 sottoscritto dal maceratese Tullio Patassini), sulle tradizioni valdostane (1.195 qui firma il lombardo Cristian Invernizzi), sulle tradizioni piemontesi (1.196 di Gualtiero Caffaratto da Pinerolo), su quelle abruzzesi (1.197 primo firmatario il leghista abruzzese Giuseppe Bellachioma), sulle tradizioni calabresi (1.198 di Domenico Furgiuele da Lamezia Terme), su quelle romagnole (1.199 di Iacopo Morrone da Forlì) e così via per tutte le regioni italiane, presentati dal parlamentare territoriale.
La battaglia per i diritti non è nelle corde della destra. La Lega aveva fatto ostruzionismo anche contro l’istituzione della Commissione nazionale per i Diritti umani. Organismo previsto dalla risoluzione dell’Onu del 1993, su cui l’Italia ha ribadito giovedì scorso in commissione Affari costituzionali il suo impegno con il sottosegretario Benedetto Della Vedova. Anche su questo, nei mesi scorsi i leghisti hanno depositato 784 emendamenti.