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Csm, le toghe di Area contro Ferri: “Non può stare al tavolo delle trattative sulla riforma”

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ROMA – Un “plateale conflitto di interessi”, nell’indifferenza della politica. Lo dice Area, la corrente di sinistra delle toghe. E il segretario, e pm a Roma, Eugenio Albamonte parla con Repubblica “di una situazione assurda che dimostra come la politica abbia rimosso i fatti dell’hotel Champagne che la vedevano protagonista”. Sotto accusa c’è Cosimo Maria Ferri, toga di Magistratura indipendente (Mi), dal 2013 “prestata” alla politica, sottosegretario alla Giustizia di ben tre governi (Letta, Renzi, Gentiloni), presente alla cena dell’hotel Champagne con Luca Palamara e Luca Lotti in cui nel maggio 2019 si decideva chi dovesse essere il procuratore di Roma sponsorizzando il Pg di Firenze Marcello Viola, anche lui di Mi. Che ha sempre detto di non essere al corrente, né di aver sollecitato quella sponsorizzazione, e mercoledì prossimo potrebbe essere scelto come nuovo procuratore di Milano dopo aver perso la battaglia per Roma. 

Parliamo dunque dello stesso Ferri, sotto processo disciplinare al Csm per quei fatti, e che adesso siede al tavolo delle trattativa sulla riforma del Csm. Dice Albamonte: “È evidente che siamo di fronte a una contraddizione e a un sostanziale conflitto interessi. La politica sta rimuovendo un problema che la riguarda strettamente. In un momento di riforme in cui si ritiene necessario un recupero etico per la magistratura, bisogna farlo anche per la politica, soprattutto se la politica, come in questo caso, era protagonista proprio di quei fatti”. E invece, aggiunge Albamonte, “Ferri si pronuncia sulla legge elettorale che ipoteca non solo il futuro Csm, ma anche la futura sezione disciplinare che deciderà la sorte del suo processo. Che non si potrà concludere con l’attuale Consiglio, visto che la Corte costituzionale si esprimerà sul conflitto di attribuzione per le intercettazioni solo il 14 settembre”. Questione ovviamente sollevata dallo stesso Ferri, su cui la Camera ha deciso a suo favore sostenendo che le intercettazioni della procura di Perugia non possono essere utilizzate visto che lui è un parlamentare. Il Csm la pensa all’opposto e si è rivolto alla Consulta.

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Un conflitto evidente dunque. Ma che la politica sembra non “vedere” o non vuole vedere. Tant’è che Italia viva manda alle riunioni conCartabiaproprio Ferri, e non la capogruppo in commissione GiustiziaLucia Annibali. Nessuno dei partecipanti al tavolo della maggioranza si alza per riservare l’anomala presenza. E parliamo di partiti tutti estremamente critici sui rapporti tra le toghe e la politica, con punte di durezza estrema come quelle della Lega, di Forza Italia, di Azione, al punto da mettere il definitivo stop alla possibilità del rientro in toga per chi si scende in politica. 

A una settimana dalla prima uscita di Ferri contro Cartabia proprio sul sorteggio, che lui sponsorizza come unica legge possibile  – “Se lei non è d’accordo ministra, noi ce ne faremo una ragione” le ha detto – ecco il documento di Area e le dichiarazioni di Albamonte. Che dice così: “Siamo di fronte a una situazione davvero assurda, e mi chiedo come sia possibile che sia passata inosservata finché la stampa non l’ha svelata nei retroscena. Stiamo parlando di una riforma delicata per le sorti della magistratura e del Csm. La maggioranza tarda ad assumere una posizione sui temi centrali e alcune forze politiche cercano un’occasione di rivalsa sui giudici, tentando di ridimensionare il ruolo complessivo del Csm”.

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Se questa è la realtà di una trattativa difficile, e che sta andando avanti ormai da un anno, con la presenza di Ferri si materializza proprio uno dei protagonisti di quei fatti per cui il presidente della Repubblica Sergio Mattarella da due anni chiede una riforma per rinnovare profondamente la magistratura stessa. Può Ferri, protagonista di quei fatti, svolgere anche il ruolo di innovatore? Risponde Albamonte: “Proprio la partecipazione di uno dei protagonisti di un momento buio nella vita del Csm, che al Consiglio ha già portato a sei punizioni disciplinari (Luca Palamara rimosso dalla magistratura, e cinque componenti dell’attuale Csm, ndr.), rischia di consegnare all’assoluto insuccesso questo passaggio delicato delle riforme”. 

Il documento di Area non fa sconti alla politica e parla di “forte preoccupazione per il plateale conflitto di interessi e ancor più per il fatto che l’ambiente politico non ne abbia tratto le doverose conseguenze. Non solo da parte del partito in cui milita Ferri, ma anche degli altri partiti di maggioranza che siedono al tavolo senza rilevare la grave inopportunità”. Area si dice “assolutamente convinta che una netta separazione dalla politica e dai partiti sia indispensabile per consentire alla magistratura di recuperare credibilità e non ricadere in prassi esecrabili”. Ma stavolta, aggiunge, “vi è ben di più di un’impropria sovrapposizione di ruolo nella stessa persona”. Perché “in questo caso si tratta di evitare che lo statuto e la composizione del Consiglio che dovrà giudicare l’onorevole Ferri siano decise con il contributo di chi ne verrà giudicato”. 

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