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ROMA – “Bisogna porre fine a un’aggressione militare davvero inaccettabile”. Ci ha messo 38 giorni, Silvio Berlusconi, per censurare pubblicamente l’invasione russa dell’Ucraina. Finora l’ex premier aveva mantenuto il silenzio, limitandosi a votare – con altri 616 colleghi – la risoluzione di condanna della guerra approvata dal Parlamento europeo. Era il primo marzo. La svolta, adesso, arriva nel corso del collegamento con l’assemblea che battezza la nuova formazione politica di Gianfranco Rotondi, “Popolare è verde”. Berlusconi indica alla platea moderata e ambientalista il campo di gioco in Italia (“La nostra casa è il centrodestra”) e la collocazione internazionale: “Di fronte alla crisi ucraina abbiamo un duplice dovere: lavorare per la pace e fare la nostra parte con la Nato, l’Occidente e l’Europa”. Un’esternazione non casuale, che giunge dopo quello che Antonio Tajani definisce “lavoro diplomatico sottotraccia” da parte del presidente di Forza Italia. Sì, Berlusconi ci ha provato a far valere i suoi buoni rapporti con Vladimir Putin, quell’amicizia consolidata in decine di incontri istituzionali e soggiorni di piacere a Villa Certosa o nella Dacia del presidente russo sul Mar Nero. Sono due le telefonate fatte da Berlusconi al capo del Cremlino.
La prima nei giorni immediatamente precedenti all’attacco di Mosca. Il leader di Fi, pur manifestando al suo interlocutore i timori per l’inasprirsi della crisi, non ha dissuaso Putin dal concedere il via all’azione militare. La seconda telefonata è più recente, risale a una decina di giorni fa, nel pieno dell’escalation bellica. Ma in questo caso il presidente della Federazione russa non ha risposto. Il filo rosso con Putin sembra spezzato e Berlusconi adesso non esita a far sentire la sua voce contro la “inaccettabile” aggressione militare all’Ucraina. Pur riservando l’ultimo gesto di riguardo verso il vecchio amico di Mosca, che infatti – se ne sono accorti in tanti – il Cavaliere non cita mai esplicitamente. Rimane, per Berlusconi, il tentativo di restare centrale nello scacchiere internazionale: da Arcore ha sentito Macron, ad esempio. Tajani, altro passaggio non casuale di questa vicenda, da tempo indica l’ex primo ministro (o Angela Merkel) come possibili negoziatori del cessate il fuoco, sotto l’egida dell’Onu: “Serve un personaggio di forte impronta europeista e atlantista ma di cui Putin può fidarsi”.
È la diplomazia parallela di Villa San Martino: Berlusconi, molto preoccupato per l’evolversi della crisi, non rinuncia a dare un contributo avvalendosi delle relazioni intessute soprattutto negli anni del governo. Intanto tiene la sua Forza Italia su una linea di piena adesione al governo Draghi e all’Ue. Diversa da quella di Salvini, che si è sempre detto scettico sull’invio di armi in Ucraina, e anche di Giorgia Meloni, che ha sposato l’atlantismo ma non è tenera nei confronti dell’Europa (“Non esiste”), di Biden e Di Maio, entrambi definiti “inadeguati”. Il centrodestra, anche in politica estera, è uno e trino.